Tre fabbriche a rischio chiusura, di cui una al Sud, e 1.350 esuberi complessivi previsti (finora). Questo il possibile, drammatico, epilogo dell’ennesima acquisizione estera di un marchio storico dell’industria nostrana. Se non si troverà una soluzione in fretta, l’azienda procederà, contrariamente agli accordi presi con le parti sociali, alla chiusura di tre siti produttivi dello marchio di elettrodomestici Indesit, acquisito nel luglio scorso dal colosso americano Whirlpool. Marco Bentivogli, segretario generale della Fim Cisl, fa il punto su quali potrebbero essere le conseguenze di questa difficile e imprevista vertenza.
Bentivogli, quando la Whirlpool ha annunciato l’acquisizione di Indesit, avevate previsto un simile sviluppo negativo della vicenda?
Assolutamente no. Whirlpool, a luglio 2014, si è presentata con il volto del “salvatore”, ma, in breve, ha cambiato faccia, disattendendo gli impegni assunti con l’accordo firmato appena il 3 dicembre scorso.
Il governo aveva accolto la notizia dell’acquisizione come un successo. Ora, di fronte a questa situazione, come sta agendo?
Da parte del governo per ora c’è solo un generico impegno ad opporsi alla chiusura dei siti. Ma non è abbastanza. Vorremmo che il presidente del consiglio Matteo Renzi tenesse fede alle promesse fatte ai lavoratori all’indomani dell’acquisizione di Indesit.
E cioè in che modo?
Impegnandosi realmente nella difesa dell’unica azienda, oltre a Electrolux, rimasta oggi in Italia nel campo degli elettrodomestici. Lunedì ci sarà un nuovo incontro al ministero dello Sviluppo e speriamo che quelle promesse si traducano in fatti.
Ma quali sono le ragioni che hanno portato alla rottura delle trattative, lunedì scorso?
Al di là degli investimenti previsti nel piano industriale e mirati al recupero di efficienza dell’azienda, ai quali non siamo ovviamente contrari, contestiamo le chiusure dei tre siti: None, Albacina e soprattutto Carinaro, assieme ai conseguenti licenziamenti.
Proprio a Carinaro, oggi, si è tenuta infatti la manifestazione di protesta contro la chiusura. Quali sono i problemi della fabbrica?
Il vero paradosso è che a Carinaro non ci sono problemi: lo stabilimento ha già avuto le necessarie ristrutturazioni e gode di una collocazione strategicamente vicina al polo logistico. Prevederne la chiusura, quindi, è inaccettabile. E soprattutto, e’ rischioso da un punto di vista sociale e del territorio: il casertano è una zona difficile, ad alto tasso di disoccupazione, ed eliminare un polo produttivo che da’ lavoro a tante persone rischia di ottenere, come primo risultato, l’aumento della criminalità organizzata.
Fabiana Palombo