Il Wcm, il World Class Manifacturing, il sistema produttivo che negli stabilimenti Fiat ha sostituito il vecchio fordismo, sta producendo risultati sorprendenti, sorprendenti per gli stessi manager che lo avevano scelto. Ma non bastano, bisogna andare avanti in questo profondo processo di innovazione, compiere un nuovo salto di qualità sulla via della partecipazione, perché c’è il rischio di rimanere a metà del guado e, inevitabilmente, svilire gli stessi risultati raggiunti.
Lo dicono i sindacalisti che hanno voluto questa innovazione, Marco Bentivogli, segretario generale della Fim Cisl, per primo, lo dicono i tecnici che hanno studiato a fondo il progetto, come il professor Luciano Pero, un’autorità indiscussa per quanto si riferisce ai sistemi di produzione. E lo dice anche il governo. Tommaso Nannicini, sottosegretario alla presidenza per l’economia e il lavoro, ieri, in un convegno in cui si parlava di questo sistema produttivo, ha lodato l’innovazione, ma ha sollecitato tutti, l’azienda in primo luogo, a non fermarsi a metà del guado, a procedere avanti speditamente per la strada intrapresa, che si è dimostrata essere quella giusta.
Non è solo l’ottimismo della volontà che fa lodare l’innovazione introdotta negli stabilimenti Fiat, ha detto Nannicini. I risultati ci sono e sono molto importanti, ma è necessario non fermarsi a metà. Torna in mente una frase che diceva sempre Pierre Carniti a proposito dell’unità sindacale: in questo campo, affermava, non si può stare fermi, perché è come andare controcorrente in un fiume, se si sta fermi si va indietro. Lo stesso vale per il Wcm, ha portato risultati importanti, ma vanno alimentati.
Che si tratti di risultati veri lo dimostrano i fatti raccontati da Luciano Pero. A suo avviso ci sono luci e ombre nel bilancio dell’operazione. Molte le luci, il miglioramento delle condizioni di lavoro, l’ergonomia delle postazioni di lavoro, il numero altissimo di suggerimenti, la qualità del prodotto, la scomparsa degli incidenti sul lavoro, l’importanza del lavoro in team che ha cancellato le vecchie gerarchie, così pesanti in Fiat. Ma ci sono anche le ombre. Il fatto che i tempi di lavoro siano molto meno porosi, nel senso che il lavoratore ha sempre tutto ciò che gli serve a disposizione, quindi non deve andare in giro a cercare quello che gli serve: un miglioramento, ma anche la scomparsa di questi momenti di allentamento dell’attenzione, e quindi alla lunga più stress sul lavoro. Ma anche il fatto che i team siano ancora poco diffusi, e che vivano assieme le vecchie gerarchie e le nuove strutture.
Ma soprattutto c’è da lamentare che non esiste un vero sistema premiante. Perché i lavoratori si spendono in suggerimenti per migliorare il sistema, nello stabilimento napoletano ne arrivano anche 35 l’anno per ogni singolo lavoratore, ma non c’è riconoscimento tangibile per questa partecipazione. Carlo Simone, un operaio di Pomigliano che era presente al dibattito, nel lodare il nuovo sistema non ha fatto cenno a questa carenza, ma Bentivogli è stato chiaro: c’è il rischio concreto che questa gemmazione, così importante e così densa di risultati, si esaurisca e si resti a metà strada.
Quindi una gran voglia di andare avanti, di non fermarsi, ma senza perdere di vista l’obiettivo preciso, quello di migliorare il lavoro. Bentivogli ha ricordato come adesso tutti parlino bene del Wcm, dimenticando che la Fim e la Uilm per ottenere questo risultato abbiano combattuto una battaglia durissima, contro tutti coloro che non credevano in un futuro targato Fiat e badavano solo a che non si cancellassero diritti. Senza pensare che quando una fabbrica chiude i diritti non ci sono più. Ed era già stato deciso che Pomigliano doveva chiudere, per sempre, mentre invece è ancora là ed è la più produttiva tra le 178 fabbriche che nel mondo applicano il Wcm.
Massimo Mascini