“I dati Inps ci dicono che gli immigrati regolari versano ogni anno 8 miliardi di contributi sociali e ne ricevono 3 in termini di pensioni e di altre prestazioni sociali. Quindi, con un saldo netto di 5 miliardi per le casse dell’Inps”. Lo ha ribadito il presidente dell’Inps. Tito Boeri, nel corso di un’audizione a Palazzo San Macuto.
“Certo, a fronte di questi contributi netti vi saranno un domani prestazioni – ha proseguito – gli immigrati di oggi faranno parte dei pensionati di domani. Ma è anche vero che in molti casi i contributi previdenziali degli immigrati non si traducono poi in pensioni.”
Boeri sottolinea che secondo i calcoli Inps a oggi gli immigrati “ci hanno regalato circa un punto di Pil di contributi sociali a fronte dei quali non sono state loro erogate delle pensioni. E ogni anno questi contributi a fondo perduto degli immigrati valgono circa 300 milioni di euro di entrate aggiuntive nelle casse dell’Inps”.
Ma l’allarme lanciato da Boeri riguarda in particolare il fatto che l’Italia ha bisogno del contributi degli immigrati regolari per mantenere in equilibrio il sistema pensionistico. “Abbiamo 3 milioni di immigrati regolari che contribuiscono ogni anno alle casse dell’Inps – ha detto – lanciamo questo campanello d’allarme sugli immigrati regolari proprio nel momento in cui l’attenzione dell’opinione pubblica è tutta sugli sbarchi. Obiettivamente, questo problema c’è. Ma credo che chi ha a cuore le prospettive del nostro sistema di protezione sociale non può che lanciare questi campanelli d’allarme”.
“L’emergenza rifugiati e sbarchi non è una cosa di oggi o destinata a risolversi in poco tempo – ha sottolineato il presidente dell’Inps -. E’ uno scenario che avremo di fronte ancora per un tempo non limitato. Il problema dei nostri equilibri va affrontato adesso, le simulazioni lo documentano. Abbiamo bisogno adesso di cominciare a pensare seriamente a questo problema. Purtroppo ci stiamo un po’ condannando a subire i costi dell’immigrazione senza ottenere i benefici”.
Secondo Boeri il “punto centrale” è che, “alla lunga, una situazione in cui c’è la presenza di molte persone in Italia che vorrebbero lavorare regolarmente e che non sono messe in condizione di farlo, è qualcosa destinata a creare una situazione di forte disagio sociale e a rendere più difficile gestire il fenomeno dell’immigrazione”, oltre che “creare problemi anche per i conti pubblici, per i conti previdenziali”.
Inoltre, Boeri precisa che i migranti sono “fortemente sovrarappresentati” nelle categorie degli operai e “questa concentrazione si è rafforzata nel tempo”.
“Sono gli italiani che non fanno più quei lavori – ha proseguito – gli unici settori dove i migranti sono sovrastimati sono costruzione, alberghi e ristorazione. Esiste un gap salariale tra migranti e nativi di circa il 15% a sfavore dei migranti”.
Anche in virtù di ciò, Boeri afferma che “mentre i migranti che entrano nel mercato del lavoro sono nella maggior parte dei casi a bassa qualifica, la quota degli italiani non laureati che sceglie di emigrare per motivi economici è dimezzata tra il 2007 e 2015”.
“Sembra difficile perciò – ha aggiunto – ipotizzare che la fuga dei giovani del nostro Paese possa essere dovuta alla competizione sul mercato del lavoro con gli immigrati”.
Boeri ha poi sottolineato che “i lavoratori immigrati regolarizzati con le sanatorie non hanno sottratto opportunità ai loro colleghi” italiani. “Le analisi evidenziano che la probabilità di separarsi da un’impresa per i colleghi degli emersi è pari al 42% e se il numero di emersi cresce questa probabilità aumenta solo del’1%.”
“L’effetto di spiazzamento – precisa – è dunque molto piccolo e riguarda unicamente i lavoratori con qualifiche basse. Non ci sono invece effetti per i lavoratori più qualificati né in termini di opportunità di impiego né di salario”.