Nei giorni scorsi la Lactalis ha rotto gli indugi e spiazzato tutti, presentando un’opa totalitaria per rilevare la Parmalat. I sindacati, tuttavia, non sono scontenti, anzi: Tiziana Bocchi, segretario nazionale della Uila, spiega che le organizzazioni dei lavoratori sono interessate a ragionare con il gruppo francese.
Fino a pochi giorni fa, forze politiche e governative chiedevano a gran voce che l’azienda restasse italiana. Cosa è cambiato?
Noi, come Uila, non abbiamo mai sostenuto che il modo migliore per garantire l’italianità dell’azienda fosse quello di conservare per forza una proprietà tricolore. Inoltre, come si è visto,in questi anni nessuna azienda nostrana ha avuto la forza o l’interesse a rilevare le quote di Parmalat che erano già da tempo in mano ai fondi stranieri. Il modo migliore per conservare l’italianità, dunque, oggi è quello di dare il controllo di Parmalat a un gruppo industrialmente forte, che si impegni a mantenere la governance nel nostro paese, a comprare il latte dagli allevatori italiani e a mantenere i livelli occupazionali. Come del resto si è impegnata a fare Lactalis.
Basta questo per dire che Lactalis salvaguarderebbe l’italianità?
Meglio un’azienda straniera che sa stare sul mercato e produce da noi, con nostri prodotti, che una italiana governata dal sistema finanziario che non sa stare sul mercato. Il discorso sarebbe stato diverso se ci fossero state alternative industriali valide, cosa che però non è avvenuta.
Quindi i francesi rappresentano una opzione valida?
Sì. Le due imprese insieme hanno i numeri per creare valore aggiunto. Lactalis è un gruppo solido, che ha molte sinergie con Parmalat. Potrebbe dare all’azienda la strategia che le manca e la capacità di aggredire i mercati che fin qui non ha avuto.
A cosa è dovuta questa mancanza di strategia?
In parte è la conseguenza della forte presenza nel gruppo dei fondi di investimento stranieri che avevano come priorità quella di capitalizzare i loro investimenti. Infatti appena hanno trovato un’offerta interessante hanno venduto a Lactalis.
In sostanza, quali sono i requisiti fondamentali che chiedete a chi da domani controllerà il gruppo di Collecchio?
Che abbia una visione industriale, una visione di insieme. Dopo il drammatico crac del 2003 il commissario e successivamente amministratore delegato, Enrico Bondi, ha fatto davvero un ottimo lavoro per salvare l’azienda, ma finita questa fase di emergenza è mancata la progettazione. Parmalat ha smesso di investire e di aggredire i mercati che sono sempre più competitivi. Inoltre a fronte di un settore latte che perde capacità di creare valore, l’azienda, invece di diversificare, ha addirittura perso terreno in settori come quello dello jogurt.
Cosa pensa del decreto del ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, sulla difesa dell’italianità delle nostre imprese considerate strategiche?
In generale è positivo avere una legge simile a quella francese che tuteli le aziende strategiche, ma nel caso di Parmalat rischiava di far decadere una proposta interessante che tutela maggiormente l’italianità rispetto alle altre proposte giunte fino a oggi.
Nei giorni scorsi è stato approvato un emendamento al ‘’Milleproroghe” che obbliga le aziende interessate dalla legge Marzano, e quindi anche Parmalat, a non distribuire più del 50% degli utili agli azionisti e a rinvestire il resto nell’azienda. Lo trova utile?
É un’iniziativa che come sindacato abbiamo molto apprezzato. Soprattutto nel caso di un’azienda come Parmalat che con fatica ha recuperato il cosiddetto “tesoretto”.
Luca Fortis