No a soprusi ed arroganza nei controlli, finendo quasi per apparentare l’azione del fisco a quella di estorsori. Va invece applicato un «semplice regola: quella del rispetto che i contribuenti riconoscono invece nella maggior parte delle verifiche”. Il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Attilio Befera fa un duro richiamo al rispetto delle regole nell’attività di controllo da parte degli uomini del fisco, ai quali invia una lettera aperta sul sito intranet dell’Agenzia. L’attività di controllo “può rilevarsi veramente efficace solo se corretta e non è tale quando esprime arroganza o sopruso”. Si tratta di “gravi comportamenti”, spiega Befera, e quindi “gravi saranno anche le relative sanzioni, nessuna esclusa”. Beferà ricorda i due principi di “correttezza ed efficienza” che erano già stati al centro di una precedente lettera inviata ai dipendenti. “Principi che considero fra loro inscindibili – scrive – Se la nostra missione ha lo scopo fondamentale di accrescere il livello di adempimento spontaneo degli obblighi fiscali, dobbiamo distinguere bene fra i comportamenti che favoriscono il raggiungimento di tale scopo e i comportamenti che finiscono invece per vanificarlo”.
La lettera -spiega – nasce dal fatto che continuano ad arrivare “segnalazioni nelle quali si denunciano modi di agire che mi spingono adesso a rivolgermi direttamente a tutti voi per richiamare ognuno alle proprie responsabilità e ribadire ancora una volta che la nostra azione di controllo può rivelarsi realmente efficace solo se è corretta. E non è tale quando esprime arroganza o sopruso o, comunque, comportamenti non ammissibili nell’ottica di una corretta e civile dialettica tra le parti”. Befera non si nasconde che alcune segnalazioni potrebbero esser strumentali ma le proteste sono segnalazioni di un disagio che va raccolto soprattutto “quando mi viene riferito che qualcuno, a giustificazione di tali comportamenti, farebbe presente di operare in quel modo per necessità di raggiungere l’obiettivo assegnato”. L’effetto è un “devastante danno di immagine che viene inferto all’Agenzia, al proprio ufficio e ai colleghi, finendo quasi per apparentarne l’azione a quella di estorsori: operando così , si alimentano purtroppo i peggiori stereotipi”.
Befera fornisce anche indicazioni pratiche. “Se un accertamento non ha solido fondamento – chiede ai propri dipendenti – non va fatto e se da una verifica non emergono fatti o elementi concreti da contestare, non è corretto cercare a ogni costo pseudoinfrazioni formali da sanzionare solo per evitare che la verifica stessa sembri essersi chiusa negativamente. Insomma, se il contribuente ha dato prova sostanziale di buona fede e di lealtà nel suo rapporto con il Fisco, ripagarlo con la moneta dell’accanimento formalistico significa venire meno a un obbligo morale di reciprocità, ed essere perciò gravemente scorretti nei suoi confronti. Allo stesso modo, non è ammissibile pretendere dal contribuente adempimenti inutili, ripetitivi e defatiganti; e costituisce una grave inadempienza ritardare l’esecuzione di sgravi o rimborsi sulla cui spettanza non vi sono dubbi”.
Per il numero uno delle Entrate devono invece valere sempre le modalità di relazione che i contribuenti stessi elogiano nelle lettere che da qualche tempo pubblichiamo su intranet: disponibilità, cortesia, capacità di ascolto, chiarezza nelle spiegazioni, attenta valutazione senza preconcetti di problematiche complesse, volontà di cogliere la sostanza delle questioni e di trovarne tempestivamente la soluzione. Senza trincerarsi dietro esasperanti formalismi o piccole astuzie burocratiche”. Le indicazioni fornite, spiega Befera, sono “vincolanti e impegnative”. “Sbaglierebbe profondamente – spiega Befera – chi dovesse magari continuare a ritenerle dentro di sé‚ pure esortazioni e non già obblighi precisi di condotta, la cui inosservanza è rilevante anche sotto il profilo disciplinare. E poiché‚ i comportamenti negativi che ho appena descritto sono gravi per le conseguenze cui danno luogo, gravi saranno anche le relative sanzioni, nessuna esclusa: se determinate azioni impediscono o infrangono la relazione di fiducia fra l’Agenzia e i cittadini, non si vede come possa continuare a permanere l’elemento fiduciario che è alla base del rapporto di lavoro con l’Agenzia”.
“I comportamenti vessatori – è l’analisi di Befera – sono eticamente scorretti e in quanto tali sono anche controproducenti. Come qualunque altra azione immorale, quella di evadere le imposte – continuando però a fruire dei servizi che gli altri concorrono a finanziare pagandole, invece, le imposte – cerca sempre una giustificazione morale, e ama trovarla, se gliene viene offerta l’opportunità, nella scorrettezza di chi avrebbe il compito, con la trasparenza e la linearità della propria condotta, di indurre al rispetto degli obblighi fiscali”. In fondo – conclude – “la regola da seguire è molto semplice. È una regola di rispetto: comportiamoci tutti, come funzionari del Fisco, così come vorremmo essere tutti trattati come contribuenti”. (LF)
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