Prudenza. Prudenza intesa come scelta retorica, ovvero stilistica, cioè come modo di presentare sé stesso nelle sue nuove vesti di Governatore della Banca d’Italia. Fabio Panetta, Romano, 64 anni, al vertice dell’Istituto di via Nazionale dal 1° novembre dell’anno scorso, ha tenuto oggi le sue prime Considerazioni finali. Scegliendo, inizialmente, di evitare frasi ad effetto, ma anche di offrire sintesi che potessero apparire troppo personali. Salvo poi a un crescendo di notazioni positive e di auspici pieni di fiducia nella parte finale del suo intervento.
Non dimentichiamo mai che le Considerazioni finali del Governatore costituiscono la sintesi (25 pagine di testo più 3 pagine di note, nella versione offerta oggi da Panetta) della ben più ampia Relazione annuale della Banca d’Italia (210 pagine quella uscita oggi e relativa al 2023). E che la cerimonia della lettura in pubblico, nell’ultimo giorno di maggio, di tali Considerazioni è un rito laico inventato da Guido Carli come occasione per comunicare, innanzitutto alla classe dirigente politica e imprenditoriale, a che punto fosse giunta la vicenda economica e produttiva del nostro Paese e che cosa si potesse e dovesse fare per migliorare la situazione.
Mettiamo dunque, per adesso, da parte la corposa Relazione annuale e atteniamoci alle Considerazioni finali. Che sono improntate, come si accennava sopra, a una certa prudenza analitica, salvo un finale improntato all’ottimismo. E partono, come è logico che sia, da uno sguardo gettato sulla situazione economica globale. “Nei mesi scorsi – esordisce il Governatore – l’economia globale ha continuato a espandersi, nonostante il tono ancora restrittivo della politica monetaria in molti paesi e l’incertezza provocata dalle tensioni e dai conflitti in atto in più regioni del mondo.” Dal suo predecessore, Ignazio Visco, Panetta ha dunque ereditato il concetto di incertezza, fondamentale, pur nella sua apparente semplicità, per capire qualcosa delle attuali tendenze economiche.
Dopodiché, facendo sfoggio di un certo ottimismo, Panetta scrive che “i rischi sull’evoluzione congiunturale, a lungo orientati in senso negativo, si stanno riequilibrando. La disinflazione in corso a livello globale prefigura un allentamento delle condizioni monetarie”, anche se “con tempi diversi nelle principali economie”. E poi aggiunge che “secondo il Fondo monetario internazionale, la crescita globale resterebbe intorno al 3 per cento fino alla fine del decennio”.
Una considerazione, quest’ultima, prudente ma non negativa. Anche perché, subito dopo, Panetta afferma che “i segnali di frammentazione degli scambi commerciali e finanziari si stanno intensificando. La contrapposizione politica e commerciale tra Stati Uniti e Cina si è inasprita; tensioni e conflitti armati affliggono più aree del mondo”. Ne segue che, anche se, secondo Panetta, “è prematuro parlare di deglobalizzazione”, ormai “è chiaro che il processo di rapida integrazione dell’economia mondiale si è interrotto”.
Panetta sposta quindi la sua attenzione sull’Europa, osservando che “le possibili conseguenze della frammentazione economica globale sono particolarmente rilevanti per l’area dell’euro, data la sua ampia apertura internazionale”. E qui il Governatore sottolinea che “l’interscambio con paesi esterni all’area nel 2023 superava il 55 per cento del Pil, a fronte del 40 della Cina e del 25 degli Stati Uniti”. A ciò si aggiunge che la stessa area dell’euro “è dipendente dall’estero per l’approvvigionamento di risorse essenziali: ad esempio, le forniture di petrolio e gas naturale, che rappresentano oltre metà del fabbisogno complessivo di energia, provengono pressoché interamente da paesi terzi”.
Ne segue che, nell’attuale scenario geopolitico, “è essenziale per l’Europa agire con determinazione per migliorare la competitività e rafforzare l’autonomia strategica”.
A tale scopo, occorre quindi, innanzi tutto, “riequilibrare il modello di crescita seguito nei due decenni passati, riducendo l’eccessiva dipendenza dalla domanda estera”. Fra le altre cose, “l’Unione europea deve poi ridurre la propria dipendenza energetica, incrementando la generazione di energie rinnovabili grazie alle risorse naturali di cui dispone in abbondanza”.
Più in generale, l’Unione europea deve sviluppare “politiche comuni” e, in particolare, “una politica di bilancio comune”.
E l’Italia? “Nell’area dell’euro – scrive Panetta – l’economia italiana, nell’ultimo quarto di secolo, è quella con la minore crescita del prodotto per abitante.” Inoltre, “la produttività del lavoro è rimasta ferma”. E ancora: “solo nel 2023 gli investimenti sono tornati a superare il livello precedente la crisi finanziaria, mentre le ore lavorate totali non lo hanno ancora recuperato”.
Ma non basta. “L’evoluzione dei salari ha riflesso il ristagno della produttività: i redditi orari dei lavoratori dipendenti sono oggi inferiori di un quarto a quelli di Francia e Germania. In termini pro capite, il reddito reale disponibile delle famiglie è fermo al 2000, mentre in Francia e Germania da allora è aumentato di oltre un quinto.”
E qui, però, nel ragionamento di Panetta arriva una folata di ottimismo. “Non siamo condannati alla stagnazione”, dice il Governatore. Infatti, “la ripresa registrata dopo la crisi pandemica è stata superiore alle previsioni e a quella delle altre grandi economie dell’area”. In particolare, tra il 2019 e il 2023, pur “in una fase di forti turbolenze, il Pil italiano è cresciuto del 3,5 per cento, contro l’1,5 della Francia e lo 0,7 della Germania”. Inoltre, “l’occupazione è aumentata del 2,3 per cento – quasi 600.000 persone -, trainata dalla componente a tempo indeterminato”, mentre “il tasso di disoccupazione è sceso di 2,3 punti percentuali, pur restando alto, al 7,7 per cento”.
Insomma, sempre secondo Panetta, ci troviamo di fronte a una ripresa che “è stata alimentata da una forte espansione degli investimenti, sostenuta anche da incentivi fiscali”, mentre “le esportazioni di beni sono aumentate del 9 per cento”.
Ne segue che “guardando al futuro, l’economia italiana potrà conseguire ritmi di sviluppo sostenuti se saprà, da un lato, affrontare le conseguenze del calo e dell’invecchiamento della popolazione e, dall’altro, imprimere una decisa accelerazione alla produttività”. E per far ciò occorreranno “più investimenti” e “più innovazione”.
Concludendo: “L’Italia ha concorso a fondare l’Unione europea: ora può e deve concorrere al suo progresso. È con la forza di questa prospettiva che dobbiamo guardare con fiducia al futuro”.
Fernando Liuzzi