Per un immigrato è potenzialmente più facile integrarsi in Emilia Romagna, piuttosto che in Abruzzo o Puglia. Ed è più probabile ottenere le stesse opportunità socio-occupazionali di un italiano in Sicilia, piuttosto che nelle Marche. Nel 2008 gli immigrati che hanno avuto un miglior inserimento lavorativo sono stati gli indiani, seguiti da romeni, moldavi, albanesi e ucraini; i più virtuosi, in quanto meno denunciati per reati penali, i moldavi, i romeni, gli albanesi e i cinesi. È questa la fotografia dell’integrazione in Italia fatta dal Cnel, che nel VII Rapporto sugli “Indici di integrazione degli immigrati in Italia”, presentato oggi a Roma, analizza il grado di inserimento socio-occupazionale degli stranieri nel 2008.
Cade inoltre il pregiudizio secondo cui con l’aumentare degli immigrati aumenta la criminalità: dal 2005 al 2008 l’immigrazione è aumentata del 45,7% mentre le denunce a carico di stranieri solo del 19,9%. Perché, come ha affermato il presidente del Cnel, Antonio Marzano, “l’unica politica dell’immigrazione per i 5 milioni di stranieri in Italia è l’integrazione”.
Sintetizzando gli indicatori sociali, al primo posto della classifica delle regioni con il più alto potenziale di integrazione c’è l’Emilia Romagna (60,82 punti in una scala da 1 a 100), seguita da Friuli Venezia Giulia (59,29), Lombardia e Lazio (57), Veneto (55,04), Trentino Alto Adige (54,48) e Toscana (50,42). Fanalini di coda, Abruzzo (38,24 punti), Puglia (37,36) e Sardegna (32,65). Tra le province, il primato spetta a Parma (60,58); secondo e terzo posto per Reggio Emilia e Vicenza. (LF)