Carlo Borio
Cambiata la maggioranza di Governo, si prepara la lista dei ministri e si fanno i piani per i primi cento giorni del nuovo esecutivo guidato dal Silvio Berlusconi. Senza particolare ansia aspettiamo di vedere quale sarà lo scarto tra il dire delle promesse elettorali e il fare delle scelte concrete. Certamente, tra i problemi che nessun Governo può eludere c’è quello del rapporto con le forze sociali, in primis le organizzazioni sindacali.
Una delle questioni chiave del dibattito, che da tempo caratterizza l’azione della Cisl, è la politica di concertazione. La concertazione si è dimostrata capace di affrontare problemi complessi, offrendo risposte concrete alle necessità del mondo del lavoro, delle imprese e della società. E’ una politica che esalta il primato del ‘bene comune’, dell’identità, dell’appartenenza ad un Paese, alla sua storia, al suo futuro, ed è una ricchezza per molti Paesi europei. Ecco perché è forte la mia rabbia nel vedere come in questi due ultimi anni non ne venivano sfruttate pienamente tutte le opportunità e, anzi, si tentava di sminuirne la portata.
La concertazione si è dimostrata indispensabile per portare l’Italia in Europa, attraverso un patto sociale, una politica rigorosa di salari, prezzi e tariffe. Poi più nulla. Da allora, per molti in Italia, è solo uno strumento per uscire dalle situazioni di crisi. Questo significa non comprenderne le potenzialità. Perché oggi in Europa occorre starci. Siamo uno dei Paesi più industrializzati del mondo, ma serve una riconversione del sistema produttivo, servono infrastrutture, servizi efficienti e la concertazione è indispensabile per condurre in porto questi processi. Verificheremo nei prossimi mesi quale sarà l’orientamento del Governo della Casa delle libertà.
Nella passata legislatura regionale, la politica concertativa – allora condivisa – ha consentito importanti accordi con la Regione. Ricordo l’intesa sulla sanità, il Patto per lo sviluppo. Oggi, dopo una troppo lunga transizione, dobbiamo riprendere il cammino concertativo con Formigoni. Decideremo in congresso il che fare, ma con testardaggine rilanceremo questa politica.
La Cisl ne ha fatto la base per le sue proposte e le sue battaglie. Federalismo e sussidiarietà, rapporti con le istituzioni, livelli contrattuali, flessibilità, politica dei redditi sono le questioni più importanti che hanno visto la nostra organizzazione in prima linea. Alcuni di questi temi hanno lacerato il rapporto, in particolare, con la Cgil.
In Lombardia abbiamo assistito al rifiuto della Cgil a sottoscrivere il Patto per il lavoro di Milano, al ritiro della firma della confederazione di Cofferati dai contratti integrativi regionali per il settore artigiano. I problemi dunque esistono e sono di non poco conto, ma rimango sempre convinto che sia indispensabile riprovare a costruire un progetto unitario partendo dal confronto sulle cose che ci dividono.
Da troppo tempo chiediamo alla Cgil di proporre alla Regione un documento comune su alcune priorità per il territorio regionale: infrastrutture, politiche del lavoro e della formazione, piano industriale, piano socio-sanitario, e altro. L’attesa, però, non può essere infinita. Su alcuni di questi temi il confronto è già avviato, ma un banco di prova decisivo è la scrittura dello Statuto regionale, probabilmente il solo ambito in cui sarà possibile trovare un riequilibrio dei poteri, oggi completamente sbilanciati sulla figura del presidente e della giunta. Noi chiediamo che la concertazione entri a pieno titolo nello Statuto, affinché sia condiviso e praticato un modello di relazioni sindacali all’altezza delle esigenze del nostro territorio.
Un tema cruciale è anche quello del federalismo che oggi, sgombrato il terreno dagli eccessi leghisti e da inaccettabili chiusure centraliste, può realmente essere elemento di equilibrio da contrapporre agli scompensi della globalizzazione.
La Lombardia è una regione ricca, con grandissime potenzialità di sviluppo, ma che deve fare i conti con pesanti contraddizioni e ritardi incredibili in termini di infrastrutture, sia economiche che sociali. I bisogni territoriali e l’agenda delle soluzioni devono essere affrontati dal governo territoriale. Ciò non vuol dire che al centralismo romano se ne sostituisce uno lombardo, ma occorre uno sforzo per trasferire poteri dalle Regioni ai Comuni, attraverso il rilancio delle autonomie locali e della municipalità.
Temi centrali nella discussione di un’organizzazione che nel prossimo quadriennio punta decisamente a diventare il primo sindacato tra i lavoratori attivi della Lombardia.