Un’azienda cresce se i suoi lavoratori sono felici. È il mantra di molte imprese, dove si stanno addirittura istituendo i cosiddetti ‘’manager della felicità”. Ma è anche la convinzione di Verisure Italia, costola della multinazionale svedese della sicurezza. Presente nel nostro paese da dieci anni e in costante espansione, con un trend di crescita che nell’ultimo triennio è di quasi il 30%, l’azienda intende salire dai 320 mila clienti attuali a un milione entro il 2030, raddoppiando in parallelo l’occupazione da 2800 a 5mila persone. Impresa non facile, in un paese dove le aziende lamentano di non riuscire a trovare sul mercato del lavoro né i numeri, né tantomeno le caratteristiche necessarie. Problemi che Verisure però sembra non avere. Le ragioni le spiega in questa intervista Dalila Ferraioli, direttrice delle Risorse Umane di Verisure Italia. E hanno molto a che fare col concetto di “felicità”.
Dalila Ferraioli, altre 300 assunzioni nel 2024, praticamente una al giorno, come ormai da sei anni, puntando ad arrivare nei prossimi sei a quota 5 mila. In un paese dove i giovani scarseggiano e le aziende impazziscono per trovare personale adeguato, voi come ci riuscite?
All’inizio, dieci anni fa, effettivamente era complicato trovare personale: non eravamo ancora conosciuti, dovevamo spiegare chi siamo, cosa facciamo, eccetera. Ora che siamo un brand noto e ben posizionato ci è più facile attrarre candidati, ma per arrivare a quota cinquemila dobbiamo continuare ad essere attrattivi. Abbiamo da poco aperto nuove sedi, siamo sbarcati in Sardegna, stiamo estendendo il servizio nelle regioni del sud e al nord, dove siamo già presenti da anni, stiamo aprendo nuovi uffici a Trieste e Udine. Le nuove assunzioni sono indispensabili. Per trovarle seguiamo i canali tradizionali online e offline e anche i nuovi, come i recruiting day. Ma funziona anche il passaparola, le persone che già lavorano con noi possono riferire nominativi di conoscenti tramite uno specifico programma di referral aziendale. Perfino la campagna di spot Tv sta funzionando, non solo per portarci nuovi clienti, ma anche persone interessate all’assunzione. Ed è tuttavia un processo delicato: non è banale arrivare a 5 mila mantenendo lo stesso spirito, gli stessi valori. Bisogna saper trovare le persone giuste.
Cosa intende per “restare attrattivi’’ e come si trovano le persone giuste da assumere?
La nostra è una azienda in crescita verticale, con un’età media di 39 anni: è importante trovare persone disposte a crescere con noi, quindi ad avere flessibilità, ma anche a fare proposte. Qui tutti devono essere messi in condizione di portare nuove idee. E questo ci rende da un lato attrattivi, dall’altro selettivi. Perché se sulle competenze non abbiamo problemi, considerando che la formazione la facciamo molto bene all’interno, più complessa, e per noi anche più importante, è la selezione: c’è un filtro forte sulle persone che entrano per capire se sono in sintonia con la nostra realtà. Per questo, ai candidati facciamo più colloqui individuali, anche tre o quattro, e in alcuni casi strutturiamo anche dinamiche di gruppo, per far emergere meglio particolari skills tra cui, ad esempio, quella di lavorare in team.
Ha parlato di flessibilità: quanto è alta la richiesta di smart working da parte delle persone che vorrebbero lavorare da voi?
Lo smart working lo abbiamo fatto, ovviamente, nel momento dell’emergenza Covid. E ora ce lo chiedono tutti. Siamo in una fase di sperimentazione: abbiamo introdotto due giorni di lavoro da remoto a settimana, flessibili. Per gli operatori del call center ci sono tre giorni di telelavoro settimanali. Poi naturalmente ci sono posizioni che non possono essere remotizzate: forniamo servizi di sicurezza, quindi ci sono dei limiti.
E come si rendono felici le persone che lavorano per voi? Che ci riusciate non sembra in discussione, considerando che avete conquistato per il secondo anno il titolo di Top Employer Italia e da poco anche Top Employer Europa.
La prima cosa è l’ambiente umano in cui si lavora: armonia, collaborazione, poter proporre i propri progetti, avere facilità di rapporto coi vertici. Investiamo molto nell’ascolto, con un processo di feedback ben strutturato, lanciamo survey annuali, e siamo sempre misurati anche sull’engagement dei dipendenti, sia a livello aziendale che di gruppo. Lo slogan “persone che proteggono persone” vale per i nostri servizi ma anche all’interno. Se si imposta il lavoro in questo modo e si condivide questo tipo di cultura di team, è naturale attrarre le persone giuste. Inoltre, siamo una azienda che cresce velocemente, ma siamo ancora un po’ come una grande start up: tutto è molto dinamico e in divenire.
Anche dal punto di vista della carriera?
Certamente. Quando dobbiamo ricoprire una posizione di responsabilità la prima cosa che ci chiediamo e’: abbiamo qualcuno qui in azienda in grado di fare questo? Nella stragrande maggioranza dei casi scegliamo di far crescere persone interne. Tutti i nostri manager della parte commerciale sono partiti dalla vendita. In Verisure si entra stagista e si può diventare manager, sul serio.
Eppure voi applicate il contratto della vigilanza, considerato uno dei più penalizzanti per i lavoratori. Si può essere felici con paghe basse?
Il contratto della vigilanza è stato finalmente rinnovato dopo anni di attesa, ma noi avevamo già da prima superminimi ben oltre il contratto nazionale, grazie anche alla parte variabile della retribuzione, molto importante, che va da un minimo del 10% al 30, o anche al 40% in più, da definire in base al merito: se uno è più bravo, il suo variabile è più alto. Questo ci consente di mantenere elevato il livello del servizio che forniamo ai clienti. Inoltre abbiamo un buon welfare aziendale, sul quale abbiamo appena aumentato gli investimenti del 50%, rispondendo alle indicazioni che ci sono arrivate proprio dai lavoratori.
Con il sindacato che rapporti avete? Ci sono rappresentanze sindacali in azienda?
Si, ci sono, e con loro abbiamo rapporti quotidiani. Siamo convinti dell’importanza di avere buone relazioni col sindacato. Le politiche dell’azienda sono migliori se vengono condivise. E informare il sindacato, collaborare assieme, aiuta anche a far passare meglio i messaggi, a creare coesione e consenso.
Quasi la metà della vostra occupazione è femminile. Una scelta aziendale, o un caso?
Abbiamo il 48% di donne, e sono loro che ci scelgono, perché Verisure è una azienda che ha a cuore le problematiche di genere. Offriamo la possibilità del part time e il lavoro da remoto, abbiamo tutta una serie di aiuti e sostegni per le famiglie e la genitorialità, dai bonus per ogni figlio fino a 14 anni ai permessi per malattia del figlio o inserimento al nido, ai giorni aggiuntivi di congedo per i padri. Siamo molto attenti alla parità di genere anche per quanto riguarda le retribuzioni, e stiamo lavorando per certificarla.
Dal suo punto di vista, qual è l’elemento che più tiene le donne italiane lontane dal mondo del lavoro?
L’organizzazione famigliare impatta molto sulla scelta di non lavorare fuori casa, non c’è dubbio. Le cose sono migliorate rispetto a qualche anno fa, ma troppi stereotipi penalizzano ancora la componente femminile. Non siamo ancora, purtroppo, alla parità tra genitori.
Ma le aziende fanno abbastanza, secondo lei?
Fanno molto di più che in passato, e forse in alcuni casi sono più avanti di quella che è la mentalità corrente, venendo incontro alle donne con figli. Ma bisogna anche ammettere che, nonostante la flessibilità, occorre comunque fare qualche sacrificio e, sicuramente, c’è ancora molto da fare su questo tema. Ne so qualcosa, avendo un bambino di sette mesi.
Avete appena cambiato sede e quella nuova, nel quartiere romano dell’Eur, ha puntato sulla sostenibilità e sulla vivibilità: quattordicimila metri quadri “verdi”, in ogni senso, data la ricchezza di vegetazione che la decora, con corti centrali alberate, giardini pensili, grandi terrazze, tanto da essere battezzata Green Island. Perché questa scelta?
Tra noi, scherzando, ci diciamo che è la risposta romana al Bosco Verticale di Boeri a Milano. Crediamo sia importante lavorare in un ambiente anche fisicamente accogliente: dagli spazi alla luce, ai 16 giardini pensili a cui si accede dagli open space, phonebooth insonorizzati per colloqui o telefonate, alla mensa di design, fino alla navetta collegata alle fermate della metropolitana e al grande parcheggio nel parco che circonda il palazzo. Tutto è stato ideato per rendere piacevole la permanenza sul posto di lavoro. Abbiamo pensato anche alle persone della Centrale operativa, nella cui sede per motivi di sicurezza non possono esserci finestre, installando sulle pareti dei maxi schermi con videocamere che, fungendo da finestre virtuali, rimandano in diretta le immagini dell’esterno. Per alleviare la sensazione di “spazio chiuso”. Un ambiente di lavoro confortevole e bello favorisce un atteggiamento positivo.
Cos’altro fate per, diciamo, aumentare la felicità dei vostri dipendenti?
Quando c’è un motivo per festeggiare, lo facciamo. Non è un modo di dire: organizziamo una festa quando si raggiunge un determinato obiettivo, o per il kids day coi figli dei dipendenti, o anche, come in questo periodo, la festa dell’estate. Organizziamo quasi ogni mese eventi a cui partecipano dalle 50 alle 500 persone, assieme alle molte associazioni impegnate in attività benefiche e sociali con cui collaboriamo. Non sono solo eventi ludici. Ci occupiamo, per esempio, anche molto di violenza sulle donne, tema sul quale stiamo sviluppando una conoscenza approfondita. E recentemente abbiamo organizzato la prima Inclusion Week, con una idea di base: aprirsi all’inclusione, da ogni punto di vista, dalle persone Lgbtqia+, alle disabilità, all’empowerment femminile, all’integrazione multiculturale. Anche capire meglio il mondo in cui si vive ed essere portatori di valori positivi per cambiarlo in meglio, è importante.
Nunzia Penelope