Nel nostro paese la sinistra è ormai un ricordo del passato. Renzi esce dalla tornata elettorale sconfitto ben oltre le peggiori previsioni e LeU, che doveva riportare a casa gli esuli della sinistra disamorati della cabina elettorale, raggiunge a mala pena la soglia di sbarramento del 3%.
Esulta potere al popolo per il suo 1,6% ripetendo l’antico rito di Rifondazione Comunista che, 10 anni fa a fronte della sconfitta del centrosinistra, si vantava, per bocca di Bertinotti, del suo ottimo risultato. L’ultimo giro di valzer sul ponte del Titanic prima del naufragio.
Certo bisognerebbe essere Gabriel Marquez per descrivere questo eterno ritorno dell’uguale strappando le vicende umane dalla tirannia del presente per ricollocarle nello spazio senza tempo della letteratura.
Nello spazio della politica al contrario il tempo è quel che avviene ora; un tempo che tuttavia per realizzarsi ha paradossalmente bisogno anche del domani. Perché la politica, anche in questo caso in cui i vincitori , i Cinque stelle, fanno cappotto sfiorando il 32 %, ha pur sempre bisogno degli altri per governare. E questo significa rievocare e rivivere gli antichi e faticosi riti della mediazione.
Proprio quello che i Cinque stelle non volevano fare e che ha invece imposto loro il rosatellum. una legge elettorale nata proprio per impedire che i predestinati potessero volare sull’onda del consenso senza piombo nelle ali.
Ora comincia la vera partita perchè è evidente che il Movimento cinque stelle, la nuova balena bianca che ha sostituito di fatto la DC nel centro sud del paese, deve prendere il largo per non restare incagliata nelle secche. Governare diventa un obbligo per non disperdere il capitale sapientemente accumulato e per questo servirà venire a patti con altri. E su questo terreno che si misurerà la vera statura del giovane Di Maio che di sicuro non si lascerà scappare l’occasione di entrare nella storia come il più giovane dei Presidenti del Consiglio
E del resto anche per Di Maio il tempo è tiranno perché alle porte preme Salvini. L’altro vero vincitore delle elezioni che viene premiato per avere rottamato a viso aperto e senza i mezzucci alla Fini o all’ Alfano i due vecchi signori del centro destra ormai appesantiti dagli anni: Bossi e Berlusconi.
La politica ruota dunque intorno a questi due personaggi poco più che trentenne l’uno e quarantenne l’altro mentre la vecchia sinistra, con i suoi personaggi orami usurati dal tempo esce di scena. Si chiude così una storia centenaria che vedeva la sinistra protagonista assoluta nelle regioni a cavallo dell’Appennino e che ora invece, come il resto del paese guardano cinque stelle e lega.
Una dura sconfitta per D’Alema, Bersani, Epifani, Errani, Grasso e Boldrini. Un vecchio ceto politico che è stato protagonista della storia del novecento e che, rottamato da Renzi, ha tentato senza riuscirci di darsi una nuova chance.
Una prospettiva che non ha convinto i tanti delusi dalla vecchia sinistra rimasti ancora una volta alla finestra senza votare. Un progetto politico di rilancio dei vecchi temi della giustizia sociale che non nemmeno convinto le fasce deboli della popolazione a cui tale messaggio era rivolto. I giovani, e i disoccupati del sud non ci hanno creduto e hanno scelto il nuovo incarnato, a torto o ragione, dai cinque stelle. Solo il tempo dirà se tale scelta porterà loro quel riscatto che la politica non ha finora dato loro.
Roberto Polillo