Sono 200mila i lavoratori dipendenti che subiscono situazioni di irregolarità e sfruttamento nel settore agricolo. Nello specifico sono 55mila le lavoratrici potenziali vittime di sfruttamento. È questo un dato che emerge dal VII Rapporto su agromafie e caporalato dell’Osservatorio Placido Rizzotto della Flai-Cgil, presentato a Roma presso il Centro congressi Frentani.
L’analisi dell’Osservatorio della Flai ha sfatato da tempo l’idea che il caporalato sia una piaga che colpisce esclusivamente i lavoratori stranieri. Le barriere linguistiche, la situazione di illegalità nella quale versano sono elementi che accrescono la loro esposizione a forme di sfruttamento, ma il 30% delle vittime di caporalato sono cittadini italiani o residenti nell’Unione europea. Lo sfruttamento delle lavoratrici, inoltre, tiene insieme tante forme di discriminazione: di genere, sessuale ed etnica. Per le donne il caporalato ha una presenza ancor più invasiva rispetto agli uomini. La paga, infatti, è il 20-30% in meno. Viene azzerato il tempo di cura, e viene cancellato il diritto di accedere ai servizi di cura riproduttiva.
Un ulteriore stereotipo che il Rapporto smentisci è l’idea che la geografica del caporalato interessi esclusivamente il su. Il testo analizza, infatti, quattro regioni: Calabria, Basilicata, Piemonte e Trentino Alto Adige. Nella zona del crotonese i dati presentati dalla Flai parlano di 11-12mila lavoratori impiegati in modo non standard, ossia con forme di lavoro grigio o nero. In questo numero vanno considerati i 4/5 mila addetti stranieri che arrivano quando ci sono lavorazioni, come le raccolte, che richiedono dei picchi di forza lavoro. In Basilicata i dati parlano di 5mila persone residenti in regione sfruttate, alle quale si aggiungono 5/7 mila avventizi e pendolari. Guardando al nord, nel Piemonte sono stati censiti tra gli 8 e i 10mila addetti sfruttati, 2mila dei quali si concentrano nella provincia di Asti. Nelle province di Trento e Bolzano, invece, si stimano 6mila irregolari.
Per quanto riguarda il tasso di irregolarità, i dati del Rapporto Annuale 2023 dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro lo danno al 69,8% in tutti i settori. Nel settore agricolo, su un totale di 3.529 ispezioni concluse, 2.090 hanno rilevato delle irregolarità, pari al 59,2%. Inoltre i controlli compiuti in tre distinte operazioni, il 3 luglio, il 25 luglio e il 10 agosto 2024, dopo la morte si Satnam Singh, ha portato a galla un tasso di irregolarità pari al 66, 57 e 53%.
La piena attuazione della legge 199 del 2016 sul caporalato è un punto imprescindibile per la Flai. Sempre secondo i dati relativi al 2023 dell’INL i casi di caporalato sono statti 2.123 su rispetto alle violazioni accertate che hanno interessato 7.915 lavoratori. In tale quadro si insidia inoltre la criminalità ambientale. Nel 2023 la geografia degli ecocrimini segna un significativo aumento dei reati e degli illeciti amministrativi in tutti i settori dell’agroalimentare (+9,1% rispetto al 2022). Aumentano le sanzioni penali e amministrative (+27,1%), le denunce (+45,7%), gli arresti (+3,9%) e soprattutto i sequestri, più che raddoppiati (+220,9%).
Il Rapporto, infine, denuncia la dimensione endemica del caporalato. In un settore, come quello agricolo, dove c’è una strutturalità del lavoro povero e precario, dove la retribuzione media annuale si aggira sui 6mila euro, è molto più facile per forme di sfruttamento trovare terreno fertile.
Tommaso Nutarelli