Cambia la realtà del sindacato con il nuovo accordo sulla rappresentanza, ma l’Ugl non è spaventata. Al contrario pensa che potrà venirne qualcosa di buono per le relazioni industriali. Certamente, dice Giovanni Centrella, il segretario generale, il sindacato si riavvicinerà ai lavoratori, con i quali in buona misura ha perso i contatti. Ma tutti devono capire fino in fondo che adesso contano i lavoratori e non più il vertice del sindacato.
Centrella che giudizio dà dell’accordo sulla rappresentanza?
Un giudizio molto positivo, tanto è vero che lo abbiamo firmato anche noi. Una volta per tutte misuriamo il peso di ciascun sindacato. Finisce quel gioco su chi è più forte, chi meno. Ciascuno si assume le proprie responsabilità.
Siete spaventati dei risultati di questi conteggi?
No, perché conosciamo i nostri numeri. Credo che potrebbero uscire delle sorprese dal mix tra gli iscritti e i voti. E per questo serriamo le fila. Se finora qualcuno, anche noi, è vissuto di luce riflessa, da oggi deve far conto solo sulla propria forza.
Con questo accordo passa il principio di maggioranza. Sembra una banalità, ma adesso chi ha la maggioranza vince, mentre non era sempre così nel mondo del lavoro.
Per questo l’accordo è importante, perché cambia le carte in tavola. La cosa più rilevante è che adesso un accordo che passa al vaglio dei lavoratori ed è approvato non è più l’accordo di un sindacato, è l’accordo dei lavoratori.
Sarà tutto più semplice?
Sì, perché una volta che c’è un sì o un no tutti sono con le spalle al muro. E cresce la responsabilità di chi tratta.
Ma se la parte più antagonista del sindacato diventa maggioranza, questo non è un pericolo?
Chi va in maggioranza ha ragione, bisogna rispettare la volontà dei lavoratori.
I lavoratori hanno capito la portata di questa trasformazione?
Non credo ancora, ma presto capiranno l’importanza di un accordo che dà loro l’opportunità di scegliere. Diventeranno artefici di loro stessi. Non potranno più dire che il sindacato ha sbagliato, saranno loro a scegliere.
Le relazioni industriali miglioreranno?
Sì, perché i sindacati, le aziende, le associazioni datoriali, tutti dovranno badare a fare accordi che piacciano ai lavoratori. E non tutti gli accordi firmati dal sindacato sono piaciuti ai lavoratori. Ci saranno più responsabilità per tutti.
Non c’è pericolo che così venga meno l’azione di filtro che il sindacato ha sempre svolto nei confronti dei lavoratori?
No, perché saranno sempre i sindacalisti a fare gli accordi e a spiegarli ai lavoratori in assemblea. Saranno loro a far capire ai lavoratori che l’accordo che gli propongono è conveniente. Servirà però più professionalità dei lavoratori e nelle Rsu, più capacità di interloquire con i lavoratori. Diciamo che questo accordo avvicinerà il sindacato ai lavoratori.
Sindacato che si è allontanato dai lavoratori.
E’ un dato di fatto. Io l’ho sempre predicato, il sindacato deve stare in mezzo ai lavoratori, ma non è sempre stato così. Si è rotto il contatto sindacato-sindacalisti-lavoratori.
Lo hai predicato o lo hai praticato?
L’ho detto e ho cercato di farlo. Non è un caso se non mi sono mai preoccupato di andare in tv o sulle pagine dei grandi giornali, mentre sono sempre stato attento a parlare ai piccoli giornali locali, quelli che i lavoratori comprano e leggono. Lì si può spiegare la politica del sindacato per i territori. Dobbiamo capire tutti che adesso contano i lavoratori, non il vertice del sindacato.
Questo comporterà degli interventi sulla struttura del sindacato? Un rafforzamento delle strutture di base?
Penso proprio di sì, almeno per quanto ci riguarda. Il nostro sindacato diventerà sempre più territorio-centrico e sempre meno Roma-centrico.
Che giudizio dà l’Ugl del governo Letta?
Quando è stato votato abbiamo espresso un giudizio positivo. C’erano più giovani, più facce nuove. Con Monti e la Fornero il sindacato era costretto a fare il notaio, questo governo ascolta i sindacati. Certo, per una valutazione compiuta sarà necessario attendere qualche mese e vedere se le piccole riforme possano alla fine essere portatrici di cambiamenti reali per tutti. Per ora gli crediamo, nel pieno di una crisi gravissima ha cominciato a fare qualcosa. Speriamo che non sia solo un inizio e poi cambi.
Certo, i problemi con i quali si confronta sono molto gravi.
C’è il rischio si disintegri tutta l’economia, che non esca più da questa crisi. Per questo c’è il bisogno di veri provvedimenti sul lavoro. Per tentare di invertire il senso del’economia è necessario ridare un po’ di liquidità ai lavoratori, perché riprenda il consumo interno e a catena riprenda fiato la produzione e si torni ad assumere. Per questo chiediamo una riforma fiscale vera, che tenga conto del quoziente familiare e preveda aggiustamenti in corso d’opera. Se non riusciremo a mettere più soldi nelle tasche dei lavoratori non avremo mai grandi risultati.
Cosa pensa dell’abitudine dei governi che arrivano di cambiare sempre tutto quello che ha fatto l’esecutivo che sostituiscono?
Non ha senso agire così. Va detto però che le riforme Fornero vanno indubbiamente cambiate. Hanno reso più difficile assumere e più facile licenziare. Anche per questo abbiamo tanta disoccupazione. E poi gli errori, come quello degli esodati, o dei salvaguardati, come si preferisce chiamarli oggi. Quindi va bene cambiare quelle riforme, ma salvaguardando sempre cosa in esse c’è di buono. Gettare via tutto mi sembra un errore.
Gli imprenditori hanno forti responsabilità in questa difficile crisi?
L’80% direi di no, hanno cercato di fare il possibile per salvaguardare la produzione e l’occupazione. Forse un 15-20% non ha sentito fortemente questa esigenza. Ma nel pieno di una crisi così profonda non è facile reggere.
E’ credibile la Confindustria quando lancia ancora una volta l’appello per un patto tra produttori?
Non sono masochisti, penso abbiano tutto l’interesse a proporre una cosa che funziona. Bisognerà vedere cosa intendono fare.
Vi è piaciuto il protocollo della Finmeccanica sulla partecipazione?
La partecipazione è nel nostro dna, come lo era ai tempi della Cisnal. Ma bisogna fare molto di più, soprattutto strutturare con delle leggi la realtà della partecipazione.
Ma ci sono fortissime resistenze.
Purtroppo non a tutti piace. Speriamo che il protocollo Finmeccanica faccia scuola.
Massimo Mascini