Non ha mai avuto problemi a dire cosa pensa, Tito Boeri. Anche a costo di farsi dei nemici. Cosi’ e’ andata anche stamane, nella presentazione della relazione annuale sull’attivita’ dell’Inps. Una relazione ricca di proposte per ridisegnare il welfare: salario minimo, fiscalizzare parte dei contributi previdenziali all`inizio delle carriere lavorative, introdurre un`assicurazione salariale e ripensare la struttura delle retribuzioni per orientare la mobilità dei lavoratori verso i posti con più elevata produttività e prospettiva di crescita. Tutto quanto e’ necessario, insomma, per trasformare l’Inps in un vero centro per la protezione sociale, a tutto campo.
Nel contempo, pero’, Boeri non ha mancato di prendere di petto i sindacati. Avvertendoli, per esempio, che il tasso di adesione a Cgil, Cisl e Uil potrebbe essere molto piu’ basso di quanto si crede: “I dati sulle iscrizioni ai sindacati –ha affermato – sono già oggi in possesso dell`Inps, limitatamente alle imprese più grandi e maggiormente sindacalizzate, che fanno capo a Confindustria. Questi dati ci dicono che i tassi di sindacalizzazione in Italia potrebbero essere molto più bassi di quanto comunemente si ritiene: in queste imprese siamo attorno al 25%, molto meno del 40% riportato dall`Ocse, sulla base di segnalazioni degli stessi sindacati”. Boeri si riferisce ai dati raccolti in base all’intesa sulla rappresentanza firmata da sindacati e Confindustria del 2013, che avrebbe dovuto dare conto di ‘’chi rappresenta chi’’. Tuttavia, nessuna cifra, a quattro anni di distanza, e’ stata ancora resa nota.
Secondo Boeri, dal momento che il Governo, in accordo coi sindacati, ha deciso di investire più risorse nel welfare aziendale, soggetto alla contrattazione collettiva aziendale, è “fondamentale avere oggi più trasparenza, più informazioni sulle rappresentatività dei sindacati e delle associazioni di categoria e sui luoghi della contrattazione aziendale. E` una questione di democrazia: dobbiamo sapere chi può accedere al welfare aziendale e chi no”. Per questo, Boeri annuncia che l’Inps e’ disponibile a raccogliere anche i dati sulle elezioni delle Rsu, utili a completare le misure di rappresentanza definite nell`accordo del 2013.
Quanto alle polemiche specifiche nei confronti dei sindacati, nel mirino di Boeri ci sono innanzi tutto le campagne anti-voucher della Cgil, che hanno “deformato’’ la realtà, trasformando “un tema minimale in termini di grandezze economiche” (un millesimo dei contributi), in un “tema assai rilevante e acceso di discussione pubblica”. Su 1,8 milioni di lavoratori che hanno riscosso i 130 milioni di voucher l’anno scorso, la media è un importo di 450 euro l’anno, e solo uno su dieci ha superato i 1.500, rivela Boeri.
Sulle pensioni le critiche si estendono anche a Cisl e Uil, che assieme alla Cgil hanno dichiarato la loro contrarietà all’aumento dell’età pensionabile. “Bloccare l`adeguamento dell`età pensionabile agli andamenti demografici –scandisce Boeri- non è affatto una misura a favore dei giovani. Scarica sui nostri figli e sui figli dei nostri figli i costi di questo mancato adeguamento”. E ancora, il presidente Inps difende il jobs act: l’eliminazione dell’art. 18, spiega, non è la causa della ripresa dei licenziamenti, ma anzi ha tolto il tappo che bloccava la crescita dimensionale delle imprese, tanto che le imprese sopra i 15 dipendenti sono salite da 8mila a 12mila. E imprese di maggiori dimensioni “possono garantire più formazione”, elemento cruciale per il sistema italiano che ha il primato nella percentuale di “lavoratori sbagliati al posto sbagliato. Abbiamo il più alto livello di mismatch fra le competenze richieste dalle imprese e quelle offerte dai lavoratori”.
Anche sul salario minimo il presidente dell’Inps e’ critico verso le organizzazioni sindacali: “Oggi, paradossalmente, i maggiori detrattori del salario minimo sono i sindacati. Temono che tolga spazio alla contrattazione collettiva”. Ma non e’ cosi, anzi: col salario minimo, prosegue Boeri, “avremmo il duplice vantaggio di favorire il decentramento della contrattazione e di offrire uno zoccolo retributivo minimo per quel crescente numero di lavoratori che sfugge alle maglie della contrattazione”. E le premesse per introdurlo ci sono già: “di fatto – sottolinea Boeri- il nuovo contratto di prestazione occasionale (quello che ha sostituito i voucher, ndr) in vigore tra qualche giorno, viene a fissare per legge una retribuzione minima oraria (12 euro per il datore di lavoro, 9 al netto dei contributi sociali in tasca al lavoratore) e anche un quantitativo minimo di ore di lavoro da prestare, consentendo peraltro il controllo sulla durata effettiva della prestazione. Di qui il passo è breve per introdurre un salario minimo orario nel nostro ordinamento”.
Boeri tocca anche il sistema degli ammortizzatori sociali, riconoscendo che la riforma del 2015 va nella giusta direzione. La cassa integrazione e i contratti di solidarietà sono strumenti per gestire crisi temporanee” ma “del tutto inadeguati ad affrontare crisi strutturali, perché incoraggiano i lavoratori a rimanere legati a imprese in cui non hanno un futuro e, di fatto, sussidiano aziende che, in molti casi, non sembrano in grado di reggere alle pressioni competitive”.
Quanto al reddito di inserimento da poco varato dal Governo, il presidente Insp riconosce che, almeno questo, è un passo in avanti. Ma, avverte, l’importo è troppo basso: “340 euro quanto la soglia di povertà assoluta è superiore ai 600 euro”.