È interrotta la trattativa alla ex Bertone sul piano industriale presentato dalla Fiat che prevede un investimento di 500 milioni di euro per la produzione della nuova Maserati. La Rsu, a maggioranza assoluta Fiom, ha rifiutato la proposta del Lingotto e rilanciato con una controproposta respinta, a sua volta, dalla Fiat. A questo punto si apre un problema perché l’azienda ha annunciato la volontà di ritirare gli investimenti e questa decisione mette a rischio i livelli di occupazione.
Federico Bellono, segretario della Fiom di Torino, quali sono i motivi tecnici che vi hanno spinto a non firmare?
Su questo c’è un equivoco. Noi non siamo in disaccordo con il piano industriale Fiat nel merito, ma il problema è sulla modalità di organizzazione.
Cosa non vi convince?
La missione industriale che la Fiat ci propone dovrebbe essere coerente con la storia della Bertone. Qui la produzione di macchine ha sempre puntato sulla qualità, più che sulla quantità. E proporre lo stesso modello di Pomigliano e Mirafiori è sbagliato.
Sbagliato per gli stessi motivi per cui lo avete rifiutato finora?
Sì certo, ma anche perché alcuni temi, che allora sono stati al centro delle polemiche, come la gestione delle pause, qui non sono un problema. La linea infatti ha ritmi totalmente diversi, la governabilità c’è sempre stata, gli straordinari e la flessibilità esistevano già nei precedenti accordi, l’assenteismo non si è mai verificato perché i lavoratori in questi anni di cassa integrazione hanno fatto molto sacrifici pur di poter lavorare.
Di che sacrifici parla?
I lavoratori sono in cassa integrazione da otto anni. E in questo periodo hanno accettato impegni non indifferenti. Ad esempio 150 tra loro hanno lavorato in distacchi del gruppo Fiat nel territorio torinese, altrettanti alla Sevel in Val di Sangro.
Quindi rifiutate la proposta della Fiat per una questione di principio?
E’ evidente che non avendo firmato lì, non lo faremo neanche qui. Però ci terrei a dire che la Bertone è un terreno neutro, è una situazione diversa da quella si potrebbe verificare se penso a Cassino o a Melfi. C’è una specificità di questa azienda che non può essere messa da parte. La Fiat ha proposto questo modello a prescindere dalla relatà in cui calarlo, mostrando di non avere alcun interesse a fare questa trattativa. Credo che la questione di principio sia più che altro dell’azienda che vuole affermare un modello di gestione della produzione senza tenere conto della situazione.
Ultimamente avete svolto una assemblea all’interno della Rsu, nella quale detenete la maggioranza assoluta. Fim, Uilm e Fismic non si sono presentate.
Sì, ed è stato un errore da parte loro. La Rsu rappresenta i lavoratori e questo gesto ha rappresentato un atto di rinuncia al proprio ruolo. A chiunque piacerebbe essere sempre in maggioranza, ma non è detto che se hai la minoranza vai sull’Aventino.
I lavoratori condividono la proposta elaborata dalla Rsu?
La proposta prima di essere presentata alla Fiat è stata valutata e votata dai lavoratori. Alla Bertone c’è una lunga storia di difesa della fabbrica, ma anche di appartenenza sindacale. Il problema della governabilità però non si è mai posto. Per questo crediamo che la clausola anti-sciopero sia esagerata.
Voi come vi ponete di fronte al fatto che la Fiat ha annunciato di non effettuare più gli investimenti?
Questa è la stessa logica che il Lingotto ha imposto prima a Pomigliano e poi a Mirafiori. Della serie o sei d’accordo o non se ne fa nulla. Nella vicenda Bertone però la cosa importante è misurare qual è l’interesse effettivo della Fiat a produrre lì.
In che senso?
La Fiat ha acquistato l’azienda circa un anno fa, e non venti anni fa. All’epoca c’erano anche altre aziende che volevano rilevare la Bertone, ma i Commissari hanno scelto la Fiat ed è stato sottoscritto un accordo che per altro faceva riferimento al contratto nazionale. Quindi mi chiedo, oltre ad utilizzare l’argomentazione tattica del prendere o lasciare, quanto la Fiat davvero sia interessata a fare lì questa vettura. La partita comunque è tutta aperta, anche per la diversa reazione della politica torinese. Non voglio però avere falsi ottimismi.
Come si sta comportando la politica a Torino?
Qui la reazione delle amministrazioni locali rientra in una logica bipartisan, a partire dal Comune per finire con la Regione. Auspicano un accordo, ma che sia anche un’intesa che tenga conto dei lavoratori. Si muovono con un atteggiamento diverso dalle istituzioni di Pomigliano e Mirafiori, più equilibrato e meno schierato dalla parte dell’azienda.
Ora cosa farete?
Per quanto ci riguarda la trattativa è interrotta, non chiusa. La Fiom ha chiesto una pausa di riflessione. Alla fine della trattativa saranno comunque i lavoratori a decidere. Per noi vale il vincolo democratico.
Francesca Romana Nesci