Nella sede della Cgil di Corso d’Italia è stato presentato l’VIII Rapporto della Fondazione di Vittorio su (Im)migrazione e sindacato che ha dato vita ad una tavola rotonda sul tema. Le principali novità, presentate dal Presidente della Fondazione di Vittorio, Fulvio Fammoni, riguardano principalmente la complessità del rapporto 2017 che non riguarda esclusivamente i fenomeni migratori verso il nostro paese ma anche quelli che riguardano i giovani italiani verso l’estero. Come ci dice in prefazione sono passati quasi vent’anni dalla prima edizione del rapporto immigrazione e sindacato e tante cose sono cambiate, per questo la Fondazione di Vittorio preferisce parlare di migrazioni in senso ampio. L’emigrazione italiana, infatti, è sottostimata e ancora non abbiamo consapevolezza piena di questo fenomeno, così come l’invasione da parte dei migranti di cui si parla tanto, non trova riscontro nella realtà nel momento in cui il nostro paese è soprattutto un territorio di transizione.
Il curatore del rapporto, Emanuele Galossi ha sottolineato l’intento della seconda parte del lavoro di analizzare il fenomeno migratorio attraverso l’ottica del sindacato partendo da un minimo comune denominatore verso cui si tende: “rispetto, integrazione e universalità dei diritti”. La ricerca ha visto la somministrazione di circa 800 questionari in 15 regioni italiane su persone che arrivano da 21 paesi diversi. L’età media è di circa 39 anni con una residenza media in Italia di circa 13 anni. L’aspetto interessante che emerge riguarda la percezione del cambiamento del clima sociale e di intolleranza legata alla crisi economica. Uno spartiacque importante che ha generato un peggioramento delle condizioni materiali degli intervistati stessi e il peggioramento delle strumentalizzazioni dei mass media e ai fini elettorali. Le esperienze pregresse di questi lavoratori nei loro paesi hanno pesato sull’approccio al sindacato stesso e alla cultura sindacale. In molti dei paesi da cui provengono i lavoratori non sono rispettati i diritti sindacali e quindi non si conosce a pieno l’attività sindacale. Spesso, infatti, l’attività sindacale viene confusa con l’offerta di servizi piuttosto che come organizzazione che difende i diritti dei lavoratori sul posto di lavoro. Sono 6 su 10 coloro che si sentono rappresentati dal sindacato perchè ci sono troppi pochi delegati stranieri che migliorerebbero la comunicazione con i lavoratori e le lavoratrici straniere. Questo, secondo Galossi, confermerebbe la difficoltà del sindacato ad entrare in quei luoghi di lavoro appannaggio esclusivo dei lavoratori immigrati.
Luca Mariani, giornalista e autore del libro “Il silenzio sugli innocenti” ha ricordato la strage di Utoya al fine di pensare come è nato il clima di intolleranza che viviamo tutt’ora. Quella strage è l’esempio, secondo il giornalista, dell’intolleranza che si esprime nei confronti di quella sinistra favorevole all’accoglienza dei migranti. Infatti, l’aumento della denatalità, la migrazione verso l’estero dei nostri giovani migliori e il saldo negativo tra le morti e le nascite ci fanno pensare al fenomeno migratorio non come un fatto negativo ma anzi di compensazione rispetto al nostro andamento demografico. Un peccato, rimane comunque secondo Mariani, spendere delle risorse statali e familiari per formare i nostri studenti per poi lasciarli andare in altri paesi. Allo stesso tempo sarebbe un errore sottovalutare che la presenza di migranti comporta fenomeni di dumping sociale che favoriscono comportamenti di intolleranza ed esclusione sociale. L’Europa, al contrario di quello che si pensa, ha bisogno di lavoratori. Solo in Italia gli immigrati hanno contribuito dell’8.8 % del Pil, tutto a vantaggio delle nostre economie proprio come è stato anche sottolineato dal Presidente dell’Inps, Tito Boeri presentando i dati sulla contribuzione previdenziale.
A seguito della presentazione del rapporto si è svolta una tavola rotonda, moderata da Fulvio Fammoni. I lavori sono stati introdotti da Giuseppe Massafra, segretario confederale Cgil e hanno partecipano: Don Virginio Colmegna, presidente della Fondazione Casa della Carità; Francesca Chiavacci, presidente Arci; Mario Morcone, capo di Gabinetto ministero dell’Interno, e Susanna Camusso, segretario generale Cgil.
Secondo il segretario generale, Susanna Camusso il nodo fondamentale rimane “la globalizzazione che ha generato frammentazione. Esattamente l’opposto del suo teorico obiettivo. Questa frammentazione però va argomentata non è solo suddivisione dei soggetti ma è fondamentalmente crescita delle disuguaglianze. I conti tornano perché una globalizzazione costruita sulla ricchezza di pochi e sulla crescita dei poteri finanziari ha come condizione la costruzione della disuguaglianza”.
La Cgil secondo il segretario deve “ricostruire un linguaggio” e “una nuova narrazione” perché il “dumping tra i lavoratori non è prodotto dai lavoratori o dalle migrazioni ma da quell’idea della finanziarizzazione dell’economia, dal profitto a breve termine e del lavoro come merce”.
Con questo spirito bisognerebbe ricostruire una campagna contro la legge Bossi-Fini e rimarcare il divieto di intermediazione di manodopera che riguarda soprattutto i migranti. Si sta producendo, infatti, un livello di stratificazione verso il basso che porta allo scontro tra simili, alla guerra tra migranti e italiani. Il sistema di accoglienza messo in campo dal Comune di Riace è preso come esempio dalla Camusso per sostenere la sua applicazione anche in altre parti d’Italia a differenza di quei sindaci che oggi dichiarano di non voler accogliere i migranti nei propri territori. “Le leggi – continua le leader della Cgil, si possono cambiare ma intanto si rispettano perché è il vincolo del patto di cittadinanza collettivo”.
La retorica, infatti, che imperversa contro i rifugiati che stanno “a spasso” nel paese è figlia della diffusione dell’idea del lavoro gratuito che garantisce in realtà l’esplosione di una bomba sociale. Dove c’è disoccupazione si produrrà “la contrapposizione tra chi sperava in quell’attività e la vede assegnare gratuitamente. Il lavoro gratuito non deve esistere. Il lavoro è lavoro e deve essere retribuito” sottolinea il segretario.
La Cgil, infine, si pone delle sfide per il futuro a partire dai lavori del tavolo sulle migrazioni che riguardano tutto il paese. Prima di tutto costruire una nuova narrazione diversa da quella che viene portata avanti attualmente, come quella distorta sullo ius soli; ribaltare non solo la narrazione ma anche la convinzione che non ci siano altre possibilità di quelle che sono state applicate o prospettate sull’immediato futuro; pensare ad una contrattazione sociale territoriale, dalla mobilità alle abitazioni, che resista alla costruzione di ghetti; comunicare con i giovani italiani che vanno all’estero spiegandogli che la loro emigrazione è molto simile a quella che porta le persone nel nostro paese. Questi e altri obiettivi a partire dalla volontà di comprendere il fenomeno migratorio fino in fondo per il rispetto dei diritti di tutti.
Alessia Pontoriero