Cgil, Cisl e Uil ci sono riuscite. Avevano promesso di chiudere entro l’anno il processo di definizione della loro strategia contrattuale e hanno rispettato l’impegno. Subito dopo la pausa festiva i direttivi unitari hanno varato il documento messo a punto dai tre segretari confederali con un voto unanime che non è solo formale, diventa sostanza per la forma nella quale è avvenuto.
Tuttavia, sembra molto difficile che da questo documento nasca un accordo tra le parti per una nuova contrattazione. La Confindustria non è infatti in grado di avviare e concludere un accordo così impegnativo. Non lo è per propri problemi interni, più che per la difficoltà di un dialogo con il sindacato. La presidenza di Giorgio Squinzi è arrivata alle ultime battute, tra un paio di mesi ci sarà un nuovo presidente e decisioni così rilevanti come un nuovo corso della contrattazione non si prendono con un vertice in uscita. Tanto più che la Confindustria ancora una volta è divisa abbastanza profondamente in due tronconi, falchi (tanti) e colombe (poche) si confrontano e solo la conta finale potrà stabilire il nuovo corso. Ma pesa anche la qualità delle scelte operate dal sindacato, che non sembrano in linea con quanto chiesto anche dall’ala più trattativista degli industriali. E del resto, basterebbe guardare alle proposte avanzate da Federmeccanica per capire che la distanza è enorme e colmarla è impresa ardua.
Un documento quindi inutile, quello approvato il 14 gennaio dagli esecutivi unitari? Assolutamente no, e per diverse ragioni. La prima, la più importante, è che questo documento e il voto unanime che l’ha sancito segnano una nuova unità tra le confederazioni. Erano anni che Cgil, Cisl e Uil non erano così vicine e questo rappresenta certamente – per loro, ma più in generale per le relazioni industriali nel nostro paese e per la difesa degli interessi dei lavoratori -un fatto molto rilevante. L’unità sindacale fa bene al sindacato, ma non solo al sindacato. Un sindacato forte, perché con l’unità è certamente più forte, è un fattore di democrazia estremamente rilevante e va salutato con favore. In una fase storica nella quale l’attacco ai corpi intermedi si è fatto sempre più pesante e si sono susseguiti i tentativi, di vario genere e direzione, per indebolirli, una risposta unitaria del sindacato è una importante novita’. Tanto più che le tre confederazioni sono arrivate a questo documento unitario cercando davvero una sintesi delle loro posizioni storiche, per cui il risultato finale è in più parti innovativo.
E infatti a leggere il documento si scoprono dei valori che non vanno affatto trascurati o sottovalutati. E’ sicuramente importante quanto è stato scritto in questo documento in tema di partecipazione, che non è stata sempre una bandiera comune di tutto il mondo sindacale, al contrario le spinte contrarie erano molto forti, specie nella Cgil. Adesso queste titubanze sembrano sparite e questo segna una svolta che va sottolineata in quanto tale.
Anche sul tema del salario c’è un cambiamento notevole. Certamente il documento segna una presa di posizione che non farà piacere a molti ambienti imprenditoriali, perché dichiara la volontà del sindacato di richiedere nei contratti aumenti salariali che non tendano solo al recupero dell’inflazione, ma segnino anche un aumento reale. Ma c’è anche la presa di coscienza, ferma, del concetto che questi aumenti devono trovare un supporto in una crescita delle risorse esistenti. E’ la vera fine del salario variabile indipendente, cosa che in definitiva non era mai stata detta con chiarezza. Quindi le parti potranno anche dividersi sull’entità degli aumenti salariali, ma tutti indistintamente concordano che, se si vuole aumentare il monte salari, vanno cercati gli spazi per trovare le risorse necessarie.
Altrettanto interessante è che i sindacati non siano stati troppo precisi nell’elencare i parametri secondo i quali definire gli aumenti salariali. Hanno preferito lasciare il tutto abbastanza indefinito e lo hanno certamente fatto non per sciatteria o mancanza di fantasia (che è la sola cosa che davvero non manca per definizione ai sindacalisti) ma per lasciare spazio alla trattativa con la controparte. Deve essere il negoziato, infatti, a stabilire come muoversi in merito, e stabilire tutto in anticipo sarebbe stato un errore.
Insomma, se l’impostazione generale del documento dei sindacati può anche non piacere –come del resto ha subito fatto sapere Giorgio Squinzi- alcuni elementi di novità ci sono e non vanno ignorati. Basteranno per portare a un accordo? E’ molto difficile, per le motivazioni che dicevamo prima. Resta comunque, al di la’ del merito, il valore di un pronunciamento importante dei sindacati. Lo ha sottolineato Susanna Camusso, chiudendo la riunione degli esecutivi: un documento come questo vale perché fissa dei valori, indicando un percorso preciso. In altre parole: attaccato da piu’ parti, e indubbiamente, quindi, piu’ debole, il sindacato reagisce con uno scatto di reni, definendo –unitariamente- quelli che ritiene debbano essere i valori di fondo della propria azione. In un’epoca in cui i valori tendono a scomparire, questo è un dato positivo.
Si poteva fare di più, certamente. Si potevano gettare basi un po’ più solide per arrivare a un accordo e lo si poteva fare qualche mese fa, quando c’erano le condizioni per una intesa piu’ generale, anche con le controparti. Non lo si è voluto fare per salvare la stagione contrattuale, ma, a parte l’episodio dei chimici, comunque la stagione contrattuale è impantanata e non sarà questo documento a tirarla fuori dalle difficoltà. Accontentarsi non è mai un bene, ma a volte può anche rappresentare il male minore. E poi tutto dipende dalla volontà delle parti. E’ difficile non ricordare che l’accordo tra i sindacati del 2008 durò l’espace d’un matin e subito arrivò l’accordo, separato, del 2009.
L’altro interrogativo che il documento suscita è se sarà sufficiente a evitare un intervento diretto del governo. In realtà Renzi aveva chiesto un accordo tra le parti e questo come abbiamo detto e’ quasi impossibile; dunque, le premesse per una presa di posizione del governo ci sono tutte. Lo ha detto chiaro, il premier, qualche giorno fa: ‘’in mancanza di una intesa tra sindacati e Confindustria, interverremo noi’’. E tuttavia, nonostante le distanze sempre piu’ rimarcate da Renzi nei confronti delle parti sociali, sembra difficile che l’intervento del governo possa andare decisamente controcorrente rispetto a quanto deciso dalle tre confederazioni con un voto unanime. Se questo intervento ci sarà, e tutto lascia credere che ci sia, non potrà non tener conto almeno in parte del pronunciamento del sindacato. E questo per il mondo del lavoro è un dato certamente positivo.
Massimo Mascini