Ripresa e occupazione. Sono questi i due temi ai quali guarda il segretario generale della Cisl Basilicata, Vincenzo Cavallo, ancora non presenti nella sua regione. Il Pnrr, spiega, è l’ultima chance per dare ai giovani un futuro diverso. Sul settore dell’auto, centrale per l’occupazione lucana, pesa la crisi globale dei semiconduttori, e quello estrattivo, dal quale proviene il 90% del petrolio nostrano, ancora non ha portato benefici economici e sociali sul territorio.
Segretario Cavallo come procede la ripresa post covid in Basilicata?
In Basilicata la ripresa stenta ancora a vedersi. I dati per l’Italia parlano di una crescita del PIL pari al 6%, tuttavia nella nostra regione ancora non possiamo registrare una situazione idilliaca. La nostra economia ha ancora diverse difficoltà.
Il settore automobilistico ha risentito molto della pandemia. Adesso sembra che la domanda sia in forte ripresa, ma il comparto si trova a dover affrontare la sfida della transizione verde. Nel suo territorio l’industria automobilistica è essenziale per l’occupazione. Quale è lo stato di salute di Stellantis?
Stellantis in Basilicata impiega più di 14mila addetti, distribuiti equamente tra lavoratori diretti e indotto. Purtroppo questo settore produttivo risente della crisi mondiale dei semiconduttori ed è per questo che a settembre abbiamo registrato unicamente cinque giornate lavorative e a ottobre sei. Soltanto con il mese di novembre l’attività è ripresa realmente. Temiamo che la mancanza dei semiconduttori a livello mondiale generi anche difficoltà in altri settori. Sul versante della transizione ecologica, sappiamo bene che non sarà a costo zero, sotto vari punti di vista. Lo stabilimento Stellantis di Melfi, che è il più grande d’Italia, ha già intrapreso la strada della produzione delle auto elettriche. Nei prossimi mesi saranno prodotte ben quattro tipologie di autovetture elettriche. Tuttavia la produzione è ferma per la mancanza dei semiconduttori, nonostante la grande richiesta del mercato. Attualmente manca soltanto il prodotto finale da vendere, lo stabilimento di Melfi è già proiettato nel futuro dell’elettrico.
Un altro settore fondamentale per il territorio è quello del comparto estrattivo, come è la situazione oggi?
La Basilicata produce il 90% del petrolio italiano, sul nostro territorio sono attive due compagnie: Eni, ormai da decenni, e, da due anni, anche Total. I due pozzi stanno lavorando, anche se non ancora a pieno regime, quindi il problema dell’estrazione non sussiste. In questa fase ci stiamo confrontando con le due aziende sulla trasparenza: le royalty dell’attività estrattiva non sono state finalizzate dalla Regione per lo sviluppo del territorio. Secondo noi questa è una grave carenza perché il petrolio non ha generato un incremento di benessere o di occupazione da noi. Recentemente l’azienda Total ha avviato una serie di audizioni per monitorare le esigenze della collettività sul territorio: la Cisl ha chiesto di intervenire in infrastrutture e altre attività produttive perché ormai la Basilicata è scesa sotto i 600mila abitanti, l’entroterra si sta sempre più spopolando.
Anche la Basilicata non è immune alla grande tragedia delle morti sul lavoro. Cosa serve per fermare questo macabro conteggio quotidiano?
La Basilicata ha pagato un prezzo enorme per quanto riguarda le morti sui luoghi di lavoro. Per la Cisl questa tema è ormai diventato un cavallo di battaglia. Secondo noi è necessario avere più controlli nelle imprese che sono possibili soltanto con più assunzioni nella pubblica amministrazione. Infatti in tutta Italia abbiamo un numero troppo esiguo di ispettori del lavoro ma loro sono gli unici che possono esercitare pressione sulle aziende. Basti pensare adesso ai numerosissimi cantieri edili aperti grazie all’ecobonus del 110%, gli ispettori non riescono a controllarli perché non sono in numero adeguato.
Come sono i rapporti del sindacato con le istituzioni regionali?
Dobbiamo sottolineare una notevole difficoltà ad interfacciarci con il nostro sistema politico regionale. Questa estate il sindacato, unitariamente, ha presentato un documento di proposte per uscire dalla crisi provocata dalla pandemia. Il presidente di regione Vito Bardi ha pubblicamente plaudito il documento, promettendo un confronto rapido ma, ad oggi, non abbiamo ancora avuto nessun incontro. Addirittura nella settimana appena passata la regione aveva chiesto di ricevere via email proposte da utilizzare per il piano di sviluppo regionale, tutte le sigle si sono unite rifiutando questa modalità di interlocuzione per temi così importanti e, insieme, siamo riusciti ad ottenere un incontro per il 3 dicembre.
Invece il confronto sull’utilizzo dei fondi del PNRR procede diversamente?
No, noi non sappiamo quali i progetti la regione Basilicata ha deciso di presentare per il PNRR. Appena pochi giorni fa il sindaco e senatore Gianni Pittella ha organizzato un incontro con una delegazione di suoi colleghi senatori PD e le sigle sindacali: in questo incontro è emerso che sempre più spesso e sempre più diffusamente i politici regionali non instaurano alcun dialogo con le parti sociali sul territorio. Ciò è molto grave poiché avviene in questo momento in cui ci giochiamo il futuro dell’Italia ed è ancor più inaccettabile che avvenga in Basilicata. Il PNRR rappresenta per noi “l’ultimo treno”, la classe politica non può e non deve fallire: questa opportunità è l’unica speranza per il futuro dei nostri giovani. Questo è un momento delicato e nella nostra regione è necessario instaurare un dialogo anche su questi temi. La regione pubblica comunicati stampa sul PNRR ma noi sindacati non abbiamo mai visto niente per giudicare i suoi progetti nel merito. Ciò è inaccettabile.
Quali sono le riforme più urgenti delle quali ha bisogno la Basilicata?
Il nostro territorio chiede, sperando che la ripresa sia lunga e duratura, occupazione. La mancanza di lavoro provoca uno svuotamento del territorio: i giovani e gli studenti abbandonano i loro centri per essere in grado di crearsi una famiglia. Alla Basilicata, come a tutto il sud, serve lavoro, che è l’unico argine allo spopolamento. Un altro tema che riguarda tutti i cittadini è quello della riforma delle pensioni: è sicuramente un argomento che interessa anche le nuove generazioni perché se non riusciamo a far andare in pensione i lavoratori a 62 anni, i giovani non riusciranno mai a entrare nel mondo del lavoro. Anche la riforma del fisco interessa tutti perché sono tutti consapevoli che con stipendi più forti avremmo tutti dei vantaggi immediati.
Cosa pensa della legge di Bilancio in via di approvazione?
Il problema è che i sindacati hanno difficoltà a far passare le loro richieste. Non possiamo essere convocati ai tavoli dal ministro Franco senza che ci venga dato alcun documento né la possibilità di modificare il testo in via di approvazione. Per questo motivo i sindacati hanno confermato le manifestazioni unitarie contro la legge di bilancio, in Basilicata è indetta per sabato 4 dicembre. Dopo questo incontro fallimentare le manifestazioni saranno ancora più forti per far sentire le soluzioni proposte anche dai sindacati. Abbiamo varie idee, ad esempio sulla sanità sappiamo che sono state stanziate risorse sulla non autosufficienza ma il problema è a livello regionale: secondo noi serve una sanità di prossimità, una sanità vicina ai territori, non ci servono maxi ospedali. Con l’inizio della pandemia abbiamo visto che il sistema sanitario ha subito tagli per troppi anni, oggi non abbiamo strutture adeguate e non abbiamo un numero sufficiente di personale. Se la curva dei contagi tornasse nuovamente a crescere non saremmo pronti, di nuovo. Non ci basta sapere che sono state destinate risorse, vogliamo anche capire come saranno utilizzate.
Per concludere cosa vorrebbe dire al ministro Orlando in tema di salario minimo?
Vorrei dire al ministro che non ci serve il salario minimo. Infatti in Italia esiste la contrattazione che riesce a garantire a tutti i lavoratori un minimo salariale. Eventualmente potremmo pensare a un salario minimo per legge nelle pochissime realtà e zone d’ombra dove il contratto collettivo non esiste ma nel nostro Paese questi sono casi sporadici. Secondo me il salario minimo svuota il ruolo delle parti sociali. Ciò che noi chiediamo con forza è l’eliminazione dei contratti non siglati dai sindacati più rappresentativi, i famosi “contratti gialli” sottoscritti dalle imprese con qualche piccola sigla e basta. La strada da mantenere è quella della contrattazione nazionale e di secondo livello.
Eleonora Terrosi