Lo scorso 14 marzo la Commissione di garanzia ha valutato idoneo l’accordo sulle prestazioni indispensabili in materia di fruizione del patrimonio artistico in caso di sciopero, siglato dalle maggiori confederazioni sindacali, in sede ARAN, il 23 febbraio 2016. Tale valutazione di idoneità costituisce l’epilogo di una travagliata vicenda, che ha suscitato ampio interesse nell’opinione pubblica (più che nella comunità scientifica), relativamente alla configurazione, o meno, dei beni culturali alla stregua di servizi pubblici essenziali, ai sensi della legge n.146 del 1990 e successive modificazioni.
L’intensificarsi di forme di astensioni dal servizio (non solo scioperi) dei dipendenti di musei e siti archeologici che non consentivano l’accesso a folle di visitatori (i casi più eclatanti a Pompei e al Colosseo), aveva indotto il Governo ad intervenire, ricorrendo addirittura alla decretazione d’urgenza, con il D.L. 20 settembre 2015, n. 146, successivamente convertito in legge 12 novembre 2015, n.182. La “fruizione del patrimonio storico ed artistico della Nazione” veniva così, definitivamente, ricondotta nel campo di applicazione della normativa sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, attraverso la garanzia dell’apertura regolamentata al pubblico di musei e luoghi della cultura, di cui all’art.101 del Codice dei beni culturali (D.lgs. n.42, del 2004).
Superata una prima fase di diffusa reazione negativa all’intervento legislativo, sul quale venivano avanzati anche dubbi di costituzionalità, le organizzazioni sindacali più rappresentative, con l’efficace mediazione dell’Autorità di garanzia – che, in assenza di accordo, aveva provveduto ad inoltrare alle parti una proposta sull’insieme delle prestazioni indispensabili da garantire – hanno ritrovato un’intesa in sede ARAN. L’accordo (firmato da FP CGIL, CISL FP, UIL PA, CONFSAL UNSA e FILP), in pratica recepisce i contenuti della proposta della Commissione, adottando una tecnica di contemperamento, tra esercizio del diritto di sciopero e garanzia di fruibilità del patrimonio artistico-culturale, che prevede una percentuale di servizio, non inferiore al 50% degli spazi ordinariamente aperti al pubblico. Nei casi in cui tale sistema si riveli di difficile attuazione (sarebbe, ad esempio, possibile garantire il 50% di un museo attraverso la chiusura, in caso di sciopero, di alcune sale di esso; più complicato garantire il 50% del Colosseo o di altro monumento), la garanzia delle prestazioni indispensabili sarà assicurata con l’individuazione di una fascia oraria a servizio pieno, corrispondente ai periodi di maggior accesso da parte dell’utenza.
Può rivelarsi interessante precisare che analogo sistema di garanzia di continuità delle prestazioni indispensabili è riservato anche alle assemblee sindacali, come già precedentemente previsto nel CCNQ sulle Prerogative sindacali nel Comparto del pubblico impiego, del 7 agosto 1998.
In verità, non è che precedentemente il patrimonio artistico non fosse preso in alcuna considerazione dalla legge 146/1990: nell’art.1 esso rientrava, solamente sotto il profilo della sua salvaguardia e conservazione. Il nuovo accordo sindacale va ben oltre, sul presupposto che, come sostenuto anche dalla Commissione di garanzia nella sua citata proposta, l’art.9 della Costituzione assegna al patrimonio artistico “un ruolo che non è di pura conservazione, ma diviene mezzo per la crescita della società attraverso la pubblica fruizione e la valorizzazione del patrimonio culturale nazionale”. In altre parole si stabilisce una sorta di indissolubilità tra tutela e conservazione del patrimonio e la sua fruizione: “il patrimonio culturale è conservato proprio per essere fruito”.
Tutto ciò può essere condivisibile alla luce dell’importanza che il patrimonio artistico, indubbiamente, assume per il nostro Paese e per la sua immagine. L’inclusione di questo nel sistema di tutele previsto dalla legge 146/1990 apre, comunque, una nuova prospettiva nell’ambito della tradizionale interrelazione tra servizi pubblici essenziali e diritti costituzionali.
Il modello normativo della nostra legge sullo sciopero è stato, tradizionalmente, ricostruito sulla rigida interconnessione tra i servizi pubblici essenziali e la loro funzionalità a garantire diritti costituzionali del cittadino. Tali diritti costituzionali non sono stati considerati dalla legge 146/1990 nella loro totalità, ma previsti tassativamente e non suscettibili di ampliamento, in quanto coincidenti con quelli inviolabili dell’uomo (vita, salute, libertà), o con quelli cc.dd. sociali (assistenza, previdenza, istruzione, etc.). Così, ad esempio, l’iniziativa economica o il diritto di proprietà, pur considerati nella nostra Costituzione, non sono oggetto di tutela nella legge sullo sciopero.
Il nuovo intervento del legislatore e il conseguente accordo sindacale rimettono in discussione quella tassatività, finora ritenuta irremovibile, dei diritti costituzionali da contemperare con l’esercizio del diritto di sciopero, nel momento in cui si fa riferimento ad altri diritti, non necessariamente coincidenti con quelli tradizionalmente considerati inviolabili dell’uomo (vita, salute, libertà, etc.). La fruizione dei beni museali e monumentali, infatti, risponde al soddisfacimento di un diritto costituzionale alla cultura, considerato nell’art. 9 della Costituzione, ma, probabilmente, tale diritto non può dirsi strettamente connesso alla vita, salute o libertà dell’uomo.
Si potrebbe quasi ritenere che il legislatore assuma, qui, come punto di partenza, non il diritto della persona, ma la rilevanza, in sé, del servizio pubblico collegato alla conservazione e la fruizione dei beni culturali, nel contesto sociale e nell’immagine pubblica del Paese, indipendentemente da un loro diretto collegamento con i diritti inviolabili della persona. A tale assunzione di rilevanza, accolta a priori dal legislatore, si riconnette poi, certamente, il soddisfacimento di un generico diritto alla cultura, contemplato nella Costituzione.
Si tratta di una prospettiva nuova che potrebbe, in futuro, aprire nuovi possibili scenari e che deve essere sviluppata con una certa prudenza e attenzione, tenendo presente che la ratio della legge sullo sciopero rimane sempre quella di contemperare valori costituzionali: dei lavoratori ad esercitare il diritto di sciopero; dei cittadini ad usufruire dei servizi pubblici, essenziali per esercitare diritti di pari rango.