Entra nel vivo la vertenza Alcoa (alluminio). La multinazionale Chimica e i sindacati si sono visti nella tarda serata a Palazzo Cgigi per discutere del piano industriale presentato dall’azienda. La riunione è durata poco più di un’ora. L’Alcoa mesi fa aveva deciso di chiudere la produzione italiana se il governo non avesse abbassato i costi dell’energia che nel campo dell’alluminio rappresenta uno dei costi maggiori. La multinazionale denunciava che l’alto prezzo dell’energia italiana rendeva la produzione nel nostro paese non competitiva. A tale richiesta il governo aveva risposto positivamente con un decreto sul costo dell’energia sulle isole, ma essendo la questione anche di competenza europea in questi mesi si è atteso il parere della Ue sulla questione. Il decreto garantisce tariffe elettriche più basse per le zone insulari del paese in cui l’economia è più debole. Quindi dalla norma rimane fuori lo stabilimento di Fusina dove la multinazionale non ha solamente un sito per la produzione dell’alluminio primario, ma anche un laminatoio. Ieri il sottosegretario Gianni Letta ha confermato, anche se in via non ufficiale, che la Commissione Europea avrebbe dato un giudizio di legittimità sul decreto Energie per le Isole. A questo punto l’Alcoa ha ribadito l’accordo raggiunto il 25 febbraio scorso a Palazzo Chigi e il piano complessivo di 65 milioni di euro che verranno destinati a Portovesme (40) e a Fusina (25). Si prevede per lo stabilimento sardo un piano di efficientamento e di completa capacità produttiva. Per quanto riguarda lo stabilimento di Fusina, la produzione nel sito che produce l’alluminio primario, non essendo interessata dallo scontro sulle tariffe elettriche per le aree insulari depresse, subirà una sospensione temporanea. Non sono previsti licenziamenti, ma si incentiverà la mobilità volontaria per cento persone. Rimarrà invece in funzione il laminatoio.
La Fiom e la Cgil, in una nota congiunta, si dicono preoccupati perché non considerano plausibile la sospensione temporanea del sito di Fusina, in quanto i lavoratori vengono messi in mobilità e non in cigs e perché i costi per far ripartire la lavorazione da zero sarebbero altissimi. Inoltre i due sindacati sono dubbiosi anche sul futuro del laminatoio in quanto sostengono che non sia conveniente avere la produzione in Sardegna e la lavorazione in Veneto.
Contrapposta l’analisi di Fim e Uilm che si dicono ottimiste riguardo alla vertenza. La Fim Cisl giudica positivamente il piano, ma ritiene necessario “a questo punto avviare il confronto in sede ministeriale affinché il piano sia credibile e garantisca in entrambi i siti produttivi costi energetici con una sostenibilità di lungo periodo”. Importante, per il sindacato, anche “la salvaguardia dei lavoratori atipici”. Soddisfatto anche Mario Ghini, segretario nazionale della Uilm. “Per noi – ha detto – ci sono le condizioni per la condivisione sul piano industriale della multinazionale siderurgica”. “Esprimiamo un giudizio positivo – ha concluso Ghini – perché il piano del Gruppo siderurgico in questione non prevede esuberi e indica una possibile apertura per la vicenda dei trenta lavoratori interinali dello stabilimento di Fusina a Venezia”.
Luca Fortis