Dopo il terremoto causato da un intervento a gamba tesa dal presidente dell’Anac, Raffaele Cantone, i fondi interprofessionali avevano sospeso le loro attività non sapendo bene come doversi muovere. Una circolare del ministero del Lavoro ha sciolto alcuni dubbi, chiarendo che le decisioni di finanziamento dei corsi di formazione non sono soggette al codice degli appalti pubblici, né alla supervisone dell’Anac. L’attività di formazione riprende così, un po’ faticosamente però perché non tutto è stato chiarito. Non si sa bene quali siano i comportamenti più corretti e per questo servirebbe una nuova circolare ministeriale, se non una vera e propria legge.
Paolo Carcassi, vicepresidente di Fondinpresa, il fondo più importante e rappresentativo, non ha dubbi al riguardo e invoca un intervento del legislatore che chiarisca tutto fino in fondo. Ma allo stesso tempo non perde occasione per sottolineare l’improprietà delle decurtazioni dei fondi ad opera del governo, che da quest’anno sono strutturali e pari a ben 120 milioni di euro. In questa situazione, dice Carcassi con polemica, lo 0,30% della massa salariale, che era stato dedicato alla formazione è diventato un più modesto 0,24%. A tutto danno delle politiche attive del lavoro, pure uno dei pilastri della politica del governo Renzi nel campo del lavoro.
Carcassi, i fondi interprofessionali stanno riprendendo la loro normale attività?
Sì, lo stanno facendo. La nota di gennaio di Raffaele Cantone, il presidente dell’Anac, a governo e fondi interprofessionali aveva creato grandi problemi, soprattutto aveva determinato una profonda incertezza sui comportamenti. Non sapendo bene come muoversi, i fondi avevano sospeso la normale attività attendendo di capire quali fossero le più giuste modalità di attività.
Cosa è successo nel frattempo?
Le parti sociali si sono rivolte al governo perché, così come recita la legge, desse indicazioni sui comportamenti, indirizzando così il funzionamento dei fondi.
Il governo ha risposto in maniera positiva?
Sì, dopo un incontro che abbiamo avuto al ministero del Lavoro è stata emanata una circolare che ha fornito le istruzioni operative che servivano. E questo ha consentito la ripresa dell’operatività dei fondi.
La circolare ha precisato quale sia la natura dei fondi?
Ha ribadito che si tratta di soggetti di diritto privato, ma, sulla base delle posizioni dell’Anac, ha confermato che nell’affidamento di beni e servizi si configurano come organismi di diritto pubblico, come tali soggetti al codice degli appalti pubblici e alla supervisione dell’Anac.
Le aziende adesso possono attingere liberamente ai loro conti formazione?
Il ministero è stato chiaro affermando che la formazione non è un corrispettivo o un servizio prestato, bensì un finanziamento, in quanto tale al di fuori dal concetto di appalti pubblici e quindi non soggetto al codice degli appalti pubblici, né alla supervisione dell’Anac.
Questo anche per i bandi dei fondi?
Sì, vale per tutte e due le diverse fattispecie, quelle del conto individuale aziendale, e quelle dei conti di sistemi, i bandi emessi dai fondi. Tutti e due non devono rispondere ai criteri del codice degli appalti. Devono, questo sì, rispettare le esigenze di trasparenza.
Quale deve essere la prossima mossa?
Ora c’è la necessità assoluta che questi elementi vengano specificati, che si chiariscano i criteri attraverso i quali è corretto muoversi, sia per quanto si riferisce ai conti formazione, sia per i bandi e gli avvisi, cosicché i fondi possano adeguare i loro comportamenti.
Come è possibile definire questi criteri?
Il funzionamento dei fondi in questi anni è stato determinato dalle disposizioni di una circolare ministeriale emanata nella fase dello start up, nei primi anni 2000. Adesso quelle disposizioni devono essere rielaborate alla luce del decreto delegato del Jobs Act che ha trattato dei fondi e dell’ultima circolare ministeriale.
Ma basta una circolare o sarà necessario un intervento legislativo?
Per ora sembra indispensabile una circolare che specifichi i criteri di comportamento. Ma resta sempre il problema di un assetto giuridico, che non è chiaro, per cui ritengo indispensabile valutare l’opportunità di un intervento legislativo che stabilisca questi criteri di comportamento.
C’è il pericolo che in questo modo, in questa incertezza rallenti l’attività dei fondi, proprio adesso che stavano procedendo con forza?
E’ quasi un anno che viviamo nell’incertezza e questo non ha certamente contribuito a rafforzare l’attività dei fondi. Per questo diciamo che servono punti di riferimento certi, che si debbono riscrivere i criteri di funzionamento: per riprendere la crescita che, nonostante la decurtazione dei fondi ad opera dei governi, è proseguita ininterrottamente.
Sono state forti le decurtazioni?
fortissime, abbiamo perso 478 milioni di euro in quattro anni. E adesso è stato stabilito che la trattativa sarà fissa, pari a 120 milioni di euro. Per cui possiamo dire che non esiste più quello 0,30% della massa salariale che si decise di destinare alla formazione. Adesso resta solo lo 0,24%.
Quindi meno risorse per la formazione.
Certo, quei soldi vanno adesso nelle casse dello Stato.
Ma in questo modo non cade anche la forza della politica attiva del lavoro, punto di forza del governo Renzi?
Sì, la formazione è e deve essere uno dei cardini delle politiche attive del lavoro e i fondi proprio per questo potrebbero svolgere attività importanti. In questi anni abbiamo distribuito centinaia di migliaia di euro a favore della formazione di persone in mobilità o in cassa integrazione e il 55% dei lavoratori interessati a questi corsi ha trovato un nuovo lavoro. il governo ha la responsabilità di dare concretezza a questo pilastro della sua politica del lavoro.
Massimo Mascini