“Di recente in Australia è stata approvata una normativa molto prescrittiva su tale diritto. In Italia, invece, c’è un richiamo nella legislazione al diritto alla disconnessione, ma è un richiamo che non è supportato da norme prescrittive perché l’attuazione di questo diritto viene demandata alla sottoscrizione di accordi individuali tra lavoratore e azienda e ciò – afferma Maurizio Ballistreri, docente di diritto del lavoro all’Università di Messina – è certamente un limite”.
Perché è un limite professore?
Nella contrattazione individuale c’è una asimmetria tra lavoratore e datore di lavoro che può tradursi in una debolezza del primo nei confronti del secondo. Su tale istituto l’asimmetria può comportare che il dipendente deve accettare le modalità del diritto alla disconnessione previste dall’azienda. Penso che la contrattazione collettiva, con il supporto della legge, debba intervenire su questi aspetti, anche per regolare altri elementi correlati al lavoro agile, come stabilire chi deve farsi carico dell’acquisto dei supporti informatici, chi copre le spese di connessione, come si garantisce la sicurezza al di fuori del luogo di lavoro o il tema delle contestazioni del datore al dipendente per la mancata connessione, quando questa dipende da fattori di collegamento non imputabili al lavoratore.
La contrattazione collettiva ha prodotto due accordi interconfederali, per il settore pubblico e privato nel 2021, che prevedono il diritto alla disconnessione.
È vero ma anche qui ci si è limitati ad affermazioni di principio delegando poi agli accordi individuali la concreta realizzazione di questo diritto. Credo, invece, che la contrattazione collettiva non debba solo dare una cornice dentro la quale avviene la concreta disciplina, ma anche fornire una base dalla quale partire.
C’è stata un’evoluzione della legge sul tema con la pandemia?
Sicuramente va registrata una crescente attenzione. Sulla disconnessione abbiamo una legge pre covid, la n.81 del 2017, che dichiara questo diritto ma poi rimanda la sua esecuzione agli accordi individuali. L’articolo 2 comma 1 ter della legge 61 del 2021 afferma che, nel pubblico impiego, è riconosciuto al lavoratore che svolge l’attività in modalità agile il diritto alla disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche e dalle piattaforme informatiche, nel rispetto degli eventuali accordi sottoscritti dalle parti e fatti salvi eventuali periodi di reperibilità concordati. Anche nella legge del 2021 vanno segnalati gli stessi limiti di quella del 2017: permane il richiamo agli accordi individuali e, in definitiva, il diritto alla disconnessione risulta segnato da aleatorietà.
Sul piano comunitario c’è una legge o una direttiva e qual è la situazione negli altri paesi?
C’è una certa freddezza dell’Unione europea sul tema a differenza di altri istituti come il salario minimo, sul quale il quale, invece, è stata emanata una importante direttiva, la cui attuazione, purtroppo, è demandata ai singoli ordinamenti nazionali. Tra i vari paesi la Francia è stata la pioniera per il diritto alla disconnessione, attraverso il supporto della legge e prevedendo nei contratti collettivi una disciplina per il lavoro agile. Lo stesso si può dire anche per il Belgio e il Lussemburgo. Negli altri stati, al contrario, prevale un modello simile al nostro.
Tommaso Nutarelli