Non solo le tute blu. L’automotive e la sua crisi inarrestabile riguardano anche un settore della produzione che non rientra nella metalmeccanica, ed è il mondo della componentistica. Un mondo che non sta nei confini di una sola categoria sindacale, ma coinvolge una filiera industriale frastagliata, che va dal vetro alla gomma plastica, dal tessile al cuoio. Un universo composto da circa 45 mila lavoratori, che a loro volta scenderanno in sciopero per sollecitare soluzioni alla crisi. La data scelta dalle tre categorie Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec, però, non è la stessa indicata da Fiom Fim e Uil per l’astensione dal lavoro, cioè il 18 ottobre, ma la settimana successiva, il 25. Sempre con manifestazione a Roma: a piazza del Popolo le tute blu, in luogo ancora da decidere i lavoratori della componentistica legata all’auto.
Sta di fatto che, nel giro di una settimana, scenderanno in sciopero, e in piazza, le due principali categorie sindacali dell’industria. La decisione di tenere distinte le due date un po’ sorprende ma, spiega Marco Falcinelli, segretario generale della Filctem, la scelta è stata proprio quella di di rimarcare l’esistenza di una filiera a sé stante, distinta da quella metalmeccanica in senso stretto, e con le proprie peculiarità: “Abbiamo scelto di fare questo sciopero come filiera industriale a sé perché, a differenza dei metalmeccanici, il mondo della componentistica coinvolge tanti settori e anche tante controparti industriali, almeno una decina. Dunque, era preferibile articolarla come categoria separatamente”.
Del resto, basta considerare come sono suddivisi i 45 mila addetti della componentistica auto: l’85% sta nel contratto nazionale Gomma plastica Industria, il restante 15% nei contratti SMI, Pelli e Cuoio, Vetro, Chimica, e Gomma plastica Confapi. Tutti indistintamente colpiti dalla profonda crisi che sta colpendo il settore, in particolare rispetto alle aziende che lavorano prevalentemente per Stellantis. Che peraltro, osservano i sindacalisti, sta anche chiedendo ai propri fornitori di delocalizzare le produzioni in Marocco e Tunisia, dopo che negli anni scorsi sono stati progressivamente spostati volumi nell’Est Europa. Come se non bastasse, c’è lo spettro della fine degli ammortizzatori sociali, ormai in vista dell’esaurimento a causa dell’uso intensivo di questi mesi.
In questo scenario drammatico, è chiaro che l’obiettivo, diciamo cosi, del doppio sciopero dell’industria legata all’auto non può essere solo Stellantis, ma anche lo stesso governo: cui spetterebbe il compito di individuare soluzioni adeguate alla crisi, ma di cui invece non si ha ancora alcuna traccia, malgrado i tanti tavoli e tavolini convocati al Mise. In ballo, e direttamente impattante sulla crisi dell’automotive, c’è anche e soprattutto la questione della transizione green, a partire dalla fine decretata dall’Ue per il motore tradizionale e l’avvento dell’elettrico. Il governo italiano punta su uno slittamento della data del 2035 ma, secondo Falcinelli, è un errore: “non ha senso procedere a colpi di proroghe, non si risolverebbe il problema ma si rimanderebbe soltanto. Inoltre, nessun altro in Europa sta chiedendo cambi di date, e in questo modo rischiamo di isolarci”. La soluzione, secondo il sindacalista, è quella indicata nel documento di Draghi: scelte precise, investimenti, e una politica industriale con una visione europea. Ma da Palazzo Chigi non sembrano per ora aver colto il segnale. Magari il doppio sciopero e la doppia manifestazione dell’automotive risveglieranno i dormienti, chissà.
Nunzia Penelope