Parodiando all’incontrario Gabriel Garcia Marquez potremmo intitolare questa storia ‘’Cronaca di una sconfitta inattesa’’. Ma procediamo con ordine, perché di sorprese ne incontreremo tante. Iniziamo dal contesto con una scheda.
COESIA è un Gruppo di aziende di soluzioni industriali e di packaging, basato sull’innovazione e che opera globalmente, con sede a Bologna, Italia. Azionista unico è Isabella Seragnoli, imprenditrice ‘’illuminata’’ presente nella vita cittadina con iniziative culturali riguardanti la storia dello sviluppo industriale. Le aziende del Gruppo Coesia sono leader internazionali nei segmenti: Macchine automatiche e materiali di imballaggio, Soluzioni di processo industriale, Ingranaggi di precisione. Il gruppo è composto da 18 aziende: ACMA, CERULEAN, CIMA, CITUS KALIX, EMMECI, FLEXLINK, G.D, GDM, GF, HAPA, IPI, MGS, MOLINS, NORDEN, R.A JONES, SACMO, SASIB, VOLPAK. Ha 97 unità operative (57 delle quali sono impianti produttivi) in 32 paesi, un fatturato atteso nel 2017 di circa 1.600 milioni di euro e circa 6.800 collaboratori.
Il fiore all’occhiello e capostipite del gruppo è la Gd, impresa leader internazionale nelle macchine automatiche per la lavorazione del tabacco, con 1.800 dipendenti (l’azienda metalmeccanica più grande di Bologna). La Gd si caratterizza per molte specificità: non ha mai attraversato fasi di crisi che l’hanno indotta a fare uso di ammortizzatori sociali, ha dato vita ad un welfare aziendale molto ricco, ha sempre potuto disporre (grazie al primato dei suoi prodotti sui mercati mondiali) di significative risorse da distribuire al personale. La Fiom è stato da sempre non solo il primo sindacato per numero di iscritti e di suffragi nelle elezioni interne, ma ha svolto un ruolo assolutamente egemone tanto da ottenere dall’azienda il riconoscimento di una procedura che, nel caso di piattaforme rivendicative aziendali separate, farebbe, nei fatti, partire in negoziato sulla base del suo carnet.
All’inizio di ottobre alla Gd, le tre federazioni di categoria hanno sottoscritto con la direzione aziendale l’accordo di rinnovo del contratto aziendale. I sindacalisti si leccano le dita della mano con cui avevano tenuto in mano la penna, mentre i commentatori si chiedono se la Gd non sia una ‘’zona liberata’’. Non sanno che in Emilia Romagna, non sono ‘’gialle’’ le organizzazioni sindacali ma le imprese e le loro rappresentanze, nel senso che fanno sempre di tutto pur di andare d’accordo con la Fiom. Vediamo i contenuti di questo accordo. La parte più innovativa e sperimentale è quella che riguarda gli orari di lavoro. Prevede che all’interno della fascia quotidiana di attività, dalle 7 alle 19, sia il dipendente a scegliere come organizzare le otto ore canoniche di turno, con 45 minuti di pausa pranzo. Ogni lavoratore, su base volontaria e con un periodo di sperimentazione che durerà 6-8 mesi prima che il sistema diventi definitivo, potrà infatti decidere se entrare subito e uscire prima o, viceversa, entrare più tardi magari per accompagnare i figli a scuola e poi trattenersi più a lungo sul posto di lavoro, così come spezzare diversamente mattina e pomeriggio. Esclusi gli operai impiegati nei turni. Inoltre, nel testo sono previsti progetti di alternanza scuola-lavoro, future sperimentazioni sullo smart working, un occhio di riguardo alla formazione con tutor esperti che insegnino ai più giovani e un intero capitolo su Industria 4.0, con tavoli di confronto periodico coi sindacati per discutere preventivamente delle ricadute delle trasformazioni tecnologiche introdotte. Ma ci sono anche più diritti individuali e un sistema di diritto allo studio per i dipendenti. Ricca la parte economica, con premi di risultato che aumentano tra 2018 e 2021 da 2.900 a 3.100 euro (in sostanza fino a 12mila euro in quattro anni), un’una tantum da 800 euro e rivalutazioni dell’8% per i lavoratori trasferisti.
Si va al referendum tra i lavoratori dopo le assemblee di illustrazione. E qui arriva la prima sorpresa. L’accordo passa di strettissima misura (per una trentina di viti in più: nel 2012 il precedente era stato approvato dal 94%). Stupore e grida d’allarme. Si pensa ad una sbandata dovuta all’azione di un ex dirigente Fiom, avversario di Maurizio Landini e perciò uscito dalla Fiom, che ha fondato la USB (unione sindacale di base). Con l’obiettivo e la speranza di recuperare si va alle elezioni della Rsu. E’ qui crolla il mondo.
Dalle urne esplodono come una bomba i seguenti esiti: su 1.246 voti validi la USB, che non era mai stata presente, ne ha ottenuti 547, la Fiom 467 (la volta scorsa furono 774 su 993). Alla Fim sono andati 137 voti e 95 alla Uilm. Questi risultati modesti – ma pur sempre in lieve aumento – delle altre due federazioni (comunque largamente minoritarie) dimostrano che la crisi è tutta all’interno della Fiom che era il sindacato largamente egemone. Ed esplode all’indomani di un accordo aziendale di tutto rispetto che, nel referendum, aveva già evidenziato robusti segnali malpancisti, ancorchè incomprensibili e non motivati, se non per insussistenti ragioni di metodo.
Come si spiega questa débacle, improvvisa, inaspettata e ribadita in forma ancora più netta nel giro di poche settimane? Il contratto aziendale approvato a fatica, l’ingresso trionfale dell’USB nella fabbrica più ‘’fiommina’’ Bologna. Su 36 delegati 16 vanno al sindacato di base. A questo punto per fare maggioranza la Fiom ha bisogno dei sette delegati (4 + 3) di Fim e Uilm, quando era abituata, da decenni, a fare da sé. Mentre, stavolta, la Fiom ha eletto 13 delegati su 36 (col 37% dei voti).
Il comunicato della Fiom territoriale è lo specchio di un’organizzazione che ha preso due sganassoni nel giro di pochi giorni senza sapere il perché e senza farsene una ragione. ‘’ Il clima degli ultimi giorni è stato la diretta conseguenza di quanto si è vissuto in G.D nei giorni del voto sul recente Accordo aziendale, un voto che ha consegnato una fabbrica spaccata, e che ha registrato un elevato livello di dissenso. Abbiamo visto un tentativo di attaccare il sindacato confederale e i suoi delegati. Quel clima ha prodotto una forma di vero e proprio “populismo sindacale” che si è tradotto anche nel voto per la RSU. …… E’ evidente – aggiunge il comunicato – che c’è un rapporto con i lavoratori da ricostruire e questo sarà il primo dei nostri compiti ed impegni. Indubbiamente si tratta di una sconfitta’’. Se ne sono accorti anche loro.
Già il ‘’populismo sindacale’’. Chi lo insegue, e la Cgil e la Fiom lo hanno fatto per anni – magari con più rigore e competenza dei demagoghi da strapazzo – prima o poi finisce per trovarselo tra le lenzuola. L’exploit della USB (che inneggia ad una vittoria della democrazia) ricorda, sul piano politico, quello del M5S. Che ci siano delle analogie e dei collegamenti? Certo, se è politicamente corretto sparare sul quartier generale, se è questa la linea di condotta dominante, vezzeggiata dai talk show, non c’è da stupirsi della sconfitta alla Gd, dove, il quartier generale era saldamente presidiato dalla Fiom.