Creato a metà degli anni ‘70 da Tullio Altan, il personaggio di Cipputi è ben presto assurto a simbolo delle tute blu e delle loro battaglie, seppure con una impronta disincantata e sarcastica. Oggi quella classe operaia non esiste più e forse per il Cipputi non c’è più posto nella realtà della fabbrica moderna. Ma i simboli non si cancellano e così, dal 1996 il caustico metalmeccanico si è fatto logo del premio che il Torino Film Festival – allora 14^ edizione del Festival Internazionale Cinema Giovani – assegna al miglior film sul tema del lavoro presentato in rassegna.
In occasione della 35^ edizione appena conclusa il riconoscimento è andato a una pellicola di Jacopo Quadri Lorello e Brunello. La storia di due gemelli che conducono un’azienda agricola nella Maremma toscana in perenne lotta con le logiche del mercato globale.
La giuria, composta dallo stesso Altan, oltre a Sandro Avanzo e Maurizio Zaccaro, ha motivato la sua scelta sottolineando tra l’altro come “il regista ci ricorda un modo di intendere il lavoro che spesso la nostra civiltà urbana continua a dimenticare (e a rimuovere) e lo fa attraverso il potente ritratto di due protagonisti consapevoli del proprio ruolo, della storia che li ha preceduti e del tempo che stanno vivendo. Un film ‘resistente’ che è al tempo stesso una testimonianza e un monito etico oggi tacitato da rivoluzioni economiche in atto, sempre più minacciose e incombenti”.
Lo scorso anno il riconoscimento era andato a Lao Shi/Old Stone di Johnny Ma. Una produzione cino-canadese nella quale il regista segue l’odissea tragica di un taxista rimasto coinvolto in un incidente stradale che causerà la perdita del lavoro e lo smarrimento della propria identità.
In precedenza erano stati premiati Il successore di Mattia Epifani (Italia, 2015) e Triangle di Costanza Quatriglio (Italia, 2014). Nel 2015 a Francesca Comencini è stato assegnato uno speciale premio Cipputi alla carriera.
Quest’anno il tema del lavoro a Torino ha ottenuto anche un altro riconoscimento. Il premio Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, un centro piemontese per l’arte contemporanea, attento alla contaminazione tra le diverse discipline artistiche, è stato assegnato al lungometraggio A fábrica de nada di Pedro Pinho. Un film portoghese del 2017 che narra la battaglia di un gruppo di operai in difesa del lavoro in una fabbrica di ascensori, situata nella zona industriale nei sobborghi di Lisbona, dove dalla sera alla mattina assistono increduli alla scomparsa delle macchine e all’arresto della produzione.
La rassegna torinese si è svolta per la prima volta nell’autunno del 1982 con la denominazione di “Primo Festival Internazionale Cinema Giovani”. Una iniziativa nata per volontà di personalità del cinema e della cultura, come Gianni Rondolino e Ansano Giannarelli, direttori della prima edizione, e Gianni Vattimo, presidente dell’Ente Festival internazionale Cinema Giovani, con il sostegno delle amministrazioni locali.
Cambiando nome, ma mantenendo la caratteristica di una proposta che si rivolge particolarmente ad un pubblico giovane, dal novembre 1998, in occasione della 16^ edizione, la rassegna ha assunto la denominazione di Torino Film Festival. La direzione dal 2014 è affidata a Emanuela Martini succeduta a Paolo Virzì.
Quest’anno la giuria del 35° TFF presieduta da Pablo Larraín (Cile) e composta da Gillies MacKinnon (Gran Bretagna), Petros Markaris (Grecia), Santiago Mitre (Argentina), Isabella Ragonese (Italia) ha scelto come miglior film Al tishkechi oti/Don’t forget me di Ram Nehari (Israele, Francia, Germania, 2017).