Silvio Berlusconi non è più tra noi. “Pensavamo fosse immortale”, piange l’ex difensore del Milan Filippo Galli. E ora, invece, il Cavaliere sta ascoltando nell’al di là il lungo elenco dei peccati commessi. “Mi consenta”, prova ad obiettare al suo interlocutore. Suscitando simpatia e consensi anche tra le anime dannate. Già pensa a creare una tv scollacciata, tipo “Colpo Grosso”, per rallegrare l’ambiente e forse fonderà un partito nel tentativo di scalzare Lucifero dalla guida dell’Inferno. Le promesse mirabolanti e qualche mazzetta funzionano anche passando da una bolgia all’altra. E poi, nella città di Dite, non ci sono più giudici, la sentenza finale è già stata emessa. Questa è la vera casa delle libertà! E allora Bunga Bunga, per sempre.
Di fronte ad una dipartita, non bisogna mai essere irrispettosi. Ma proprio lui, il grande imbonitore, era un campione di scorrettezze e di improvvisazioni. Chi altro avrebbe potuto fare “cucù” alla Merkel? O inventarsi che la giovane Ruby fosse la nipote di Mubarak? “Meno male che Silvio c’è”, cantavano i suoi sostenitori. E allora ci piace ricordarlo così, mentre tenta di far ridere i diavoli.
Ha incarnato a tutto tondo la tragi-commedia all’italiana. Carezzando la pancia del nostro disastrato Paese. Un illusionista senza pari. Antonio Giolitti, in un’intervista del 1999, raccontò all’autore di questa rubrica l’emblematica storia dell’idraulico: “Era venuto per una riparazione nella mia casa in Piemonte. Lo stuzzicai un po’ per capire come la pensava politicamente e lui mi rispose: voto Forza Italia. Perché? Perché voglio diventare come Berlusconi. Sto cercando di guadagnare, di stare meglio, di migliorare la sorte dei miei figli e quella è la strada. Vorrei pagare meno tasse, diventare ricco e magari comprarmi una villa. Berlusconi ha saputo fare un sacco di soldi. Beato lui, si è fatto da solo. Era piccolo ed è diventato un grande. Lo sento uguale a me. Ho le stesse ambizioni. Come potevo convincerlo a prendere quali esempi De Gasperi, Togliatti, Nenni, o magari D’Alema? È un episodio di folklore ma adesso andando a vedere i risultati delle elezioni mi è tornato in mente. Sono tanti, troppi quelli che ragionano così”.
Uno sconforto che vale tutt’ora. E allora riprendiamo Gobetti e il suo giudizio sul fascismo come “autobiografia della nazione”: “È’ una catastrofe, è un’indicazione d’infanzia decisiva, perché segna il trionfo della facilità, della fiducia dell’ottimismo, dell’entusiasmo”. E ancora: “Una nazione che crede alla collaborazione delle classi; che rinuncia per pigrizia alla lotta politica, è una nazione che vale poco”. Sostituite “fascismo” con “berlusconismo” e il gioco è fatto. Gli italiani continuano a scrivere la propria autobiografia.
L’uomo di Arcore ha messo i loro cervelli in lavatrice ma sono stati gli elettori a permetterglielo. Il mistero della ricchezza iniziale, i contatti con la mafia, la corruzione, le frodi fiscali, le Olgettine, le tante inchieste della magistratura: nulla ha davvero scalfito la sua immagine. Ed è riuscito sempre a rialzarsi. Persino a tornare in quel Senato che lo aveva cacciato con ignominia. Sono in molti a contendersi la sua eredità politica. I centristi di ogni fatta già sgomitano, Matteo Renzi e Carlo Calenda, i nostri Bibì e Bibò, sperano di lucrare qualche voto in quell’area ma alla fine potrebbe essere Giorgia Meloni, se riuscisse a portare a termine il progetto di un raggruppamento conservatore tagliando la sua ala nostalgica e relegando Matteo Salvini in un ruolo sempre più estremista, la vera beneficiaria del testamento.
In ogni caso, vale la pena di riciclare la leggenda riguardante Dionigi, tiranno di Siracusa. Tutti i sudditi, vessati e impauriti, invocavano la sua morte. Tranne una vecchina. Il tiranno, incuriosito, la fece condurre al proprio cospetto. “Tu sei l’unica che non prega gli dèi di portarmi via. Anzi, so che al contrario dei tuoi concittadini ti rechi ogni giorno al tempio per fare offerte in mio favore. Perché?”, le chiese. Rispose l’anziana donna: “Devi sapere, mio signore, che io ho tanti anni alle spalle e ne ho viste di tutti i colori. E quando un cattivo governante esagerava con le sue angherie, imploravo che un fulmine lo incenerisse. Ma quello che veniva dopo si rivelava ancora più abominevole. I tuoi predecessori, uno dopo l’altro, hanno fatto a gara nel sorpassarsi a colpi di nefandezze. E ora non oso pensare all’arrivo di uno peggiore di te. Per questo, non posso che augurarti una lunga vita”.
La sinistra, in senso lato, ha sempre considerato Berlusconi, dopo Mussolini, il peggio del peggio. Eppure, di fronte all’attuale governo aleggia già un certo rimpianto. Speriamo di non finire come la vecchina siracusana.
Marco Cianca