Dopo la sentenza referendaria che “graziava” il Cnel, qualcuno si era divertito a scrivere di scatenate feste (i dipendenti hanno fatto il trenino, chiosava la rete) per lo scampato pericolo. La realtà è un altra e non ha niente di festoso. Nei saloni di Villa Lubin volano gli stracci. Almeno questo raccontano le cronache giornalistiche di questi giorni (Palma d’oro a il Foglio con il titolo “El Cnel Guevara).
Lettere di sfiducia del Presidente al Segretario Generale, mail di fuoco di uno verso l’altro, chiamata in causa dei vertici istituzionali della Repubblica, costituzione di “parte civile” degli attuali Consiglieri (ne sono rimasti una ventina su 64) nei confronti dei Consiglieri “indagati” dalla Corte dei Conti, un piano di autoriforma di cui non si conosco i contorni – nel quale, però, molti sospettano ci sia la richiesta del ripristino delle indennità e delle diarie -, insomma tutto il contrario di quello di cui il sopravvissuto Cnel ha bisogno.
Se il Cnel deve continuare a vivere, così come hanno solennemente e democraticamente sancito milioni d’italiani, allora ha bisogno di una nuova mission, di nuove risorse, di una profonda riorganizzazione. Continuare nel maquillage non serve, anzi fa aumentare il numero di quelli che vedono nel Consiglio la rappresentazione plastica degli enti inutili e degli sprechi di Stato.
Qui vale la pena di ricordare che in Parlamento è depositata una nuova proposta di riforma costituzionale che riguarda la sola abrogazione dell’articolo 99, quello da cui discende il Cnel. La cosa deve far riflettere. I presentatori della proposta, infatti, sono certi che pur nel rispetto costituzionale dei tempi e delle “letture” tra i due rami del Parlamento, possono contare su un numero qualificato di Deputati che voterebbe sicuramente la soppressione, rendendo così inutile il referendum confermativo.
Adesso è il momento giusto perché “esperti e rappresentanti delle categorie produttive” – così recita testualmente l’artico 99 della Costituzione – scendano (o salgano o entrino), in campo e dicano cosa intendono fare. Andrebbe bene anche un: no grazie!. Però qualcosa la devono dire. Vero è che magari le diplomazie telefoniche sono già all’opera, ma sarebbe peggio. Peggio perché intorno al Cnel o si suscita un interesse vero e condiviso dalla collettività, oppure meglio istituire un micro Cnel, con un numero esiguo di Consiglieri nominati dalle categorie produttive – magari tre in rappresentanza di sindacati, datori di lavoro e associazionismo di vario tipo – che semestralmente si riuniscano e producano un “paper” sulla situazione economica e sociale del Paese. Ovviamente con qualche saggia raccomandazione al Legislatore.