Il rapporto tra cinema e lavoro non è sempre stato felice, alternando negli anni fasi di maggiore o minore attenzione.
Parlare di lavoro di questi tempi non è facile. Ancora più ardua l’impresa quando si tratta di farlo sul grande schermo. Narrando storie, comunicando emozioni, immaginando trame che aiutino a penetrare la complessità dell’oggi, la stratificazione e la scomposizione dei mestieri e delle professioni, le difficoltà ma anche le opportunità offerte dal mercato globale. Certamente era più semplice raccontare il lavoro nell’età industriale, dove le relazioni tra mondo del lavoro e capitale erano ben definite e ideologicamente collocabili.
Ora lo scenario è profondamente mutato. Il lavoro tradizionale è diventato invisibile. I processi produttivi si sono scomposti e la classe operaia frantumata.
Così anche il cinema ha registrato la marginalizzazione del lavoro nella società, cancellandolo dalle sceneggiature.
La lunga crisi da cui forse iniziamo ad uscire solo ora, i profondi processi di cambiamento del mondo del lavoro, le difficoltà delle organizzazioni di rappresentanzanon paiono essere state sufficienti a stimolare progetti artistici di particolare valore. Senza volere generalizzare – non mancano infatti opere di qualità e di forte impatto emotivo–,occorre dire che i titoli significativisono purtroppo scarsi.
Il cinema rimaneperò uno strumento privilegiato per interpretare i mutamenti sociali e lo sguardo degli autori che si pongono dietro una macchina da presa spesso sa andare più in profondità di quanto altri media non riescano a fare. Per questo il connubio tra cinema e lavoro è importante, deve essere valorizzato e può aiutarci a rifletteresul rapporto tra impresa e lavoro, innovazione, società.
Partiamo dunque da qui, con questo blog, per aprire una finestra sul mondo del cinema, non per proporre critiche sulle pellicole, ma per costruire uno spazio dove raccogliere e sviluppare gli spunti che i film offrono alla comprensionedei problemi del lavoro. Un punto di vista diverso rispetto a quello più usuale di esperti, sindacalisti, giornalisti.
Il prossimo XIII Labour Film Festival, dal 4 settembre al 5 ottobre, ce ne offrirà una prima occasione, senza dimenticare le altre iniziative che, seppur sporadiche, periodicamente vengono proposte in diverse parti d’Italia davari soggetti.
Ken Loach. Aki Kaurismaki. Il Labour Film Festival celebra quest’anno due autori che hanno fatto del lavoro e dei problemi sociali il filo conduttore della loro vasta produzione cinematografica. La rassegna dedicheràuna serata speciale a ciascuno dei due registi attraverso una selezionecommentata di sequenze tra le più significative dei loro film e la proiezione del più recente lungometraggio. Io, Daniel Blake, per il prolifico maestro inglese. L’altro volto della speranza, per il celebrato regista finlandese.
Il Labour Film Festival è promosso da Acli e Cisl Lombardia con il Cinema Rondinella e si svolge per tutto il mese di settembrea Sesto San Giovanni ormai da tredici anni, con proiezione di corti, documentari e film di fiction. L’obiettivo del festival è quello di favorire la riflessione sul tema del lavoro attraverso lo strumento del cinema. Promuovendo la visione di film d’autore, pellicole di richiamo, ma anche di opere, in particolare documentari, di ottima qualità, che faticano a trovare spazi e occasioni per proporsi al grande pubblico. Facendosi aiutare dal contributo di registi, attori, critici.