Al Mezzogiorno non servono leggi speciali. La politica ci ha relegati all’assistenzialismo, serve un cambio di paradigma. È questa la posizione di Claudio Barone, segretario generale della Uil Sicilia. Nella regione, spiega, ci sono progetti interessanti, subito finanziabili con il Piano nazionale di ripresa e resilienza. Uno dei grandi mali del mercato del lavoro siciliano è la totale assenze dei controlli per la sicurezza. In rapporto alle imprese attive e al personale adibito alle ispezioni, sottolinea Barone, al momento servirebbero cinquant’anni per esaminare tutte le realtà produttive. Con la pandemia, conclude, c’è stato un miglioramento delle relazioni industriali, ma temiamo che con la fine del blocco dei licenziamenti che questo spirito di collaborazione rallenti o addirittura si inverta.
Quali sono i problemi del mercato del lavoro in Sicilia?
Uno dei grandi mali del mercato siciliano è la totale assenza dei controlli per la sicurezza. Mancano gli ispettori del lavoro. Con l’attuale personale per raggiungere tutte le imprese ci vorrebbero 50 anni. Con la pandemia c’è stato un miglioramento delle relazioni industriali, bisogna investire enti bilaterali per fare passare il messaggio che la sicurezza nei cantieri è interesse comune.
Come sta reagendo la Regione siciliana alle riaperture?
Ancora è presto per fare una valutazione. Nei settori del turismo e della ristorazione, i più colpiti dalla crisi e che sino ad oggi hanno avuto un fermo totale, almeno il 20-30% delle imprese non riaprirà. Mentre negli altri comparti si è continuato a lavorare subendo un condizionamento relativo della pandemia. Ad esempio l’edilizia era in difficoltà anche prima dell’emergenza sanitaria. Invece il settore della chimica – concentrato su Priolo, Augusta, Milazzo e Gela – ha risentito del calo consumi del petrolio e del relativo abbassamento del prezzo. Un momento di stallo che le imprese hanno impiegato per le grandi manutenzioni. Bisogna capire se sono previsti investimenti per il rilancio del settore.
Come procede il piano vaccinale?
Ci sono ancora delle criticità. La Regione non ha ancora attivato le vaccinazioni a domicilio degli anziani e per questo motivo la percentuale di ultraottantenni vaccinati è inferiore rispetto alla media nazionale. I medici di famiglia avrebbero dovuto avere ruolo fondamentale e invece si sono mossi con molto ritardo soltanto da poche settimane e procedono lentamente.
Rimanendo sul tema vaccinazione, cosa ne pensa delle isole covid free?
Le isole covid-free sono un’ottima idea. Con piccole enclavi di residenti, vaccinarli tutti non è un privilegio ma una scelta logica sotto il profilo sanitario. Tra l’altro è importante per consentire la ripartenza della stagione turistica, per molte isole unica vera fonte di sostentamento.
Siete pronti per vaccinare nei luoghi di lavoro?
Il protocollo per le vaccinazioni in azienda è pronto ma bisogna attivarlo senza ritardi. Nelle grandi e medie imprese si potrà procedere subito con le vaccinazioni. Ad esempio è stato appena aperto il nuovo polo multi-aziendale, nei locali del dopolavoro, Isab-Lukoil di Melilli Siracusa, che servirà circa 15 mila persone. Più problematica l’applicazione nelle piccole e piccolissime imprese. L’ospedalità privata metterà a disposizione strutture che possano gestire le vaccinazioni a livello consortile. Si sta vagliando anche l’ipotesi di presìdi mobili che possano vaccinare garantendo sicurezza.
Come ha reagito, nel complesso, la regione all’emergenza sanitaria?
In Sicilia non si è mai arrivati alla saturazione delle terapie intensive ma i Pronto soccorso hanno registrato situazioni critiche perché l’afflusso di pazienti Covid, spesso, ha impedito ai malati di altre patologie di ricevere le prestazioni sanitarie adeguate. Dobbiamo anche sottolineare che, nella fase iniziale, è mancato un controllo capillare delle Rsa. C’è stata molta opacità sulle condizioni di sicurezza dei lavoratori e degli anziani. Tuttavia grazie all’impegno del sindacato sono aumentati i controlli e questa è una cosa positiva. Resta invece incontrollata la situazione delle case di riposo private per anziani che non sono nemmeno censite da Regione e dagli Enti locali. Vanno sotto i riflettori solo dopo denunce eclatanti o maltrattamenti sugli anziani.
Quello della sicurezza nei luoghi di lavoro è un tema tristemente all’ordine del giorno. Cosa chiedete alle vostre istituzioni regionali?
“In Italia la normativa sulla sicurezza è abbastanza avanzata ma laddòve non c’è una presenza del sindacato molto spesso si traduce solo in adempimenti burocratici. In Sicilia stiamo cercando di intervenire attraverso gli enti bilateri che devono, insieme ad associazioni sindacali e datoriali, fare capire che la sicurezza è un bene comune e interesse di tutti. Purtroppo il punto debole è la quasi totale assenza di controlli, esclusi gli interventi delle Forze dell’ordine. In particolare, su fatti eclatanti di caporalato o gli incidenti gravi, i controlli da parte degli organismi ispettivi sono carenti. Il ruolo dell’ispettorato del lavoro è duplice: non è solo di vigilanza e sanzioni ma serve anche per guidare le imprese, in particolare quelle piccole, a rispettare le normative di sicurezza. Per questo è essenziale che la Regione apra un nuovo bando”.
Da poco è stato firmato il protocollo di intesa per chiedere al Mise di considerare il polo petrolchimico di Siracusa come area di crisi complessa. Un passo che ha definito necessario ma non sufficiente, perché?
È una misura che abbiamo voluto fortemente, per vari motivi. L’istituzione di aria di crisi complessa facilita l’accesso agli ammortizzatori sociali, inoltre garantisce una corsia preferenziale per le politiche attive sia per il personale diretto che per quello dell’indotto, che conta circa 7.500 lavoratori. Infine sappiamo bene che le grandi imprese, anche straniere, sono interessate ad investire se trovano anche cofinanziamenti come quelli previsti in questi casi. Siamo convinti che nel Polo serva urgentemente una riconversione industriale altrimenti rimarranno soltanto le cisterne, senza più nessun tipo di lavorazione. Le varie aziende coinvolte hanno proposto numerosi piani, ancora da verificare, che vanno dalla predisposizione di un impianto per il metanolo a quello per la gassificazione dei rifiuti a quelli per l’abbattimento dell’anidride carbonica. Abbiamo un’unica grande assente, l’Eni che sfugge al confronto con i sindacati e non ha un vero e proprio progetto per l’area. Qualche anno fa cercò di vendere gli impianti a una società finanziaria americana e fu bloccata da una durissima mobilitazione sindacale. Non vorremmo che ci provasse ancora. Il protocollo d’intesa non risolve i problemi ma accende i riflettori sull’area e facilita un confronto costruttivo.
Recentemente è stata prorogata la Cassa integrazione per i 600 dipendenti della Blutec di Termini Imerese. A quasi vent’anni dall’abbandono di Fiat cosa serve in quell’area?
A due decenni dalla chiusura dello stabilimento, piani industriali veri non sono mai partiti. Blutec è l’ennesimo fallimento dopo tante altre iniziative truffaldine o comunque non positive. Attualmente si è costituita una nuova cordata di aziende che ha presentato progetti in tema green ma la prudenza è d’obbligo. Chiediamo che comunque i lavoratori vengano garantiti.
Circa il 40% delle risorse previste nel PNRR italiano è destinato agli investimenti per il Mezzogiorno. Cosa vi aspettate da queste misure per rilanciare la Sicilia e in generale il Sud?
Dobbiamo fare una precisazione su che cosa dicono i nostri politici. Con il Recovery Fund non è previsto lo stanziamento diretto di soldi per le Regioni ma il finanziamento di progetti compiuti e cantierabili. È dunque necessario individuare quelli su quale puntare per realizzare opere utili. In passato troppe risorse sono rimaste inutilizzate sia per la farraginosità delle normative che per l’incapacità della Regione. Da questo punto di vista è importante la norma che ha consentito di sbloccare al Sud l’assunzione di 2.800 tecnici qualificati che possa supportare gli enti locali in questo lavoro.
Parliamo dei progetti.
Il Polo petrolchimico di Siracusa ha già numerosi progetti pronti in tema green. Nell’Etna Valley a Catania è stato avviato il progetto per la realizzazione di una megafactory per il potenziamento della produzione di chip in silicio per coprire uno spazio di mercato strategico a livello internazionale. Sempre a Catania la filiera del fotovoltaico ha sviluppato innovativi pannelli bifocali, un passo in avanti per il green. La Sicilia è in corsa per nuove tecnologie del vettore idrogeno: ci sono progetti del Cnr già presentati e siamo in concorrenza con altre regioni per la costruzione dei siti.
Per le infrastrutture su cosa si deve puntare?
Bisogna evitare boutade estemporanee come la proposta del governo regionale di realizzare un nuovo aeroporto a Milazzo. Vanno semmai potenziati gli hub che ci sono, sia per capacità che per collegamenti. E soprattutto implementando il cargo. Altrettanto importante la portualità. Augusta è oggi il principale scalo nazionale per la movimentazione dell’oil. Bisogna potenziarlo con opere che lo rendano più competitivo attraverso il consolidamento, l’adeguamento delle banchine e attrezzature puntando anche a gas e merci. Grazie a questi lavori il nuovo porto potrà accogliere oltre alle petroliere anche i mega container che passano da Suez e che potrebbero risparmiare ben otto giorni di navigazione, impiegati oggi per arrivare a Rotterdam. Bisogna integrare i porti di Gioia Tauro e di Taranto per creare una vasta area che possa competere con quella olandese. Per Palermo sono già pronti progetti di riammodernamento e aggiornamento al fine di potenziarlo come scalo per crocieristica internazionale.
Saranno presentati anche progetti di investimento per rinnovare i collegamenti stradali e ferroviari?
In Sicilia hanno gestito i collegamenti stradali due enti: Anas e Cas. Questa coesistenza è stata problematica perché nessuno dei due ha garantito una adeguata efficienza della rete. Da poco si è proceduto alla privatizzazione del Consorzio autostrade, anche su istanza del sindacato. Speriamo che questo provvedimento possa sbloccare l’attuale impasse. Per quanto riguarda la situazione della rete ferroviaria registriamo gravi e numerose carenze. La linea Palermo – Catania prevede ancora oggi una percorrenza di tre ore. La tratta Messina-Siracusa è in via di riammodernamento ormai da lungo tempo, perché i lavori vengono fatti soltanto nella stagione estiva per non creare problemi ai pendolari. Ma questo significa anche che in estate non c’è alcun collegamento per i turisti.
E il ponte? Verrà costruito con i fondi del PNRR?
Noi siamo favorevoli al ponte ma oggi è chiaro questa opera non è all’ordine del giorno. Troppi balletti di proposte e nessuna azione concreta. Non hanno ancora deciso la tipologia di ponte, a quante campate, o se fare un tunnel sottomarino. Parteciperemo solo quando si aprirà una discussione seria. E’ certo che questo investimento non potrà rientrare nel pacchetto del Recovery perché non ci sono le tempistiche. E’ indispensabile potenziare il collegamento ferroviario. La Sicilia e la Calabria sono tagliate fuori dalla linea dell’alta velocità che inizia soltanto a Salerno. L’attraversamento dello Stretto è oggi una strozzatura drammatica per passeggeri e per merci. Apriamo una discussione seria.
Quale è lo stato di salute delle relazioni industriali in Sicilia?
Durante la crisi pandemica le relazioni industriali sono migliorate ma temiamo che con la fine del blocco dei licenziamenti che questo spirito di collaborazione rallenti o addirittura si inverta. Siamo preoccupati. Con l’ansia di ripartire e le difficoltà economiche, gli imprenditori potrebbero essere tentati di abbattere i costi dilatando gli orari di lavoro e non rispettando le misure di sicurezza. Preoccupazioni delle quali abbiamo avuto conferma dai recenti casi di cronaca.
Infine cosa pensa dell’attuale Governo? Molti lo hanno definito un “governo del Nord” perché i suoi ministri provengono, prevalentemente, da regioni del Nord, anche lei lo definisce così?
No, assolutamente. Non abbiamo alcun pregiudizio sulla provenienza geografica dei componenti del Governo. Noi dobbiamo valutare solo gli atti concreti che produce. Per il Recovery c’è l’urgenza di rispettare le scadenze temporali previste dall’Europa. E questo favorisce le regioni del Nord con più progetti in fase avanzata rispetto a quelle del Sud. Comprensibile, ma chiediamo di intervenire per recuperare questo squilibrio. Sino ad ora il vincolo delle risorse per il Mezzogiorno era rimasto sulla carta senza essere mai applicato. Adesso è fondamentale cambiare atteggiamento e cominciare a recuperare il divario che negli anni si è allargato. La politica ha risposto solo con l’assistenzialismo, occorre cambiare paradigma. Il Sud deve essere rilanciato in un’ottica nazionale senza contrapposizione sterili perché è interesse di tutto il Paese. Era stata prevista la decontribuzione per rilanciare il Sud, adesso verrà estesa a tutto il Paese. Cosa buona perché l’emergenza occupazionale coinvolge tutte le regioni. Ma per il Mezzogiorno bisogna prevedere interventi aggiuntivi. In particolare una dotazione di supporti informatici per la modernizzazione della Pubblica amministrazione.
Eleonora Terrosi