I magistrati milanesi titolari del dossier Ilva hanno chiesto il processo per Adriano, Fabio e Nicola Riva, che a questo punto potranno ritentare nuovamente la strada del patteggiamento della pena, dopo essersi visti bocciare una prima proposta di accordo dal gip Maria Vicidomini. Un passaggio reso possibile dalla mossa degli avvocati che assistono i Riva di rinunciare ai termini a difesa, proprio per consentire alla procura di chiedere il processo e imprimere così un’accelerazione alla procedura necessaria per arrivare a nuovi patteggiamenti.
Il procedimento milanese si prospetta infatti decisivo per le sorti del gruppo Ilva. In ballo ci sono infatti gli 1,3 miliardi di euro necessari per il risanamento ambientale dello stabilimento siderurgico di Taranto, così come previsto dalla legge “salva Ilva”. Soldi sequestrati nel 2013 dal Tribunale di Milano e ancora “congelati” in Svizzera in un conto Ubs di Zurigo. Dopo la decisione della famiglia Riva di non opporsi al rientro della somma in Italia e di metterla a disposizione dei commissari straordinari dell’acciaieria tarantina, i legali delle difese avevano trovato un accordo con i magistrati milanesi per patteggiare la pena, ottenendo cosi’ il rapido sblocco della somma.
L’accordo non è stato però ratificato dal gip Vicidomini che, con un colpo di scena, aveva respinto tutte e tre le proposte di patteggiamento “per assoluta incongruità delle pene concordate a fronte dell’estrema gravità dei fatti contestati”. Nel provvedimento di rigetto, il giudice milanese non aveva mancato di esprimere forti critiche sull’intesa per il rientro in Italia del denaro destinato alla bonifica ambientale dell’Ilva: un “accordo omnicomprensivo”, lo aveva definito, che “rischia di tradursi in una sostanziale e totale abdicazione, non solo da parte degli imputati ma anche del commissario straordinario di Ilva Spa e del curatore speciale di Riva Fire, alla tutela di molteplici e variegati interessi che richiederebbero altre forme di salvaguardia”.