Con la chiusura del Cnel si porrà il problema della collocazione dell’Archivio nazionale dei contratti di lavoro, istituito con l’art. 17 della legge di riforma del Consiglio del dicembre 1986.
Problema certamente tra i meno esaminati nel dibattito su quest’organo costituzionale sin da quando, agosto 2011, suonarono i classici tre squilli di tromba che avrebbero dovuto far capire alle parti sociali l’antifona sulla sorte prospettabile per il Consiglio (tale fu la drastica riduzione dei componenti disposta dal d.l. n.138). L’impressione che ne ho ricavato, anche nelle discussioni informali con esperti, è che l’Archivio rappresenti un dettaglio da collocare in questo o quell’ufficio ministeriale (ma i dettagli, si sa, sono importanti per gli operatori). Senza sopravvalutare il tema, rimangono a mio avviso alcune domande insoddisfatte.
Quando Giugni con la teoria dell’ordinamento sindacale portò il sindacato nell’area del diritto (icastica definizione di Cassese, che parimenti ha ricordato che è ora che il diritto entri nel sindacato), i contratti e la loro conoscenza erano dati fondativi della sua tesi: lo scritto del 1964 per l’Alta Autorità della Ceca sulla contrattazione collettiva nelle industrie siderurgica e mineraria è ricordato tra i suoi saggi più esemplari e significativi. Come faremo a sviluppare quel metodo se ci mancheranno le basi conoscitive e se queste si moltiplicheranno con l’incremento della contrattazione aziendale?
Da qualche tempo si fa un gran parlare dell’ordinamento tedesco. Bene, in Germania l’Archivio dei contratti è tenuto dalla Fondazione intitolata al fondatore del Sindacato, il Dgb (traggo queste notizie da uno scritto di Graziani, collaboratore della Fondazione Pastore): il Sindacato italiano può fare qualcosa di analogo, come forma di servizio civile a favore del mondo del lavoro, ricostruendo dal basso le ragioni che indussero Ruini e i padri costituenti a istituire il Cnel?