“Marchionne? lo muoveva solo la passione, ma in Fca ne trovava ormai poca. Per questo guardava alla Ferrari: voleva perfino prendersi casa a Modena”. Giuseppe Berta, storico dell’industria, dell’Ad di Fca scomparso ieri sapeva se non tutto comunque molto. Una lunga consuetudine professionale, ma che ha avuto risvolti privati, da parte di uno studioso che da sempre segue le vicende del Lingotto. Un rapporto umano, ‘’mi era molto simpatico’’, e un giudizio sul comportamento rispetto alla malattia: ‘’era malato, lo sapeva, ma non ha detto nulla a nessuno. Era fatto così, ce lo riconosco tutto in questo suo silenzio’’.
Berta, ora che sarà del gruppo senza il suo leader? I mercati hanno accolto male i risultati presentati ieri, il titolo ha perso il 15%.
L’assenza di Sergio Marchionne aggrava l’incertezza sul futuro, ma che in ogni caso non sarebbe stato roseo. Lo dimostrano proprio i dati presentati ieri dal suo successore, Mike Manley: il fatturato cresce meno delle previsioni, la redditività è meno soddisfacente di quanto si sperasse.
Però c’è l’azzeramento del debito, un traguardo molto importante.
Certo. Ma non basta. Resta la vaghezza sulle prospettive future. Non a caso oggi Fca è un gruppo che gli analisti definiscono ‘’disfunzionale’’.
Cioè?
Non ci sono prodotti. Dunque, il fatturato non potrà aumentare. Non c’è un vero piano industriale, ci sono solo intenzioni, promesse: faremo, vedremo. Il mercato non ci mette molto a capirlo. Gli analisti lo hanno già capito.
Il nuovo Ad, Mike Manley, è però proprio un uomo di prodotto, l’uomo che ha determinato il grande successo della Jeep .
Manley è certamente un uomo di prodotto ed è anche molto bravo, ma non basta. Come non basta il marchio Jeep, che peraltro non riesce a sfondare in Cina, vale a dire il mercato numero uno al mondo. Fca è inoltre indietro rispetto a tutte le innovazioni, dall’auto elettrica alla guida autonoma.
E questo per quale motivo? Marchionne non ha saputo guardare lontano?
Marchionne ha fatto cose assolutamente buone, era un uomo di visione, come Iacocca, avrebbe voluto cambiare il mondo dell’auto. La missione che gli era stata affidata dagli azionisti, però, era innanzi tutto quella di migliorare la posizione finanziaria. E questo è andato a scapito degli investimenti, quindi dei prodotti, scoprendo il fianco alla concorrenza di altre case. Basta farsi un giro a Detroit per capire che la gamma di offerta di GM è molto più ampia. Questo, peraltro, a Marchionne era molto chiaro. Anche per queste ragioni il suo ruolo in Fca iniziava ad essere sofferto.
Cosa intende dire?
L’accordo con Chrysler del 2009 era eccellente, ma è rimasto monco, perché Marchionne non è riuscito ad avere anche Opel. E gli è andata male anche con GM: quando nel 2015 ha ipotizzato il progetto di fusione i suoi azionisti lo hanno stoppato. A quel punto, la prospettiva di tornare di nuovo a fare l’uomo dei numeri, i conti della spesa, gli è sembrata stretta. Ne sono scaturite anche tensioni con Elkann. Per questo Marchionne puntava sulla Ferrari: aveva bisogno sempre di qualcosa che gli alimentasse la passione, e in Fca probabilmente non ne trovava più .
Secondo lei, a questo punto quale puo essere il Il destino del gruppo?
Semplice: o Fca si sbriga a trovare una alleanza o presto gli azionisti si ritroveranno seduti su una cosa che non vale più niente.
Però Marchionne ha provato per anni a fare alleanze, perché’ ora pensa si possa realizzare quello che a lui è sempre sfuggito?
Perché è il solo modo di sopravvivere. Le opzioni ci sono, basta considerare la dichiarazione di Carlos Tavares, il capo di Psa, che si è subito detto pronto a qualunque tipo di accordo con Fca; basta volerlo. Sull’altro fronte potrebbero anche riaprirsi i canali di dialogo con Ford, attraverso Manley. Questa partita comunque si giocherà in America, non a caso parlano di costituire in Usa una nuova divisione finanza. Potrebbe essere finalizzata a uno scambio di partecipazioni. Ma sarà in ogni caso una operazione che riguarda i marchi Usa, Jeep, non certo i nostri.
Ma in Italia? C’è un futuro ancora per Fca? O ci sarà solo oltreoceano?
Qui in Italia siamo alla canna del gas. O si decidono ad aprire la borsa e fare investimenti, ma siamo già in ritardo, o la vedo male. Anche il famoso ‘’polo del lusso’’ è un’utopia: Alfa e Maserati, insieme, fanno appena il 2,5 per cento del mercato. Se non riesci ad essere profeta nemmeno in patria, difficile che conquisti il mondo.
E quindi? È la fine?
È la fine dell’Italia industriale. Ma la scomparsa di Marchionne è anche una metafora del paese. Muore un uomo competente, ardito, appassionato, e dietro c’è il nulla. Come ormai ovunque, in Italia. E adesso che secondo tutti i segnali si avvicina un’altra recessione, non avremo strumenti per affrontarla: non abbiamo industria, non abbiamo competenze, a Francoforte non avremo più un Draghi, a Torino non avremo più un Marchionne.
Nunzia Penelope