Ha un futuro davvero difficile la prossima segretaria generale della Cgil. Tutti gli occhi sono puntati su Susanna Camusso, ancora prima ancora che assuma la guida del più grande sindacato italiano. E tutti, naturalmente, si aspettano da lei un vero e proprio miracolo: anzi, una lunga serie di miracoli. La Camusso dovrà, infatti, riportare la Cgil al centro della scena sindacale, dovrà riunificare le diverse e rissose anime del Pd, dovrà sedare i giovani dei centri sociali, dovrà tenere a distanza i capipopolo che affollano le piazza politiche e sindacali, dovrà far rinascere l’unità sindacale. Oltre, naturalmente, a far ripartire l’economia italiana. Se ci riuscisse sarebbe davvero un miracolo. Anche perché la nuova leader parte con handicap di non lieve peso. Come, per esempio, una Cgil divisa profondamente al suo interno. La perfetta riuscita della manifestazione della Fiom di sabato scorso non deve mascherare la verità. Che la piazza romana fosse gremita è stato certamente un punto a favore delle tute blu, questo è indubbio. Come lo è stato anche il fatto che Guglielmo Epifani abbia fatto un riferimento, anche se abbastanza generico, alla possibilità di un nuovo sciopero generale, più o meno a breve termine, contro il governo Berlusconi. Ma la Fiom non è la Cgil, assolutamente non la rappresenta. Lo ha dimostrato, al di là delle interpretazioni, lo svolgimento della stagione contrattuale, che ha visto le federazioni della Cgil firmare una serie di contratti, spesso senza scioperi o eccessive difficoltà, mentre per i metalmeccanici non è stato possibile evitare l’accordo separato, con il risultato che questa categoria ha avuto aumenti salariali inferiori a tutte le altre.
Il diretto riferimento di Epifani allo sciopero generale, strenuamente voluto dalla Fiom, non deve trarre in inganno: la linea della confederazione è profondamente diversa, la frattura evidenziatasi nei mesi scorsi non è stata sanata e peserà notevolmente sugli equilibri interni di Corso Italia. Non è un caso che la Fiom sia stata tra gli oppositori più fermi alla candidatura della Camusso, proprio nella precisa consapevolezza che le loro strade avrebbero potuto divergere anche notevolmente.
Nell’ultimo congresso della Cgil è stato stabilito un principio molto importante, l’insidacabilità delle decisioni della confederazione da parte delle federazioni di categoria. In altre parole, gli accordi che la confederazione stringerà non potranno essere respinti dalla Fiom, come è invece è accaduto in passato perfino per l’accordo del 2006 con il governo Prodi; che tuttavia, successivamente, ha ottenuto l’avallo della grandissima parte dei lavoratori, con un vero plebiscito. Ma anche questa novità dello statuto non mette la Cgil al riparo dal rischio Fiom. Servirà una politica accorta, una navigazione attenta, per evitare gli scogli, i pericoli.
Ma forse la partita più difficile la Camusso la dovrà giocare con Cisl e Uil. I rapporti fra le tre confederazioni sono infatti andati peggiorando progressivamente, tanto che adesso anche solo pensare all’unità sindacale viene da sorridere. Non sono gli attacchi alle sedi Cisl e Uil il sintomo di questa lontananza, perché la Cgil è la prima a censurare con grande decisione e fermezza questi atti teppistici che nulla hanno a che fare con la tradizione delle grandi confederazioni. Il punto vero è che i due blocchi che si sono creati, Cgil da una parte, Cisl e Uil dall’altra, parlano linguaggi ormai diversi, lontanissimi. Le lunghezze d’onda che usano non sono più le stesse e un possibile recupero sembra difficilissimo.
L’apertura fatta a Genova da Confindustria verso la Cgil ha nei fatti riaperto il dialogo tra i grandi soggetti delle relazioni industriali, ma le distanze restano e le ritrosie delle altre due confederazioni non potranno non creare difficoltà alla Cgil. E appare complesso portare a buon fine il confronto anche su temi tutto compreso non difficili, come quelli sul necessario recupero di competitività o sull’opportunità di una profonda revisione del sistema fiscale che tenga conto delle mutate condizioni dei mercati internazionali.Ancora più difficili saranno i rapporti con il mondo della politica, non fosse altro perché, mai come adesso, gli equilibri politici sono stati così precari, i rivolgimenti possibili così vasti. E non basterà forse nemmeno una politica di assoluto distacco da quanto accade in politica, proprio perché i rivolgimenti potrebbero essere così profondi da chiamare un causa tutti, anche il mondo del lavoro. Insomma, l’agenda di Susanna Camusso potrebbe davvero far paura. Ma lei ha le spalle forti. E dunque, l’augurio è che, anche senza fare miracoli, riesca ad appianare qualche contrasto, a portare a casa qualche risultato, contando sulla concretezza, evitando ideologismi inutili, tenendo ferma la barra della sua barca sugli obiettivi che si è data. (LF)