“L’introduzione di quota 100 può portare ad un aumento del debito pensionistico fino a 90 miliardi di euro se la misura diventerà strutturale”. Lo ha detto il presidente dell’Inps, Tito Boeri, nel corso di un’audizione alla Commissione lavoro del Senato sul decretone.
“Il debito implicito del sistema pensionistico è destinato ad aumentare – ha detto – per effetto sia del nuovo canale di uscita anticipata che del congelamento degli adeguamenti della speranza di vita per le pensioni anticipate”.
Boeri avverte che “nel caso in cui le misure non fossero rinnovate al termine del periodo di sperimentazione l’aumento del debito implicito sarebbe di circa 38 miliardi. Se queste misure, invece, diventassero strutturali, l’aumento lieviterebbe a più di 90 miliardi. Il grosso del costo di quota 100 graverà sulle generazioni future”.
Per quanto riguarda il reddito di cittadinanza sarebbe opportuno rinviarlo a quando sarà operativo l’Isee precompilato visto che dagli approfondimenti svolti dall’Inps le dichiarazioni sostitutive per ottenerlo “fortemente sottodichiarano il patrimonio finanziario”.
Secondo Boeri “in assenza di controlli ex-ante sulla veridicità delle autodichiarazioni patrimoniali da parte dei richiedenti il reddito di cittadinanza, si rischia infatti di dover poi, in sede di verifica ex-post, essere chiamati al recupero di somme ingenti da famiglie che non soddisfano i requisiti patrimoniali”.
Dalle simulazioni svolte dall’Inps, con controlli ex ante “si avrebbero circa 100mila nuclei beneficiari in meno e il reddito di cittadinanza costerebbe circa un miliardo in meno di quanto stimato in base alle circostanze attuali”.
Il reddito di cittadinanza “fissa un livello di prestazione molto elevato per un singolo”. Questo “fa pensare che gli effetti di scoraggiamento al lavoro siano rilevanti”.
Secondo i dati Inps, ha riferito Boeri, quasi il 45% dei dipendenti privati del Mezzogiorno ha redditi da lavoro inferiori a quelli garantiti dal reddito di cittadinanza a un individuo che dichiari di avere un reddito pari a zero. Sempre secondo le stime Inps circa il 30% dei percettori del reddito di cittadinanza riceverà un trasferimento uguale o superiore a 9.360 euro netti. Il valore mediano della distribuzione dei trasferimenti è attorno ai 6mila euro.
Il meccanismo del reddito di cittadinanza concentra il beneficio sui single penalizzando i nuclei familiari numerosi “dove si registrano i tassi di povertà più elevati”. “La tipologie di nucleo su cui à concentrato il reddito di cittadinanza” rileva Boeri “è quella dei single che rappresentano più del 55% dei nuclei beneficiari” mentre col Rei erano “solo un quarto”.
Questa concentrazione, prosegue Boeri, è dovuta “alla peculiare scala di equivalenza adottata” che “non trova corrispettivo in alcuna delle scale di equivalenza utilizzate a livello internazionale per graduare i trattamenti assistenziali in base al numero dei componenti il nucleo famigliare, oltre che all’imposizione di un tetto”.
Tutto questo, sottolinea il Presidente dell’Inps, “riduce il beneficio in termini di benessere economico personale per i nuclei con figli o comunque numerosi, quelli dove si registrano i tassi di povertà più elevati”.
Secondo Boeri “il problema è che il reddito di cittadinanza fissa un livello di prestazione molto elevato per un singolo e quindi, per esigenze di contenimento della spesa, adotta scale di equivalenze restrittive ed un tetto molto basso”.
Oltre ad essere penalizzante per le famiglie numerose” il reddito di cittadinanza “in virtù dei requisiti stringenti di residenza che impone può escludere una fetta importante di poveri dal trattamento”.
Una crescita del Pil 2019, ha aggiunto Boeri, limitata allo 0,5% porterebbe “a circa due miliardi in meno di entrate contributive rispetto a quanto preventivato” nel budget dell’Inps che è costruito su una stima di crescita del Pil reale dello 0,9%.
Un aumento del Pil di mezzo punto, secondo Boeri “come quello previsto da Banca d’Italia (prima che l’Istat certificasse il calo dello 0,2% nel quarto trimesre del 2018) o addirittura pari a zero avrebbe un impatto immediato sulle entrate dell’Inps e, in prospettiva, sulle spese per le prestazioni a sostegno del reddito”.
L’Istituto attualmente stima un aumento delle entrate contributive nel 2019 di 3,09 mld ma “una crescita dei contributi in linea con l’andamento del Pil nello scenario, a questo punto relativamente ottimistico, tratteggiato da Banca d’Italia porterebbe a circa due miliardi in meno di entrate contributive rispetto a quanto preventivato”.
TN