Si dice che a decidere il siluramento di Francesco Caio alle Poste sia stata in gran parte la Cisl: sindacato fortissimo nell’azienda pubblica e decisamente in opposizione nei confronti dell’amministratore delegato, cui ha fatto la guerra fin dal primo giorno. Il Diario del Lavoro ha chiesto a Luca Burgalassi, segretario generale del SLP-Cisl, il sindacato dei lavoratoti postali di Via Po, quanto ci sia di vero.
Burgalassi, vi sentite responsabili della mancata conferma di Caio?
Assolutamente no. Abbiamo spesso manifestato le nostre critiche nei confronti dell’Amministratore delegato di Poste. Ma di qui a pensare che siamo noi la causa del cambio di vertice deciso dal governo, ce ne corre. Ci fate piu’ potenti di quanto siamo.
Però le vostre critiche avranno pur avuto un peso, nelle decisioni, o no? il vostro sindacato alle Poste ha una potenza di fuoco non indifferente.
Vero, abbiamo la maggioranza assoluta degli iscritti, e la nostra opinione su Caio era nota a tutti. Ma il governo, nelle sue decisioni e’ sovrano. Noi ci siamo limitati a esprimere le nostre critiche, e lo abbiamo fatto fin dall’inizio del mandato di Caio. A differenza di altri: per esempio Cgil e Uil, che ancora il giorno prima delle nomine sconsigliavano il cambio ai vertici dell’azienda.
Caio l’avete criticato fin dall’inizio, lei dice. Non sa un po’ di pregiudizio?
Ma no, anzi: all’inizio abbiamo cercato di interagire con il nuovo amministratore delegato, di mettere in piedi un quadro di normali rapporti sindacali, come ce n’erano sempre stati in precedenza. Ci abbiamo provato, ma l’azienda non ha dato risposta positiva, non c’e’ mai stato un interesse al confronto, ci si vedeva al massimo una due volte l’anno, riunioni in cui ci ‘’informavano’’ ma non ci ascoltavano.
Quindi la critica è che non dava abbastanza retta al sindacato?
No: la nostra è una critica complessiva. Che inizia col mandato di Caio, e’ vero, ma per ragioni oggettive. Per dire: perche’ ha varato un piano industriale di 5 anni, quando sapeva che il suo mandato ne durava tre? Ora il suo successore si trova a dover gestire qualcosa deciso da altri, e non mi sembra corretto.
Altre contestazioni?
Parecchie. Intanto, sulla scelta del recapito della posta a giorni alterni: un’ assurdita’ che va contro la natura stessa dell’azienda, e infatti abbiamo indetto uno sciopero proprio contro questa decisione. E ancora: non siamo mai stati d’accordo con la finanziarizzazione che Caio ha voluto imprimere a Poste, con la scelta di puntare sul risparmio gestito e la vendita di prodotti con capitale di rischio, anziché sul tradizionale risparmio sicuro e i prodotti della Cassa depositi e prestiti. Le Poste sono il ‘’materasso’’ degli italiani, che ci mettono con fiducia i loro soldi: cambiare la missione ne avrebbe snaturato la percezione sociale. Senza contare che negli uffici postali le pressioni commerciali avevano raggiunto livelli ì insostenibili per il personale addetto alla vendita di prodotti finanziari, tanto che c’e’ stato chi ha chiesto di cambiare mansione. Il futuro di Poste, secondo noi, non deve guardare alla finanza, ma caso mai alla digitalizzazione. E soprattutto, le Poste devono fare le Poste, mantenere salda la missione per cui sono nate, declinandola con i grandi cambiamenti della nostra epoca. Tutte critiche di sostanza, come vede. Alle quali si aggiunge, certamente, anche la mancanza di buone relazioni sindacali.
Quindi non era questo il punto centrale? il mancato ”ascolto” da parte dell’azienda?
Guardi, Poste e’ stata risanata negli anni col concorso pieno dei lavoratori e dei sindacati. Nella precedente e lunga gestione, sotto la guida di Massimo Sarmi, abbiamo fatto tutti la nostra parte per trasformare un carrozzone in un’azienda moderna e dinamica. Nei tre anni di Caio, invece, c’e’ stata rapidamente un’involuzione: l’azienda ha smesso di puntare sul rapporto corretto col sindacato, e in parallelo c’e’ stato un arretramento sui territori, chiusure di uffici, smantellamenti degli uffici… Non potevamo tacere, le pare?
Eppure, come lei ha osservato, le altre due confederazioni Cgil e Uil non sembrano condividere il vostro giudizio negativo.
Che le devo dire. La Uil non ha nemmeno voluto partecipare allo sciopero. La Cgil ha fatto un certo percorso di lotta con noi, poi ha cambiato idea, dando un giudizio tutto sommato positivo di Caio.
Nei giorni scorsi Susanna Camusso ha manifestato il timore che il cambio di gestione possa sfociare nella privatizzazione di Poste. Lei che ne pensa?
Noi siamo contro la privatizzazione: per sua natura, Poste e’ una azienda che deve garantire il servizio universale, anche se in perdita, e questo fa si che si presti poco al ”mercato”. Ma, dal mio punto di vista, il cambio di Ad segna un rallentamento del processo di privatizzazione, non il contrario: se il governo avesse voluto proseguire, collocando la seconda tranche di Poste sul mercato, credo che avrebbe tenuto Caio. Ma anche nel governo, del resto, non mi pare ci fossero posizioni univoche: c’era quella del ministero dell’Economia, che puntava alla privatizzazione, e quella rappresentata dal sottosegretario allo Sviluppo economico Antonello Giacomelli, sostenuta tra l’altro anche dal Pd, che era di parere opposto, quindi in linea con le nostre opinioni. Alla luce del cambio di vertice, mi auguro che l’ipotesi privatizzazione sia archiviata
Nunzia Penelope