Un master dei mestieri all’università e il ripristino della lezione di applicazioni tecniche nelle scuole medie, è questa la proposta del coordinamento di Donne Impresa Coldiretti Veneto che oggi a Mestre ha presentato l’officina itinerante delle arti povere, un’idea per coinvolgere tutti gli istituti scolastici nell’obiettivo di salvare un patrimonio professionale e culturale in via di estinzione ovvero la capacità di saper fare con le mani.
Se come dicono le statistiche, dice l’associazione, “tra dieci anni ci saranno solo 3mila casari ovvero gli occupati attuali del settore di età compresa tra i 15 e i 24 anni in quanto quelli over 65 anni sono 17mila, sono a rischio i formaggi della nostra storia, cosi come i salumi e gli insaccati visto che il lavoro del norcino è praticato ormai dagli anziani. Stessa sorte potrebbe essere riservata anche a sarte, ricamatrici, impagliatori, falegnami, potatori”.
L’elenco dei lavori perduti che hanno fatto la ricchezza del nord est è lungo, tanto da aver convinto le imprenditrici agricole di Coldiretti a lanciare un appello per il ritorno a queste professioni, almeno come ore di studio affinché siano tramandate con rinnovato interesse ai giovani. Questa presa di coscienza viene proprio dalla parte femminile dell’agricoltura, cioè quel 30 percento del totale regionale che conta 120 mila imprese e che, a tutti gli effetti, rappresentano le realtà più informatizzate, d’avanguardia, allineate coi sistemi moderni di comunicazione per seguire amministrazione o per collegarsi direttamente con un clic al mercato globale.
Forti del progetto di Educazione alla Campagna Amica che ogni anno fa aderire circa 10 mila studenti impegnati attivamente in laboratori di cucina, orti sociali, campi verdi, vacanze green, visite in fattorie didattiche, le donne di Coldiretti invitano docenti e presidi a valutare l’ipotesi di introdurre nell’orario scolastico lo spazio per sviluppare attitudini e abilità manuali.
“Non si tratta di un attacco nostalgico – spiega la neo eletta Franca Castellani – ma di una semplice riflessione che parte dal granaio di saperi della campagna, la stessa che ha dimostrato, anche con i numeri, di poter battere la crisi praticando un’economia solidale secondo la tradizione reinterpretata in chiave nuova. Attori di questo ritrovato sviluppo sono proprio i giovani che scelgono di fare i pescatori, i pastori, vivaisti, allevatori, orticoltori”. (LF)
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