Sfumato lo scenario “favorevole” sulle conseguenze del conflitto in Ucraina per l’economia italiana, restano in piedi gli altri due possibili: innanzitutto quello “intermedio”, afferma la Banca d’Italia nella sua relazione annuale, richiamandosi alle simulazioni elaborate nel bollettino economico dello scorso aprile. “La crescita del Pil in Italia si collocherebbe al 2,2 per cento quest`anno e all`1,8 il prossimo: sarebbe dunque inferiore di 1,6 punti percentuali nel 2022 e di 0,7 punti nel 2023 rispetto a quella prefigurata in gennaio”, afferma l’istituzione.
Questo sulla base dell`ipotesi che il conflitto non si concluda prima del 2023 ma non si inasprisca al punto di determinare un`interruzione delle forniture di energia dalla Russia. A frenare il Pil contribuirebbe soprattutto il marcato aumento dei prezzi delle materie prime, che comprime il potere d`acquisto e i consumi delle famiglie e, innalzando il costo degli input produttivi, riduce i profitti e influenza negativamente le decisioni di investimento delle imprese.
Sul rallentamento dell`attività peserebbero anche la maggiore incertezza e il calo della fiducia di famiglie e imprese, prosegue Bankitalia.
E poi c’è lo scenario “severo”, in cui si ipotizza che il conflitto, oltre a prolungarsi, si inasprisca e porti a un`interruzione delle forniture di gas dalla Russia. Questo avrebbe sia ricadute dirette rilevanti sul sistema produttivo, in particolare sulle attività caratterizzate da un`elevata intensità energetica, sia effetti indiretti connessi con la minore offerta da parte dei settori a valle, determinando una diminuzione di occupazione, redditi e domanda aggregata.
In pratica sarebbe recessione: “Il tasso di crescita del Pil si ridurrebbe a -0,3 per cento nel 2022 e a -0,5 nel 2023: sarebbe dunque più basso di circa 4 punti percentuali quest`anno e di 3 il prossimo rispetto a quanto stimato in gennaio, comportando una prolungata recessione. Nell`anno in corso peserebbero soprattutto gli effetti di offerta riconducibili all`interruzione delle forniture di gas e quelli della maggiore incertezza e del calo della fiducia; nel prossimo anno il contributo maggiore deriverebbe dall`impatto dei rincari delle materie prime sul reddito disponibile e sulla spesa delle famiglie”.
tn