Dall’inizio della crisi a oggi il fatturato del mercato immobiliare italiano risulta dimezzato. Dopo aver conosciuto un decennio “ruggente” (1997-2007), con la crisi il mercato immobiliare si è letteralmente dimezzato. Nel settore residenziale si è passati dalle 807mila abitazioni compravendute nel 2007 alle 403mila del 2013, tornando al volume di scambi del 1984: un arretramento di trent’anni. È quanto emerge da un dossier di analisi di Rur e Censis.
Nonostante alcuni segnali positivi, la previsione del Censis è che per il 2014 ci possa essere solo un modesto segnale di inversione di tendenza nel mercato immobiliare, con un volume di compravendite stimabile in circa 419mila unità a fine anno, cioè un valore appena superiore a quello registrato nel 2013. Quest’anno va considerato di transizione.
Anche nel confronto con il 2008, il primo anno di forte flessione del mercato residenziale, il calo al 2013 è comunque molto rilevante, con un fatturato che è passato da 112 miliardi di euro ad appena 68 miliardi (-39,7%). Anche gli altri segmenti del mercato non residenziale registrano dinamiche simili: tra il 2008 e il 2013 -50,9% il fatturato per il settore uffici, -55,1% per il settore commerciale (negozi), -50,6% per il mercato dei capannoni industriali.
Il fatturato complessivo del settore immobiliare (residenziale e non residenziale) è diminuito dai 137,3 miliardi di euro del 2008 ai 79,6 miliardi del 2013, con una riduzione di 57,7 miliardi, che equivalgono a tre volte il fatturato della Fiat e a quasi la metà dell’Eni. È come se in questi anni – afferma il Censis – i quattro principali gruppi della grande distribuzione in Italia (Coop, Conad, Selex ed Esselunga) fossero scomparsi.
Lo smottamento verso il basso si sta fermando, ma il mercato non ha ancora la forza di risalire, osserva il Censis. La possibile inversione di tendenza non è prevedibile possa avvenire prima della metà del 2015. Tra i fattori positivi si segnalano un incremento nell’erogazione dei mutui, che a luglio2014 ha riguardato 118mila famiglie rispetto alle 90mila dell’anno precedente, e i provvedimenti di incentivo dello Sblocca Italia, che però avranno effetto dal prossimo anno.
Sul lato negativo “ci sono la mazzata autunnale di tasse sulla casa (Imu, Tari e Tasi) e soprattutto la riduzione del reddito disponibile delle famiglie (-9,8% dal 2008), che continua a determinare una debolezza della domanda solvibile”, sottolinea il Censis.
Un andamento analogo ha riguardato gli investimenti, passati in Italia dai 174 miliardi di euro del 2007 ai 142 miliardi del 2013, con una caduta in termini reali del 28,7%.
Ciò spiega la grave crisi delle imprese edilizie strutturate e dell’occupazione regolare, e al contrario la crescita del sommerso. Secondo un’indagine del Censis condotta a marzo 2014, 1,7 milioni di famiglie avevano effettuato lavori di ristrutturazione della propria abitazione nell’anno precedente, ma ben 4,5 milioni, pur avendoli programmati, li avevano rinviati a un periodo successivo.
Dal dossier di analisi di Rur e Censis emerge anche che il panorama delle città italiane registra differenti livelli di efficienza amministrativa. Milano, con una media di 151 giorni necessari per ottenere le autorizzazioni per realizzare un piccolo intervento edilizio, risulta la città più rapida, seguita da Bologna (160 giorni) e Torino (198 giorni). All’estremo opposto si collocano Palermo (316 giorni, cioè circa 3 mesi in più di Milano), Napoli e Cagliari (252 giorni).
“La situazione in Italia è diventata paradossale. In una fase di profonda crisi dell`economia immobiliare e dell`industria delle costruzioni, calano gli investimenti pubblici e privati. I primi a causa dei tagli al bilancio statale, i secondi per ragioni di mercato e di credito”, ha detto Giuseppe Roma, Direttore Generale del Censis e Segretario Generale della Rur. “Ove, però, gli investitori fossero interessati a trasformare immobili esistenti, valorizzare il patrimonio demaniale, riqualificare ambiti urbani o realizzare nuove strutture, la barriera più difficile da superare è proprio l`atteggiamento inquisitorio delle autorità pubbliche, la non chiarezza delle regole del gioco, i continui aggiustamenti richiesti da una pletora di soggetti, detentori di piccoli o grandi poteri autorizzativi”, ha concluso Roma.
F.P.