Un secolo fa, il 14 ottobre 1921, nasceva a Gambettola, nel cuore della “Romagna solatia, dolce paese”, Luciano Lama che fu segretario generale della Cgil dal 1970 a 1986, dopo aver ricoperto altri importanti in carichi alla direzione dei chimici e dei metalmeccanici e nella segreteria confederale. Laureato in Scienze sociali a Firenze con Piero Calamandrei, ufficiale di complemento nella Seconda guerra mondiale, dopo l’8 settembre 1943, passò con la Resistenza e, come capo di stato maggiore di una Divisione partigiana, fu alla testa delle truppe che liberarono Forlì. Incaricato dal CNL di dirigere la locale CdL. Poco dopo fu chiamato a Roma da Giuseppe Di Vittorio e ne divenne il più stretto collaboratore fino alla sua morte nel 1957. E’ singolare che questa ricorrenza si collochi tra l’affronto iconoclasta alla Cgil del 9 ottobre e la manifestazione antifascista del 16 ottobre. Verrebbe quasi da citare le parole dell’inno: “i martiri nostri son tutti risorti”, perché la memoria di Lama sarà presente in mezzo a quei lavoratori e cittadini che sfileranno per le strade di Roma per ritrovarsi in quella Piazza San Giovanni nelle quale riecheggiano ancora le parole di Luciano e di altri grandi leader politici e sindacali dell’Italia democratica. Ma chi ha conosciuto Lama (deceduto 25 anni or sono il 31 maggio 1996) sa benissimo che il movimento operaio è in grado di sconfiggere ancora i rigurgiti di combriccole in grado di operare colpi di mano violenti, infiltrandosi in manifestazioni di disagio e di protesta. Credo che Luciano si porrebbe altre domande e esprimerebbe altre preoccupazioni. Che senso ha – si chiederebbe – una protesta senza capo né coda contro un intervento di salute pubblica dopo una gravissima pandemia che ha flagellato in lungo e in largo il pianeta seminando decessi, disordine sociale, danni economici ingenti? Che senso ha che i portuali di Trieste minaccino di bloccare il porto e di coinvolgere nella lotta altre strutture portuali, per protesta contro il green pass? Che senso ha che una grande federazione di categoria – di cui Lama è stato il leader che aprì con la vertenza degli elettromeccanici del 1959, la ripartenza di quelle lotte che dieci anni dopo portarono al rinnovo dei contratto del 1969 – si dichiari contraria al green pass e favorevole ai tamponi e alla vaccinazione obbligatoria, come se queste operazioni non dovessero alla fine essere certificate ed esibite ove necessario? Ovviamente, ora è il momento della solidarietà. Guai a venir meno a questo impegno quando viene attaccato un sindacato che rappresenta una istituzione dell’Italia democratica. Nel pomeriggio del 9 ottobre i caporioni neo fascisti e i loro accoliti non hanno compiuto soltanto inaccettabili atti di violenza, ma vere e proprie profanazioni. Ma arriverà pure il momento nel quale occorrerà chiedersi se le classi lavoratrici – come nel quadro di Pellizza di Volpedo – comminano compatte nel senso della storia o sono passibili di infiltrazioni sub culturali che somigliano più alle superstizioni che alla razionalità. Attenzione a non buttare, con la giusta condanna del fascismo, sulle gradinate il vero problema di oggi: il complottismo, il radicalismo fine a se stesso, l’abuso dell’idea di libertà e diritto, che non può significare compiere impunemente quel che ci pare giusto e opportuno. Negli Usa il movimento dei QAnon sostiene che Trump aveva vinto le elezioni, ma era stato sopraffatto da una congiura di pedofili attestati nell’ambito dei poteri forti (il Deep state). Qualcuno vede una sostanziale differenza con le teorie inculcate nei no vax di casa nostra? C’è stato un momento – nella cronaca della pandemia – in cui diverse categorie hanno fatto carte false per essere vaccinate per prime, suscitando dibattiti di ore nei talk show. Chi saltava la fila era indicato come un possibile assassino di un’altra persona magari più a rischio. Tutto ciò avveniva quando la disponibilità dei vaccini ci aveva liberati dalle chiusure, dal coprifuoco, dalle limitazioni più assurde perché – quelle sì – mettevano a rischio non solo i diritti del cittadino, ma persino le azioni e le condotte che non sono in discussione neppure in Corea del Nord (come vedere i parenti, frequentare gli amici, ecc.). Quando è cambiato l’orientamento di buona parte dell’opinione pubblica? Siamo sicuri che non vi abbia contribuito quell’ostilità preconcetta che i sindacati hanno manifestato contro il green pass e che è andata avanti per settimane in tutte le occasioni di dibattito pubblico? Se mi è consentita un’ultima osservazione segnalo che è in circolazione un video molto bello in vista della manifestazione di sabato. Vengono riprodotte – con un accompagnamento musicale adatto – immagini della storia della Cgil. Chi lo ha prodotto ha dimenticato, nel riprodurre le immagini in bianco e nero dei dirigenti delle diverse epoche, che vi erano anche dei socialisti, la cui presenza non può essere assicurata da un pur grandissimo Vittorio Foa, che socialista non lo era stato più dal lontano 1964. Certo, si vede Sandro Pertini, il quale non era tuttavia come Fernando Santi, Piero Boni e tanti altri divenuti “innominati”.
Giuliano Cazzola