Per i sindacati il sistema pensionistico italiano dovrebbe essere più “equo” e “socialmente sostenibile”. I segretari confederali di Cisl e Cgil, Maurizio Petriccioli e Vera Laconica, hanno così commentato i dati del rapporto, pubblicato oggi dall’Ocse, “Pensions at a glance”, ribadendo la necessità di una riforma del sistema pensionistico e ricordando, a tal proposito, i tre attivi interregionali indetti unitariamente da Cgil, Cisl e Uil, per il prossimo 17 dicembre, a sostegno della piattaforma unitaria da presentare al Governo.
“L`Italia è il Paese che più di ogni altro, fra quelli dell`area Ocse, ha realizzato, negli ultimi 20 anni, interventi legislativi che hanno messo in sicurezza la sostenibilità finanziaria del sistema pensionistico, trascurandone semmai la sostenibilità sociale” – ha detto Maurizio Petriccioli, secondo il quale “qualunque politica che si ponga l`obiettivo della sostenibilità finanziaria, attraverso la riduzione delle prestazioni pensionistiche e l`aumento rigido dell`età pensionabile è socialmente impraticabile. Le valutazioni di sostenibilità del sistema pensionistico debbono tenere conto che dietro ai numeri ci sono delle persone e che le politiche previdenziali non possono essere basate solo su una visione quantitativa o ragioneristica, al di fuori di un quadro del welfare attento alle emergenze sociali”. Oggi “noi scontiamo proprio i danni provocati in passato da questo modo di ragionare, mentre occorre creare le condizioni per far crescere il tasso di attività dei giovani e delle donne al mercato del lavoro e per rimettere nella disponibilità volontaria dei lavoratori e delle lavoratrici più anziani le scelte relative al pensionamento, tramite la reintroduzione della flessibilità in uscita”, ha concluso.
“La tenuta finanziaria del nostro sistema previdenziale non è a rischio – afferma Vera Lamonica – , di certo lo è l’entità delle prestazioni per amplie fasce della popolazione: basta ad allarmi e a ‘riforme’ per fare cassa, modificare radicalmente la normativa vigente per restituire equità e solidarietà al sistema”. “Non c’è un rischio di tenuta finanziaria per il sistema previdenziale italiano – spiega Lamonica – se è vero che, come dice la stessa OCSE, le riforme realizzate negli ultimi anni hanno portato l’età pensionabile al livello più alto in Europa, e che la spesa pensionistica è calcolata comprendendo tutta la parte assistenziale, in altri Paesi non caricata sulla previdenza”. “Peraltro nel nostro Paese – sottolinea – per effetto dell’aggancio automatico al meccanismo dell’attesa di vita, dato medio che non tiene conto della differente longevità dovuta a condizioni sociali e attività lavorative diverse, l’età di pensionamento nel giro di pochi calendari sarà portata ben oltre i 67 anni. Per molti trattamenti di importo basso si supereranno i 70”.
Per Lamonica “il vero problema è l’inadeguatezza delle prestazioni: disoccupazione, precarietà, lavoro povero e buchi contributivi, anche per le attività di cura delle donne, mettono seriamente a rischio il futuro pensionistico di fasce amplissime della popolazione italiana. E se questo è il vero problema – prosegue la dirigente sindacale – allora occorre invertire la logica che ha guidato le riforme di questi anni: basta allarmi sulla tenuta finanziaria del sistema che sollecitano politiche di prelievo per fare cassa, come è stato abbondantemente fatto in Italia”.
“Ora – sostiene la segretaria confederale – si tratta di attuare una riforma radicale della normativa vigente che dia risposte concrete sul necessario tasso di solidarietà da restituire al sistema, a partire dal sostegno ai periodi di assenza contributiva, di intermittenza nel lavoro, di riconoscimento del lavoro di cura. Bisogna attuare una politica del lavoro tesa ad aumentare l’occupazione, soprattutto giovanile, perché in un sistema a ripartizione questa è l’unica politica che, anche nel lungo periodo, può rafforzare la tenuta del sistema previdenziale”. “Anche per questo – conclude – è necessario abbassare al più presto l’età di accesso, con una vera flessibilità che differenzi tra i lavori e non ne scarichi i costi sui lavoratori”.