“Siamo contrari a derive assistenzialistiche, che negano la dignità del lavoro, e a interventi estemporanei che rischiano di minare la sostenibilità del bilancio pubblico, scaricando sulle generazioni future il peso delle scelte di oggi”. Così il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, in audizione davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato sulla manovra.
Nel mirino della Confindustria c’è, innanzi tutto, il reddito di cittadinanza. Fermo restando l’obbligo alla solidarietà, e la necessità di rimediare alle diseguaglianze, il presidente degli industriali osserva: “Vi invito a riflettere su alcuni dati. In Italia lo stipendio mediano dei giovani under 30 al primo impiego si attesta sugli 830 euro netti al mese: 910 al Nord (820 per i non laureati) e 740 al Sud (700 per i non laureati). È evidente l’effetto spiazzamento di un reddito garantito a 780 euro”. In altre parole, il Rdc renderebbe inutile lavorare.
Per Boccia, invece, “dare centralità al lavoro significa anche incidere in modo energico sui salari netti. Per noi, la strada è di rafforzare in modo significativo, fino a ipotizzarne la totale detassazione e decontribuzione, le agevolazioni sui premi aziendali legati alla contrattazione di secondo livello, valorizzando così lo scambio virtuoso tra incrementi di efficienza in azienda e maggiore remunerazione del lavoro, con benefici per i lavoratori e per le imprese”.
La manovra, per Confindustria, “non contiene misure in grado di concretizzare un’efficace politica per il lavoro. Infatti, si limita a strumenti apprezzabili ma di portata limitata, come il bonus Sud o quello per l’occupazione delle giovani eccellenze, e a un aumento delle risorse per l’apprendistato duale, mentre non incide in modo strutturale sul costo del lavoro e sullo scambio salari-produttività”. La prima, grande sfida del Paese, invece, riguarda proprio il lavoro, ricorda ancora Boccia, soprattutto per i giovani. Ed è per ciò necessaria una “drastica riduzione del cuneo fiscale, a vantaggio anzitutto dei lavoratori più giovani; il potenziamento degli incentivi ai premi aziendali; il rafforzamento della formazione e delle leve utili a coniugare domanda e offerta di lavoro”.
Quanto alle pensioni, il leader di Confindustria mette in guardia dall’affidarsi a ipotetici benefici sull’occupazione derivanti dalla revisione delle regole pensionistiche, in quanto, ha avvertito, sono “tutt’altro che automatici: non siamo riusciti a trovare un’analisi che sostanzi l’ipotesi di una sostituzione 1 a 1 tra giovani e persone più avanti in età”. “Ciò – ha concluso – rende ancor più urgente un vero e proprio piano di inclusione dei giovani nel mondo del lavoro, partendo dalla piena detassazione e decontribuzione per almeno i primi due anni di assunzione a tempo indeterminato”.
Tra le altre critiche mosse alla manovra, c’è la stima sulla crescita del Pil all’1,5%, troppo ‘’ambiziosa’’ secondo Boccia, che ritiene la manovra ‘’insufficiente’’ per realizzare gli obiettivi indicati dal governo: “Se la crescita annunciata non ci sarà- sottolinea- lo sforamento sarà stato fine a sé stesso, con l’aggravante che recherà maggior deficit e, quindi, più debito pubblico, mettendo a rischio la nostra stessa credibilità. La stima della Commissione Europea di un deficit pubblico che cresce, fino a superare il 3% del Pil nel 2020, ci pone su un sentiero pericoloso, che come italiani non meritiamo, dopo gli sforzi di questi anni. È questo il motivo per cui, fin dall’avvio del dibattito sulla manovra, abbiamo continuamente richiamato il governo alla doverosa coerenza sulla questione crescita”, ha aggiunto Boccia.
Per Boccia “occorre anzitutto considerare alcuni dati sull’Italia, che dimostrano come il “cambiamento”, in termini economici, può anche significare “peggioramento”. “La crescita – ha proseguito – si sta assottigliando, seguendo una tendenza avviatasi nella seconda metà del 2017, ma che l’ha portata a fermarsi nel terzo trimestre di quest’anno. Secondo le previsioni di ottobre del nostro Centro Studi, nel 2019 l’aumento del Pil tendenziale, includendo la cancellazione degli aumenti delle imposte indirette, sarà dello 0,9%, in rallentamento rispetto al +1,1% di quest’anno. La commissione europea stima un valore superiore, all’1,2% nel 2019, che è comunque il più basso in Europa. Raggiungere il livello di crescita reale indicato dal Governo richiederebbe un tasso di espansione del Pil, per ciascuno dei quattro trimestri, pari a quello raggiunto dall’Italia soltanto due volte negli ultimi 28 trimestri, nel quarto del 2016 e nel primo del 2017, quando però il contesto era molto diverso da quello attuale, con esportazioni più vivaci e una domanda interna più dinamica”.
Per quanto riguarda gli interventi, le misure contenute nella manovra “avranno un’efficacia limitata. I motivi sono diversi ma il principale è che tali misure sono orientate prevalentemente ai consumi e poco, invece, al sostegno degli investimenti, unici in grado di determinare effetti duraturi sulla dinamica del Pil. Per il 2019, sul totale degli interventi della manovra pari a 41 miliardi, oltre 28 sono destinati ai consumi, con un effetto sul Pil contenuto, specie alla luce della crescente propensione al risparmio che stiamo registrando”, avverte ancora Confindustria.
Infine, da bocciare anche la fkat tax al 15% per le partite Iva: “questa misura – scandisce Boccia- potrebbe aumentare la disparità di trattamento tra contribuenti e disincentivare, in futuro, il lavoro stabile”.
Nunzia Penelope