Alessandra Servidori – Il Diario del Lavoro https://www.ildiariodellavoro.it Quotidiano online del lavoro e delle relazioni industriali Fri, 15 Mar 2024 14:06:57 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.4.3 https://www.ildiariodellavoro.it/wp-content/uploads/2024/02/fonditore.svg Alessandra Servidori – Il Diario del Lavoro https://www.ildiariodellavoro.it 32 32 In ricordo di Marco Biagi https://www.ildiariodellavoro.it/in-ricordo-di-marco-biagi/ Fri, 15 Mar 2024 14:06:57 +0000 https://www.ildiariodellavoro.it/?p=184450 Ventidue anni dalla morte dell’amico Prof. Marco Biagi ci spingono a ritrovare nei suoi insegnamenti e a trasmettere ai giovani la consapevolezza che una piena crescita politica di un Paese non può non fare i conti anche con l’etica pubblica, il senso civico, i doveri, la storia identitaria di una comunità , riconoscendo maggiore autorevolezza alle norme soprattutto giuslavoriste che tengono insieme un corpo politico e danno valore alle espressioni di un impegno sul mercato del lavoro per rafforzare un più forte legame comunitario.Il diritto del lavoro europeo la comparazione tra le nostre norme e quelle degli altri paesi della comunità, le relazioni industriali che si potevano confrontare e magari migliorare in ambito nazionale e la fiducia nell’Europa sociale ed economica e la forza degli strumenti e come possono essere sviluppati già nelle linee guida della Direttiva Ue/92 hanno attraverso lo studio e le proposte di Biagi consegnato ancora oggi linfa vitale per rinnovare le tutele nel lavoro. Dare dunque protagonismo ai corpi intermedi attraverso il dialogo sociale di fronte alle novità normative è fondamentale per rendere obbligatoria e permanente la formazione e i lavoratori e le lavoratrici coinvolte nel sistema delle relazioni partecipative aziendali sono alla base di una politica del lavoro chiamata più che mai in causa dall’innovazione e dalla transizione che stiamo affrontando. Rischi nuovi, rischi psico/sociali a cui misure organizzative sono chiamate a dare risposte attraverso la forza concentrica delle parti sociali. Ragionare insieme come realizzare la promozione del cd benessere nei contratti collettivi, nei tavoli negoziali sulla condizione diversa delle lavoratrici e lavoratori investendo sulla loro salute e quella del luogo di lavoro. Sia Marco Biagi che Ezio Tarantelli massacrati dalla furia brigatista ci hanno consegnato nel Testo Unico per la sicurezza sul lavoro pubblico e privato un patrimonio di strumenti per la tutela della salute in costanza di rapporto di lavoro in cui la persona è considerata soprattutto per i suoi bisogni e aspettative e il medico competente ha un ruolo fondamentale nell’attenzione olistica della lavoratrice e lavoratore nel contesto della relazione lavorativa : informazione sui contratti, stili di vita,prevenzione, costruire dunque non solo il fascicolo sanitario ma soprattutto il fascicolo privato della salute del lavoratore e lavoratrice significa collaborare tra medico di base e medico competente non per adempimenti ma per obiettivi andando oltre l’approccio sanzionatorio e impegnarsi su formazione anche congiunta con l’Università e i presidi associativi e istituzionali, ottimizzando i percorsi e lavorando costantemente in un sistema di confronto partecipativo e inclusivo. Questo ci ha insegnato il nostro Professore e questo noi dobbiamo portare avanti con tenacia soprattutto restituendo ai giovani quei principi e quei valori pragmatici che fanno bene alla salute complessiva del nostro Paese.

Alessandra Servidori

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Povertà relativa e povertà assoluta: di cosa parliamo https://www.ildiariodellavoro.it/poverta-relativa-e-poverta-assoluta-di-cosa-parliamo/ Wed, 28 Feb 2024 16:25:58 +0000 https://www.ildiariodellavoro.it/?p=183989 Spesso si discute su strumenti politici e sociali da adottare sui temi della situazione di povertà degli italiani usando due termini che è utile distinguere. La povertà relativa figura sempre più come un indicatore di disuguaglianza percentuale nello standard di vita medio tra i redditi piuttosto che di povertà effettiva, e povertà relativa è la misura di povertà adottata come standard di riferimento dall’Unione Europea. Sono relativamente poveri gli individui il cui reddito è inferiore a una frazione del reddito medio o mediano della popolazione di riferimento. Secondo Eurostat, sono povere tutte le famiglie il cui reddito (per adulto equivalente) è inferiore al 60 per cento del reddito mediano. Le variazioni dell’incidenza della povertà relativa, ossia della quota di individui poveri sul totale della popolazione, dipendono quindi non solo dall’eventuale peggioramento (o miglioramento) delle condizioni di vita delle famiglie prossime alla soglia di povertà, ma anche da variazioni del reddito medio nazionale ed è bene sapere che l’Italia è l’unico fra i Paesi europei che usa il parametro della povertà assoluta, insieme con quello della povertà relativa, per valutare il peso di questa condizione e il suo andamento nel tempo.

Si intende per povertà assoluta il concetto di bisogni fondamentali, tutt’altro che condiviso e Istat “si riferisce all’incapacità di acquisire i beni e i servizi necessari a raggiungere uno standard di vita ritenuto minimo accettabile per evitare forme di esclusione sociale nel contesto di appartenenza”. La soglia assoluta è, infatti, identificata dal valore di un paniere di beni e servizi ritenuti essenziali nel contesto sociale di riferimento. La composizione e il valore del paniere mutano ovviamente nel tempo, ma non in ragione della variazione del reddito medio nazionale, quanto piuttosto delle variazioni dei prezzi, delle preferenze individuali e sociali e della struttura socio-demografica. La soglia di povertà assoluta dell’Italia odierna è, variato il valore della lira (oggi euro), perché si è modificato il paniere di beni e servizi ritenuti essenziali e perché sono mutate le esigenze nutrizionali degli italiani. ll dato nazionale nasconde ampie disparità regionali. Sebbene i dati più recenti confermino quanto già riscontrato dall’Istat, la prospettiva storica evidenzia un aumento, apparentemente inarrestabile, del rapporto tra l’incidenza della povertà al Sud e al Nord, ossia dell’extra rischio di povertà che deve sostenere chi decida di emigrare dal Nord al Sud d’Italia. La povertà assoluta è, indubitabilmente, una questione meridionale e interpretare i dati sulla povertà non è semplice. Rivalutare una soglia relativa, aggiornandola per il solo aumento del costo della vita, equivale a tenere immobile la soglia di povertà. Mentre utilizzare una soglia della povertà relativa che si aggiorna automaticamente al variare della distribuzione del reddito è una prassi radicata nel nostro paese, ma non consente di monitorare con efficacia l’evoluzione del fenomeno, proprio per la sua eccessiva mobilità. Sul piano concettuale e su quello empirico sembra dunque preferibile seguire la dinamica della povertà assoluta. Nella definizione della linea povertà assoluta messa a punto dall’Istat rientrano non solo beni di sussistenza (cibo, vestiario e abitazione), ma anche tutti quei beni e servizi che le famiglie italiane, dati gli stili di vita prevalenti, sono abituate a ritenere essenziali Quindi non solo cibo, salute e abitazione, ma anche altre dimensioni come l’istruzione, l’accesso alle cure mediche, al mercato del lavoro, le speranze di vita e la mortalità infantile. La definizione che è adottata dalle Nazioni Unite definisce infatti la povertà assoluta come una “deprivazione grave dei bisogni umani di base, incluso cibo, acqua pulita, infrastrutture igieniche, salute, abitazione, istruzione e informazione. In questa prospettiva, l’individuazione della povertà richiede necessariamente la valutazione dei bisogni e delle capacità, non astratti ma concretamente legati alla disponibilità di beni e servizi, e alla capacità dei soggetti di avervi accesso. Sono soprattutto i beni pubblici e i servizi a differenziare fortemente le fasce di popolazione, per cui nella povertà assoluta possono ricadere anche lavoratori poveri, o famiglie e individui che a parità di condizioni economiche vivono in aree peggio assistite da servizi pubblici inefficienti o carenti.

Naturalmente, il problema di come includere il valore dei beni pubblici resta un nodo complesso, ma il caso della Sanità in Italia è ormai un esempio lampante di come le possibilità di accesso al servizio siano divenute una discriminante. Occorre osservare che la metodologia Istat adotta un “paniere” di beni considerati essenziali, continuamente aggiornati, più ampio di quello di sussistenza, dunque pluridimensionale, definito nello spazio e non solo nel tempo, e non legato solo alla componente alimentare come quello USA, l’unico Stato sviluppato che adotta il solo indice di povertà assoluta. Poiché lo stesso Istituto Centrale di Statistica comunica che “la metodologia di stima di questo indicatore, essendo affetta da un naturale processo di obsolescenza, richiede un periodico aggiornamento”, e che a questo scopo è stata istituita una commissione che ha il compito di analizzare la metodologia, verificarne la validità nella variabilità del contesto economico-sociale, e proporre modifiche, ebbene è verosimile e augurabile che si proceda anche nella direzione della individuazione di contesti omogenei, per aree similari, in cui sia verificata l’analisi della disponibilità e dell’uso dei beni pubblici essenziali.

Alessandra Servidori

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Per avere più nascite non servono i convegni https://www.ildiariodellavoro.it/per-avere-piu-nascite-non-servono-i-convegni/ Mon, 12 Feb 2024 09:10:40 +0000 https://www.ildiariodellavoro.it/?p=176168 Uno studio di Neodemos  su dati Istat a proposito di natalità ci consegna risultati molto interessanti, che ridimensionano la questione sulla fondamentale situazione dei  servizi alla prima infanzia. I quali, contrariamente a quanto abbiamo sempre affermato,  influenzano relativamente i comportamenti riproduttivi perché abbiamo delle differenze territoriali italiane sostanziali, sia per i servizi pubblici che privati,  anche in base all’età dei genitori, e in modo differenziato in base al livello d’istruzione e alla condizione occupazionale.

Certo l’istruzione ha un ruolo importante nel modulare il legame tra servizi alla prima infanzia e comportamenti riproduttivi: gli effetti positivi dei servizi pubblici si manifestano in modo più marcato tra le donne e uomini poco o mediamente istruiti, mentre gli effetti positivi della disponibilità di servizi privati si concentrano soprattutto tra donne con un livello più elevato di istruzione. 

Attenzione perché non vi sono evidenze che gli asili nido abbiano un impatto differenziato per coloro che sono occupati rispetto a coloro che non lo sono.  Dunque  l’aumento della disponibilità di servizi educativi per la prima infanzia, sebbene fondamentale sotto diversi aspetti, tra cui la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, non sarà sufficiente da solo a invertire i trend negativi della fecondità. 

In buona sostanza  bisogna operare per un completo progetto di politiche che, unite sinergicamente, possono consentire alle persone di realizzare i loro desideri di avere (più) figli di quelli che attualmente hanno.

E sull’occupazione quindi il governo a livello nazionale e territoriale deve prioritariamente, insieme all’inverno demografico che sta colpendo anche l’Europa,  accelerare su strumenti  finanziati  con il Fondo sociale europeo, sulla contrattazione di prossimità, sulla bilateralità per accedere a congegni di flessibilità lavorativa, sull’accesso agevolato al credito per i giovani- coinvolgendo anche le Fondazioni per creare un sistema economico che sostenga gli interessi collettivi e non la filantropia sterile.

Dunque la politica faccia scelte coraggiose e costruisca un piano  uniforme e straordinario interdisciplinare solidaristico per la natalità territoriale  e intergenerazionale e vada oltre la politica delle decontribuzioni alle aziende e alle pseudo certificazioni di parità di genere, che rappresentano aspirina in una Italia ammalata gravemente  con sempre meno giovani e sempre più  cronicamente anziana.

Alessandra Servidori

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Ddl Lavoro, l’analisi dei contenuti https://www.ildiariodellavoro.it/ddl-lavoro-lanalisi-dei-contenuti/ Thu, 01 Feb 2024 13:35:07 +0000 https://www.ildiariodellavoro.it/?p=175759 Il Ddl C. 1532 (“Ddl Lavoro”) si coniuga con la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2023, che indica tra i provvedimenti collegati alla manovra di bilancio 2024-2026 due disegni di legge recanti, rispettivamente, misure a sostegno delle politiche per il lavoro- oggetto della consultazione e interventi in materia di disciplina pensionistica. Il contenuto del provvedimento evidenzia che il disegno di legge C. 1532 si compone di articoli che appaiono prevalentemente riconducibili a detti ambiti materiali, ancorché il titolo del provvedimento richiami esclusivamente disposizioni in materia di lavoro.  Specifici interventi relativi a politiche del lavoro, con una serie di misure che disciplinano diversi aspetti del rapporto di lavoro, anche al fine di rafforzare le tutele dei lavoratori, e a misure di carattere previdenziale e pensionistico. In tale quadro, si rileva che progressivamente l’articolato disciplina l’istituzione presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali del Sistema informativo per la lotta al caporalato in agricoltura,  e successivamente  l’articolo che  reca modifiche al decreto legislativo n. 81 del 2008 in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro  che  ripristina la tripartizione nell’ambito della Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, che caratterizza, anche in ambito internazionale, l’approccio alle materie della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.

La modifica normativa consente di mantenere la composizione della Commissione come recentemente aggiornata dal jobs act, prevedendo però che i predetti componenti possano partecipare ai lavori senza diritto di voto, conservandone pienamente il ruolo consultivo. Di seguito articolato riguarda le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori che possono presentare interpello in materia di salute e sicurezza. La finalità sottesa alla disposizione è quella di rendere conforme l’interpello disciplinato dall’articolo 12 del decreto legislativo n. 81 del 2008 a quello previsto dall’articolo 9 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124, nonché di ovviare alla difficoltà di definire il requisito della qualificazione delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori come organizzazioni «comparativamente più rappresentative»: si propone pertanto di sostituire tale locuzione con la seguente: «maggiormente rappresentative», per qualificare le organizzazioni che possono inoltrare alla Commissione per gli interpelli quesiti sull’applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza del lavoro.

Riferendosi  alle politiche del lavoro esse si traducono nel riconoscimento di ammortizzatori sociali e nell’accompagnamento a nuovi percorsi occupazionali, modificando la disciplina della sospensione dei trattamenti di integrazione salariale in caso di svolgimento di attività di lavoro subordinato o autonomo e introducendo modifiche alla normativa relativa alla costituzione dei fondi di solidarietà bilaterali, applicabili ai fondi costituiti a partire dal 1° maggio 2023, prevedendo il trasferimento ai fondi di nuova costituzione delle risorse dei fondi integrazione salariale (FIS).In merito a tale modifica si auspica alla funzione della bilateralità di trovare applicazione anche ad uso di sussidiarietà tra lavoratori e lavoratrici nella necessità di maggiori congedi parentali per sostenere la flessibilità lavorativa e conciliativa tra i tempi di vita e lavoro.  Si rileva che con disposizioni volte a favorire il reinserimento occupazionale, si prolunga il termine per l’assunzione a tempo indeterminato dei lavoratori socialmente utili e dei lavoratori in attività di pubblica utilità nella prospettiva auspicata di andare a termine di tale strumento di sostegno sociale in linea con l’obiettivo di occupazione nell’ambito dei circuiti istituzionali potenziati.

Gli interventi riferiti alla disciplina dei rapporti di lavoro modifica in meglio la normativa applicabile ai contratti di somministrazione di lavoro con l’obiettivo di eliminare i limiti quantitativi in caso di somministrazione a tempo indeterminato di specifiche categorie di lavoratori, e contemporaneamente si modifica la disciplina del periodo di prova al fine di stabilirne una durata minima legale parametrata alla durata del rapporto di lavoro. Si ricorda che l’articolo interviene sulla disciplina delle comunicazioni obbligatorie in materia di lavoro agile  ponendo nel contempo  l’auspicato ordinamento  di tale modalità di lavoro possa aver un potenziamento che presuppone una notevole capacità organizzativa e partecipativa sia da parte del management che dei lavoratori e lavoratrici per ottimizzare la partecipazione per obiettivi ; importante l’estensione dell’ambito di utilizzazione delle risorse stanziate dall’articolo 1, comma 110, lettera c), della legge n. 205 del 2017 per  consentirne la destinazione a tutte le tipologie di apprendistato e non solo all’apprendistato professionalizzante ; si introducono  una nuova fattispecie di risoluzione del rapporto di lavoro per volontà del lavoratore in caso di assenza ingiustificata oltre il termine previsto dal contratto collettivo o, in mancanza, superiore a cinque giorni.* sarebbe stato da preferire un “ritorno” a un modello similare a quello già sperimentato con l’art. 4 c. 17 e ss. l. 28 giugno 2012, n. 92. Infatti, la disciplina prescritta dalla Legge Fornero, senza prevedere automatismi e servendosi, piuttosto, dello schema civilistico dell’avveramento della condizione (artt. 1358 e ss. c.c.), tipizzava, ai fini della risoluzione del rapporto, uno specifica condotta del lavoratore, inequivocabilmente espressiva della sua volontà di concludere il contratto («19. Nell’ipotesi in cui la lavoratrice o il lavoratore non proceda alla convalida di cui al comma 17 ovvero alla sottoscrizione di cui al comma 18, il rapporto di lavoro si intende risolto, per il verificarsi della condizione sospensiva, qualora la lavoratrice o il lavoratore non aderisca, entro sette giorni dalla ricezione, all’invito a presentarsi presso le sedi di cui al comma 17 ovvero all’invito ad apporre la predetta sottoscrizione, trasmesso dal datore di lavoro, tramite comunicazione scritta, ovvero qualora non effettui la revoca di cui al comma 21») ovvero, per dirla come la costante giurisprudenza formatasi in tema di dimissioni per “fatti concludenti”, un comportamento tale «da esternare esplicitamente, o da lasciar presumere (secondo i principi dell’affidamento), una sua volontà di recedere dal rapporto di lavoro » (fra le molte, Cass.,10 ottobre 2019, n. 25583).

Una parte importante è dedicata  agli obblighi contribuitivi connessi alle prestazioni lavorative  con disposizioni che disciplinano le attività dell’INPS volte a promuovere l’adempimento spontaneo degli obblighi contributivi;  INPS e INAIL, a determinate condizioni, possano consentire il pagamento rateale di debiti per contribuiti, premi e accessori di legge, non affidati per il recupero agli enti della riscossione; contemporaneamente  si offrono misure per il potenziamento delle attività di accertamento di elusioni e violazioni in ambito contributivo e della riscossione degli importi non versati , modificando la disciplina relativa alla notificazione delle controversie in materia contributiva riferita ai casi in cui INPS è parte convenuta.

A supporto delle attività svolte nell’ambito delle politiche per il lavoro e per la previdenza, è consentito al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, alle sue società e agli enti vigilati e alle società in house di avvalersi di INPS Servizi S.p.a creata per sostenere la mole di lavoro che in capo agli enti vigilati si è notevolmente arricchita. In quanto alla tematica del lavoro per ciò che attiene alla formazione al lavoro, si recano disposizioni per potenziare i percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento coinvolgendo il Ministero dell’istruzione e del merito ma non coinvolgendo il Ministero dell’università e ricerca che comunque in tal versante è legislativamente coinvolte soprattutto per la funzione di alta formazione e di collegamento con le recenti norme che attengono alla creazione delle Fondazioni.

In ambito previdenziale  si prevede  l’apertura in via strutturale dei termini per l’adesione alla Gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali costituita presso l’INPS;  uniforma i tempi di presentazione delle domande di accesso all’APE sociale e di pensionamento anticipato con requisito contributivo ridotto e introdotte modifiche alla disciplina della rendita vitalizia, al fine di prevedere l’imprescrittibilità del diritto del lavoratore a chiedere il riconoscimento a fini pensionistici dei periodi per i quali sia stato omesso il versamento dei contributi, dopo che ne sia intervenuta la prescrizione e, infine, una disposizione di carattere organizzativo in materia di svolgimento mediante videoconferenza o in modalità mista delle riunioni degli organi degli enti previdenziali privatizzati.

Sottolineo che il provvedimento reca disposizioni in materia di politiche sociali. In particolare, si estende alle forme associative comunali la deroga ai vincoli per le assunzioni di assistenti sociali già prevista in favore dei comuni, e si prevede l’istituzione, nell’ambito della Rete della protezione e dell’inclusione sociale, un tavolo di lavoro sul fenomeno dei minori fuori famiglia e sui minori affidati e in carico ai servizi sociali territoriali.  Si reca modifiche al Codice del Terzo settore per agevolare la partecipazione alle assemblee degli enti mediante l’utilizzo di mezzi di telecomunicazione e la votazione per via elettronica. Viene introdotto, inoltre, un termine per la ricostituzione del numero minimo di associati da parte delle reti associative iscritte nel Registro unico nazionale del Terzo settore, che in buona sostanza valorizza l’associazione appartenente.

Alessandra Servidori, presidente nazionale dell’associazione Studi e Ricerche TUTTEPERITALIA

]]> Un progetto a lungo termine per cambiare la prospettiva della scuola: il caso dell’educazione socio-affettiva https://www.ildiariodellavoro.it/un-progetto-a-lungo-termine-per-cambiare-la-prospettiva-della-scuola-il-caso-delleducazione-socio-affettiva/ Mon, 08 Jan 2024 11:10:05 +0000 https://www.ildiariodellavoro.it/?p=174987 Ho ascoltato attentamente, come sempre, le riflessioni del presidente Mattarella e vorrei sottolineare alcune questioni che sono dirimenti per questo nuovo anno e che riguardano gli istituti dell’educazione e formazione scolastica che peraltro, ritrovandomi in grande sintonia con l’Associazione nazionale dirigenti scolastici, possono anche coinvolgere le aule Universitarie. Riguardo all’opportunità o meno di introdurre una specifica disciplina scolastica di Educazione all’affettività, è fondamentale richiamare la lezione appresa proprio dall’ultima re-introduzione da parte del ministro Valditara negli ordinamenti dell’Educazione Civica, disciplina che, ricordiamolo, dal 1955 ad oggi ha subito un provvedimento di riforma mediamente ogni 3 anni, ma che ancora non funziona.

L’insegnamento dell’Educazione civica è stato inserito come trasversale nell’ambito dell’attuale monte ore complessivo, ma con non meno di 33 ore annue e una specifica valutazione in decimi, periodica e finale. Questo, di fatto, l’ha resa “l’ennesima materia”, vissuta come tale da docenti stanchi e allievi demotivati. Quindi, pur concordando con la proposta di integrare l’Ed. all’affettività nell’Ed. civica, più che declinare obiettivi specifici di apprendimento, che rischierebbero di farci ricadere nella “trappola disciplinare”, sembra più utile indicare traguardi di competenze, anche coinvolgendo alcune facoltà Universitarie riscontrando che tale insegnamento deve contenere dei principi interdisciplinari legati alla nostra Costituzione e ai diritti.

Tutto ciò richiede di pensare a lungo termine, cambiando la prospettiva. Non si può persistere nell’errore di intervenire su qualsiasi emergenza di rilevanza scolastica – da ultimo quella, pur urgente e cogente, dell’educazione socio-affettiva e di genere – continuando ad avere in mente, che lo si ammetta o meno, l’antico e tradizionale modello di scuola e di ruolo dell’istituzione in quanto tale è ancora basculante tra educazione e formazione. La scuola come luogo accogliente e fonte di ben-essere, dove si sviluppi prima di tutto il civismo, una scuola organizzata e vissuta come fucina della convivenza democratica e collegata alla comunità. Un luogo in cui le studentesse e gli studenti abbiano la possibilità di esprimersi davvero nella molteplicità dei loro talenti, di godere di spazi di reale autonomia e responsabilità, di apprendere in ambienti educativi fondati su curricoli snelli, sviluppati per progetti, poiché è lavorando per progetti, nella pura accezione metodologica del termine, che si possono sperimentare nella loro reale portata, utilità ed efficacia relazioni basate sul rispetto prima di tutto, e conseguentemente sul riconoscimento dell’eguale valore di ciascuno nella diversità e possano scegliere che tipo di percorso formativo può essere interessante e concretamente realizzabile. Abbiamo bisogno di creare le condizioni perché i giovani siano realmente al centro dell’organizzazione, e nell’organizzazione acquisiscono autonomia, responsabilità e capacità di lavorare insieme, aperti alla società, capaci di immaginare e sperare, di apprendere con uno scopo ideale e pratico insieme, in quanto fattivamente coinvolti nel cercare soluzioni ai problemi che assillano il mondo.

Bisogna offrire discipline finalizzate all’apprendimento autentico ed è fondamentale che la formazione degli insegnanti è cruciale: l’insegnamento è una professione, che richiede ciò che è proprio delle professioni: una specifica formazione, standard professionali (che cosa devono sapere e saper fare gli insegnanti), un codice deontologico, una selezione rigorosa, propri organi professionali. Con la creazione di una vera e propria carriera docente, basata su quella che è stata definita, anche a livello accademico, leadership diffusa, ecosistemica, fondamentale per rendere attrattiva la professione docente, per sostenere gli istituti autonomi e per dare futuro e nuovo slancio alla formazione iniziale e continua dei docenti. Una leadership che si costruisce prevedendo uno stato giuridico, diversi livelli retributivi e lo sviluppo di più percorsi di carriera, dentro e fuori la scuola e l’università.

Per rispondere efficacemente ai bisogni socio-affettivi degli alunni e contrastare povertà educative e dispersione scolastica, sia a livello di prevenzione che di azione, gli insegnanti possano essere affiancati da altre figure di professionisti esterni, di supporto all’azione educativa primaria della scuola e delle famiglie – come psicologi, counselor, coach, associazioni ed enti del Terzo Settore – non potendo gli insegnanti svolgere tutti questi ruoli. Questo avviene in molti altri Paesi ed è sottolineato anche nelle Linee guida per la realizzazione di progetti contro la dispersione scolastica e universitaria finanziati dal PNRR. Anche per promuovere l’educazione affettiva, quindi, è auspicabile che si formino squadre multidisciplinari in cui insegnanti ed esperti collaborino per il benessere dell’intera comunità educante.

Alessandra Servidori

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La poverta assoluta colpa dell’inflazione? No, non solo. https://www.ildiariodellavoro.it/la-poverta-assoluta-colpa-dellinflazione-no-non-solo/ Tue, 31 Oct 2023 12:36:00 +0000 https://www.ildiariodellavoro.it/?p=172784 Nel 2022 sono in condizione di povertà assoluta poco più di 2,18 milioni di famiglie (8,3% del totale da 7,7% nel 2021) e oltre 5,6 milioni di individui (9,7% in crescita dal 9,1% dell’anno precedente).Questo peggioramento è imputabile in larga misura alla forte accelerazione dell’inflazione. L’incidenza della povertà assoluta fra le famiglie con almeno uno straniero è pari al 28,9%, si ferma invece al 6,4% per le famiglie composte solamente da italiani. L’incidenza di povertà relativa si attesta al 10,9% (stabile rispetto all’11,0% del 2021) e le famiglie sotto la soglia sono 2,8 milioni.” Nel presentare i dati e le tabelle l’Istituto ha correttamente sottolineato l’incidenza della presenza  di stranieri  nelle famiglie in Italia.

Significa che nel conteggio dello stato di povertà assoluta questa volta si sono aggiunti gli stranieri, che ovviamente alzano il livello della situazione italiana rispetto agli altri anni. La povertà assoluta colpisce 1 milione 382 mila bambini e minori  con un crescendo rispetto al numero dei presenti in famiglia  e apportando disagio grave. Per fare delle riflessioni adeguate bisogna comparare i dati con quelli, per esempio, del 2016  dove erano oltre 1,6 milioni le famiglie in condizioni di povertà assoluta, con un boom del +96,7% rispetto al periodo pre-crisi. Le persone in povertà assoluta erano 4,7 milioni, con un incremento del 165% rispetto al 2007. Tali dinamiche incrementali hanno coinvolto tutte le aree geografiche, con un’intensità maggiore al Centro (+126%) e al Sud (+100%). Il boom della povertà assoluta rinviava a una molteplicità di ragioni, ma in primo luogo alle difficoltà occupazionali, visto che tra le persone in cerca di lavoro coloro che erano  in povertà assoluta erano pari al 23,2%.

Il fenomeno continua negli anni ad avere  una relazione inversa con l’età: nel 2016 si passava dal 12,5% tra i minori (+2,6% negli ultimi tre anni) al 10% tra i millennial (+1,3%), al 7,3% tra i baby boomer, al 3,8% tra gli anziani (-1,3%). La povertà assoluta aveva l’incidenza più elevata tra le famiglie con tre o più figli minori (il 26,8%, +8,5%). E i dati mostravano  un altro trend il cui potenziale sviluppo poteva avere gravi implicazioni nel futuro: l’etnicizzazione della povertà assoluta. Nel 2016 il 25,7% delle famiglie straniere era è in condizioni di povertà assoluta contro il 4,4% delle famiglie italiane, mentre nel 2013 erano rispettivamente il 23,8% e il 5,1%.Dunque il trend cresce così come cambiano le condizioni economiche e sociali italiane e le difficoltà vecchie si aggiungono a quelle nuove. Ma la povertà assoluta colpisce più i giovani e le donne per la inadeguatezza soprattutto dell’istruzione e formazione per le nuove generazioni giovanile per la garanzia di sicurezza sociale nel lavoro  e percorsi inadeguati di crescita socio economica.

Il 30,8% dei giovani è assunto con contratto a termine contro una media del 13% per il totale degli occupati ed è più elevata del 20,6% del totale. La conseguenza sono redditi bassi e precarietà strutturale dunque povertà e vulnerabilità. Per i minori il rischio effettivo e continuo è la crescita della disuguaglianza in tutte le tappe della loro vita sociale e perda spesso della malavita quando sono figli di famiglie già sottomesse alla criminalità organizzata. Il gender gap comincia in età minorile per le femmine e continua nell’età dell’ istruzione e formazione, del lavoro, delle retribuzioni che fa del nostro Paese il fanalino di coda dell’Europa. La condizione  femminile è peraltro peggiorata notevolmente durante la pandemia e non è ancora tornata ai livelli pre-Covid. Il tasso di attività femminile, che esprime la percentuale di donne tra i 15 e i 64 anni disponibili a lavorare, si attesta al 56,2%; il tasso di attività maschile è invece pari al 74,5%. Allarmante risulta essere pure il tasso di occupazione: 50,7% per le donne contro il 68,8% dei maschi. Il tasso di disoccupazione è del 9,6% per le donne e del 7,4% per gli uomini. Così la povertà diventa strutturale e  discriminazione perpetua.

Alessandra Servidori
Componente – Fondo nazionale per il contrasto  povertà educativa minorile

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Il luogo di lavoro come comunità di tutela per le persone affette da patologia oncologica https://www.ildiariodellavoro.it/il-luogo-di-lavoro-come-comunita-di-tutela-per-le-persone-affette-da-patologia-oncologica/ Tue, 06 Jun 2023 06:47:38 +0000 https://www.ildiariodellavoro.it/?p=167447 Si susseguono ripetutamente sentenze del tribunale del lavoro contro datori di lavoro che, esaurito il periodo di comporto per motivi di malattia oncologica invalidante ingravescente licenziano la lavoratrice/lavoratore, senza applicare la norma che prevede di poter adottare secondo il CC 2087 e il dl 81/2008 provvedimenti ragionevoli e adibire il dipendente – peraltro non avvertito dello scadere del periodo di comporto – a mansioni non compatibili con il suo ridotto stato di salute e dunque incorrendo in grave discriminazione. La normativa che riguarda il trattamento del dipendente affetto da patologia grave è soggetta a molteplici interventi differenziati ma è bene ricordare che un terzo dei malati di cancro è in età lavorativa: nel 2022 oltre un milione e quattrocentomila lavoratori. Indagini sui costi sociali ed economici del cancro per i malati ed i caregiver hanno mostrato che il 70% dei malati ha difficoltà finanziarie e che per il 30% di loro la malattia ha influito negativamente sul lavoro fino a causarne, per alcuni, la perdita. I pazienti (e i caregiver) più penalizzati sono i lavoratori autonomi ed è ragionevole nella situazione attuale in cui si stanno ridefinendo le politiche integrate socio sanitarie che  i diritti costituzionali alla salute ed al lavoro siano garantiti senza discriminazioni di genere o di tipologia di lavoro (subordinato o autonomo, pubblico o privato).

Nella Missione 5 del PNRR sono stanziati 20 miliardi di euro per le politiche per il lavoro e in questo contesto vi sono riferimenti all’inserimento lavorativo di persone con disabilità. Supportare il malato oncologico che lavora è un investimento anche per la sostenibilità del sistema di welfare. La Commissione Lavoro della Camera ha avuto in esame cinque disegni di legge su “Disposizioni concernenti la conservazione del posto di lavoro e i permessi retribuiti per esami e cure mediche in favore dei lavoratori affetti da malattie oncologiche, invalidanti e croniche”. È necessario che le misure di sostegno del “lavoratore oncologico”, finora previste esclusivamente per i dipendenti (permessi e congedi retribuiti, contributi figurativi, smart working e telelavoro, accomodamenti ragionevoli), siano estese in modo omogeneo a sostegno dei lavoratori autonomi e liberi professionisti, la cui tutela è ancora inadeguata. I ddl portano le firme di Gatta -Rizzetto-Locatelli – Seracchiani – Comaroli, Cattoi, Giaccone – che avevano trovato un accordo di massima sull’Atto Camera 2098. A parere di chi scrive comunque e per agevolare il lavoro si suggerisce di attenzionare:  una parificazione normativa per tutti i dipendenti del lavoro pubblico e privato e possibilmente anche autonomo; tutelare i lavoratori dipendenti pubblici e privati affetti da malattie oncologiche, invalidanti e croniche affinché conservino il posto di lavoro per tutto il periodo necessario alle cure o ai trattamenti che comportano condizioni psicofisiche non compatibili con l’attività lavorativa e, comunque, per un periodo non superiore a ventiquattro mesi dalla certificazione medica specialistica, salvo, ovviamente, che i CCNL di categoria non prevedano norme di maggiore favore.

Tale congedo deve essere compatibile con la concorrente fruizione di altri eventuali benefìci economici o giuridici e la sua fruizione decorre dall’esaurimento degli altri periodi di assenza giustificata e certificata, a qualunque titolo riconosciuti al dipendente, quali i periodi di congedo già oggi riconosciuti dalla contrattazione collettiva o da norme di legge in via generale per i casi di malattia; nei casi di malattie oncologiche, invalidanti e croniche che richiedono visite, esami strumentali e cure mediche frequenti,  si propone di estendere a lavoratrici e lavoratori pubblici e privati le diciotto ore di permesso attualmente previste da CCNL a tali fini, ritenendo che queste attività facciano parte del percorso terapeutico del paziente; ai lavoratori/trici affetti da malattie oncologiche, invalidanti e croniche, decorso il termine di congedo riconosciuto ai sensi della proposta di legge in esame, è concesso l’accesso prioritario alla modalità di lavoro agile, ove possibile, ai sensi della legge n. 81 del 2017. Con riferimento al lavoro autonomo, si prevede, al ricorrere delle suddette malattie, la possibilità per il lavoratore di sospendere l’esecuzione della prestazione dell’attività svolta in via continuativa per il committente per un periodo fino a trecento giorni per anno solare. Questo è un elemento di innovazione perché la legge n. 81 del 2017, all’articolo 14, comma 1, prevedeva centocinquanta giorni;  per i lavoratori autonomi, prevedere la corresponsione di un indennizzo per un congruo periodo, superiore a quello attualmente previsto; Agli oneri  di queste nuove norme si provvede mediante corrispondente  Fondo del Bilancio dello Stato per gli anni 2025/2026 e autorizzando il Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio ;successivamente con adeguato monitoraggio con i Fondi  del Piano nazionale Oncologico (decreto Milleproroghe Ministero Salute gennaio 2023). Con apposita Convenzione Inail e Istituti di cura e ricerca promossa dal Ministero del Lavoro e politica sociale. Peraltro il Piano europeo di lotta contro il cancro: “Migliorare la qualità della vita dei pazienti oncologici e dei sopravvissuti”, presentato a febbraio 2021, al cap. 6 chiede azioni concrete tese a migliorare la qualità della vita dei pazienti oncologici e dei sopravvissuti anche in considerazione dell’allungamento della sopravvivenza. E’ stato adottato in Italia il 26 gennaio 2023 con Intesa in Conferenza Stato-Regioni il Piano Nazionale Oncologico che  pone l’attenzione sulla centralità del malato e sulla riduzione o eliminazione delle disuguaglianze nell’accesso agli interventi di prevenzione e cura. Individua obiettivi e linee strategiche in coerenza con il Piano europeo contro il cancro e  recepito con provvedimenti propri dalle Regioni e dalle Province autonome che adotteranno le soluzioni organizzative più idonee in relazione alle esigenze della propria programmazione. Per quanto riguarda la prevenzione primaria, nel documento, secondo quanto previsto anche dal Piano Nazionale della Prevenzione 2020-2025, viene dato ampio spazio al consolidamento delle azioni per favorire stili di vita salutari nei contesti di vita, partendo dall’ambiente scolastico fino ai luoghi di lavoro.

Viene posta particolare attenzione al contrasto al tabagismo e al consumo dannoso e rischioso di alcol, nonché alla promozione dell’attività fisica e della sana alimentazione. Per quanto riguarda la prevenzione secondaria, nel Piano oncologico si prevede il potenziamento dei programmi organizzati di screening, anche avvalendosi delle nuove Case di Comunità previste dal PNRR e normate col DM 77. Tra gli obiettivi c’è quello di allargare le fasce d’età per gli screening  e quello di identificare precocemente i soggetti a rischio eredo familiare, anche attraverso specifici PDTA. A fianco delle attività di promozione della salute e prevenzione, nel Piano oncologico viene, inoltre, favorita un’assistenza sempre più domiciliare e integrata con l’ospedale e i servizi territoriali, attraverso la razionalizzazione dei processi di presa in carico e la definizione dei relativi aspetti operativi, consentendo di erogare servizi anche a distanza mediante team multiprofessionali. Ampio spazio è, infatti, dedicato al percorso del malato oncologico con particolare attenzione all’integrazione del percorso diagnostico-terapeutico, alla continuità assistenziale sul territorio, alle reti oncologiche e alla rete nazionale dei tumori rari (tumori rari solidi dell’adulto, tumori onco-ematologici, tumori pediatrici) al fine di potenziare l’assistenza per chi è affetto da forme rare di tumore e per i pazienti fragili; alla riabilitazione per i malati oncologici, alle cure palliative, allo sviluppo e implementazione della psico-oncologia, al ruolo del supporto nutrizionale, al follow up e alla qualità della vita e reinserimento sociale dei malati e dei lungo viventi oncologici e dei guariti dal cancro. Contemporaneamente il coordinamento interistituzionale per la prevenzione delle patologie oncologiche  coordinato dall’istituto Ramazzini ha redatto una proposta di legge per sostenere i caregiver (http://www.tutteperitalia.it/tutteperitalia/editoriali2/965-disegno-di-legge-per-i-cargiver)

E’ evidente che il luogo di lavoro diventa dunque una comunità particolarmente attenzionata per approvare e applicare  in tempi veloci nuove norme di tutela della persona affetta da patologia oncologica e le audizioni in corso  su Disposizioni concernenti la conservazione del posto di lavoro e i permessi retribuiti per esami e cure mediche in favore dei lavoratori affetti da malattie oncologiche invalidanti croniche, sono particolarmente interessanti.

Alessandra Servidori

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La nuova contrattazione del diritto https://www.ildiariodellavoro.it/la-nuova-contrattazione-del-diritto/ Wed, 12 Apr 2023 13:46:17 +0000 https://www.ildiariodellavoro.it/?p=165192 Quando invochiamo formazione e competenza per il nostro sistema aziendale, dobbiamo uscire dagli schemi del lavoro all’interno della azienda massificata e fordista. Dentro all’innovazione e alla nuova sfida che stiamo affrontando, sempre più vistosamente complessa, dobbiamo anche impostare il nuovo diritto del lavoro, suffragato da una contrattazione che non ha solo la subordinazione come accesso a un sistema di tutele: perché la contrattazione individuale, rivolta alla lavoratrice e al lavoratore, deve essere agganciata ad un contesto lavorativo che si incardina soprattutto, e prioritariamente, sulla formazione e competenza della persona.

La formazione è il bene primario a partire dalla scuola fino al termine della propria attività professionale. È chiaro che comporta molti investimenti, ma questa è la risposta da una occupazione che soddisfi la persona e il mercato. Dobbiamo offrire alle aziende, e dunque all’imprenditore e alle persone -per avere maggiore e buona occupazione e anche per affrontare cambiamenti rapidissimi – contratti di lavoro incardinati sulle competenze che soddisfino le esigenze e utilizzate da aziende c.d. certificate, cioè con una organizzazione del lavoro e dei sistemi permanenti di formazione.

Riconoscere il ruolo e le competenze è fondamentale, perché significa verificare lo stato effettivo di capacità professionali all’interno della comunità aziendale, incardinando l’organizzazione alla formazione che accompagna l’evoluzione delle competenze a favore dell’accusabilità. Un sistema contrattuale che parta dallo Statuto dei lavori, e che si cala sulla verifica dell’organizzazione a cominciare dal management per tutta la trasversale dorsale aziendale, per contrattualizzare individualmente la lavoratrice e il lavoratore è fondamentale. E’ evidente che a cominciare dal vertice aziendale le competenze possedute, e dunque il suo riconoscimento, è il valore aggiunto della competitività e della concorrenza, ovviamente a patto che sia in grado di coinvolgere tutta la catena umana in attività sia produttive che di benessere personale. Ci stiamo domandando cosa si può fare per offrire e trattenere le persone nelle aziende senza privarci di talenti e per fidelizzarli, e dunque il contratto aggiuntivo è la soluzione al fianco della contrattazione collettiva. Piani di partecipazione produttiva legata ad obiettivi e remunerazioni adeguate, ovviamente con clausole di stabilità reciproca per azienda e persone che garantiscono la continuità del rapporto laddove soprattutto si è investito in formazione e contrastino i recessi. Da questo punto di vista, il welfare aziendale incardinato su valori di sostenibilità è uno strumento importantissimo, indirizzato su servizi per la qualità del lavoro e vita privata, poiché le professionalità acquisite in azienda non passino ad altri facendo ovviamente un salto di qualità.

 

Alessandra Servidori

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Come sostenere i rifugiati ucraini che fuggono dalla guerra: l’Italia fa un serio monitoraggio? https://www.ildiariodellavoro.it/come-sostenere-i-rifugiati-ucraini-che-fuggono-dalla-guerra-litalia-fa-un-serio-monitoraggio/ Wed, 01 Mar 2023 10:46:46 +0000 https://www.ildiariodellavoro.it/?p=163508 Mentre il primo anniversario della guerra in Ucraina inasprisce la tragedia sociale noi TUTTEPERITALIA come soci  ESN–EUROP SERVICES NETWORK –  abbiamo approfondito  l’impatto sui servizi sociali in prima linea nella continua crisi umanitaria soprattutto coinvolgendo i paesi confinanti con  l’Ucraina per conoscere le loro risposte immediate e le sfide alla luce dell’arrivo di milioni di rifugiati ucraini alle loro porte. Si è evidenziato i programmi messi in atto dai servizi sociali, il sostegno continuo che è stato necessario e ci ha aiutato a valutare come le autorità nazionali ed europee potrebbero aiutare il lavoro dei servizi sociali a lungo termine. Un anno dopo  con  Polonia  Romania e persino  Moldavia ancora più povera,  abbiamo  potuto apprezzare che il sostegno dei servizi sociali alle persone ucraine in fuga dalla guerra – per lo più donne con bambini – non riguardava solo la risposta iniziale, ma anche risposte generali che affrontano le esigenze di inclusione sociale a lungo termine.

In alcuni comuni della Romania, la direzione dell’assistenza sociale della città ha guidato un’importante rete di agenzie locali e ONG per acquistare e distribuire prodotti essenziali come cibo non deperibile, acqua, prodotti per l’igiene o medicine essenziali. Le esigenze si sono evolute nel tempo; Mentre inizialmente l’alloggio era la questione più urgente, l’istruzione, la sanità e il sostegno finanziario sono ora al centro della scena. I servizi sociali comunali hanno sottolineato che i partenariati con le organizzazioni del terzo settore sono stati fondamentali per poter fornire sostegno negli ultimi 12 mesi, altrimenti non sarebbero stati in grado di far fronte solo al proprio bilancio. L’arrivo di bambini traumatizzati dalla guerra ha lasciato il segno e rappresentano le urgenze più evidenti  che accudiscono insieme ai loro  bambini con difficoltà di sviluppo cercando di assicurare loro un rifugio sicuro.

Il dipartimento del Fondo sociale europeo presso il governo regionale della Slesia in Polonia, sottolinea che mentre la risposta iniziale della popolazione locale è stata molto positiva, c’è stato un calo di entusiasmo mentre la guerra si trascina e ora il governo regionale e locale insieme alle ONG deve assumersi ulteriori responsabilità per sostenere l’inclusione sociale dei rifugiati ucraini in un contesto di crescente povertà e malcontento sociale, che rende l’integrazione ancora più difficile. Promuovere l’integrazione nel mercato del lavoro dei rifugiati ucraini è fondamentale per la loro inclusione sociale in modo che possano contribuire finanziariamente all’economia ospitante e sentirsi inclusi nella società. All’inizio è evidente che si sono concentrati sugli aiuti umanitari, ma ora stanno affrontando le conseguenze economiche e dunque  conoscere le loro qualifiche professionali e la loro formazione può aiutare  a capire meglio come possono contribuire al mercato del lavoro, e stanno monitorando i loro dati per ottenere un quadro migliore in modo che i funzionari locali del lavoro siano più efficaci nell’attivazione professionale dei rifugiati e, si spera, riescano ad avere un impatto positivo nella loro più ampia integrazione sociale all’interno della comunità locale.

In Romania l’integrazione nel mercato del lavoro è diventata una preoccupazione primaria per i servizi sociali nel comune insieme all’accesso alle prestazioni sociali, al sostegno dei bambini ucraini nelle scuole, all’accesso all’assistenza sanitaria e all’alloggio. I  loro servizi locali offrono ai rifugiati consulenza sociale, prestazioni sociali in base alla loro situazione, come mense sociali o reddito minimo, e li indirizzano  ad altre agenzie responsabili dell’istruzione, della salute e dell’occupazione.

Queste testimonianze dimostrano che una parte fondamentale del successo dell’integrazione dei rifugiati ucraini nelle comunità locali in tutta Europa implica la cooperazione tra servizi e settori locali e tra autorità locali e nazionali in modo che coloro che lavorano localmente abbiano accesso alle risorse di cui i rifugiati hanno bisogno. Questi includono la creazione di ulteriori posti nelle strutture di cura ed educative come asili nido, club per bambini, asili e scuole; fornire a donne e bambini un sostegno psicologico regolare per aiutarli a superare il trauma della guerra; garantire l’accesso all’alloggio; indirizzandoli all’assistenza sanitaria, in particolare assicurando che i bambini abbiano le giuste vaccinazioni (tra cui morbillo, poliomielite e persino tubercolosi). Infine, l’inclusione sociale implica il lavoro attraverso le agenzie in modo che i rifugiati abbiano accesso a un lavoro in linea con le loro qualifiche professionali in modo che possano alzarsi in piedi e contribuire all’economia locale. E noi lo facciamo un serio monitoraggio?

Alessandra Servidori

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Il Fondo nuove competenze deve sostenere le lavoratrici https://www.ildiariodellavoro.it/il-fondo-nuove-competenze-deve-sostenere-le-lavoratrici/ Mon, 23 Jan 2023 10:39:14 +0000 https://www.ildiariodellavoro.it/?p=162395 La politica del lavoro virtualmente può contare su una massa di risorse straordinarie e la Ministra Calderone ha ben presente che la formazione, sia di base che di nuove o rinnovate competenze dei lavoratori,   è in cima alle urgenze da affrontare. E’ ben chiara nel  Piano Nuove Competenze – PNC- quella costola del Pnrr che ne deve definire  il quadro strategico e il PNC  si occupa ora di disoccupati, giovani, occupati destinatari di specifici percorsi che comprendono anche il programma  GOL garanzia di occupabilità dei lavoratori con particolare attenzione ai giovani tra i 15 e 25 anni che sono destinatari di progetti incardinati su sistemi duali. Il Fondo nuove competenze – FNC – già attivo dal 2020 è implementato dallo scorso settembre 2022 da una nuova norma  che ha rimpolpato le risorse del Fondo (un miliardo) e ne ha modificato la disciplina.

Si sa che il FNC si affianca ai fondi paritetici interprofessionali per la formazione continua previste da intese sindacali per rimodulare soprattutto l’orario di lavoro che in parte viene utilizzato appunto per percorsi formativi per aggiornamento delle figure professionali. Ed è qui che possiamo augurarci che vi sia da parte sia delle imprese che dei sindacati l’attenzione a dedicare la contrattazione collettiva, dunque gli accordi, soprattutto  per le lavoratrici che sappiamo, sono sempre strozzate in ambito conciliazione vita lavoro e spesso non riescono a dedicare tempo alla loro formazione, così come ai lavoratori e alle lavoratrici che sono in cassa integrazione e che possono così dedicare attenzione alle offerte formative per innalzare le loro competenze.

Il Fondo infatti sostiene la realizzazione delle attività formative mediante rimborso al datore di lavoro del costo  dei contributi previdenziali e assistenziali per la parte dell’orario di lavoro dedicato alla formazione dei dipendenti. Per i docenti le aule e il materiale professionale didattico si possono usare le risorse dei fondi interprofessionali. Con la recente modifica si promuove il connubio delle attività formative con riduzione di orario di lavoro perché il contributo è del 100%  della  retribuzione per le ore destinate alla formazione nel caso appunto che gli accordi sindacali prevedano oltre alla rimodulazione dell’orario per percorsi formativi anche una riduzione dell’orario normale cioè 40 ore settimanali dell’art 3 d.lgs 66/2003 a parità di retribuzione complessiva. E’ Inps che eroga ai datori di lavoro il finanziamento concesso su segnalazione di Anpal servizi.

Dal 13 dicembre 2022 al 28 febbraio 2023 vi è la possibilità di presentare domande di progetti formativi su apposita piattaforma informatica “My ANPAL”. Il decreto interministeriale che ha novellato tale iniziativa del 22 settembre 2022 circoscrive il sostegno del Fondo ad attività formative per l’acquisizione di determinate competenze professionali  digitali e sostenibilità ambientale allineandosi con le priorità del PNRR e di Nex Generetion Eu. La formazione può avere una durata da 40 ore ad un massimo di 200 ore per ogni lavoratore /lavoratrice coinvolta che può acquisire una qualifica o singole competenze incluse nel repertorio delle qualifiche nazionali e rilascio di attestazione finale. La formazione deve essere erogata da soggetti qualificati e l’impresa che presenta istanza di accesso al Fondo non può essere soggetto erogatore della formazione e l’attività di controllo è  in carico ad Anpal.

Dunque con il Fondo Nuove Competenze si devono sostenere i percorsi di uscita e rientro nel mercato del lavoro per le donne che sono tutt’altro che infrequenti, spesso a causa della maternità, ma anche per variazioni negli assetti famigliari o per la necessità di prendersi cura di persone care. Uno dei problemi al momento del rientro dopo una lunga pausa è il deterioramento delle competenze. Per recuperare il gap maturato durante la lontananza dal mercato è fondamentale costruire percorsi formativi per consolidare le competenze in certi campi o per costruirne di nuove. I percorsi formativi rivolti alle job returner possono rappresentare dei significativi benefici per la partecipazione, sia in termini di occupazione che di qualità del lavoro. I benefici  possono crescere  all’aumentare della durata dei corsi e sono più evidenti per le donne in partenza meno qualificate. Ci sono buoni e ottimi motivi per destinare il Fondo Nuove Competenze alle italiane.

La situazione femminile non migliora. Malgrado la crescita, restano immutati i gap di genere nel mercato del lavoro e le criticità strutturali che determinano la bassa partecipazione femminile: occupazione ridotta, prevalentemente precaria, part time e in settori a bassa remuneratività o poco strategici. Tali asimmetrie si colgono ora anche nelle piattaforme digitali che intervengono nel mercato del lavoro, con il rischio di una nuova discriminazione 2.0.

Pur avendo toccato quota 60,5% lo scorso ottobre, il valore più alto dal 1977, i tassi di occupazione di uomini e donne continuano a restare distanti (rispettivamente 69,5% e 51,4%) con un gap di genere del 18%. Il tasso di disoccupazione femminile è al 9,2% contro il 6,8% degli uomini, divario che aumenta per i giovani fra i 15 e i 24 anni con tassi del 32,8% per le ragazze e il 27,7% per i ragazzi. Anche la sfera della non partecipazione vede ancora penalizzate le donne con un tasso di inattività del 43,3 % contro il 25,3% degli uomini. È quanto emerge dal Gender Policies Report 2022, la pubblicazione dell’Inapp (Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche) che ogni anno fotografa le differenze di genere nel mondo del lavoro. I dati relativi al primo semestre del 2022 confermano la specificità femminile del part time come forma di ingresso al lavoro. Su tutti i contratti attivati a donne il 49% è a tempo parziale contro il 26,2% maschile. In particolare, è a part time oltre la metà (51,3%) dei contratti a tempo indeterminato delle donne.

Mentre tipicamente femminile è la condizione di “debolezza rafforzata” ossia la presenza di due fattori di criticità associati: la forma contrattuale precaria e il tempo parziale. Se consideriamo solo il lavoro a tempo determinato, che occupa il 38% dei contratti delle donne e il 43% di quelli degli uomini, si nota che della prima quota il 64% è part time e della seconda lo è il 32%.  Nel 2021 l’incidenza di donne occupate che lavorano in part time è superiore rispetto agli uomini di circa 15 punti percentuali in Europa e di più di 22 punti in Italia. Il Gender Report, inoltre, coglie e fornisce esempi concreti di un nuovo fenomeno. Una nuova forma di discriminazione, ovvero quella legata all’uso degli algoritmi da parte delle piattaforme digitali. Tali strumenti, infatti, risentono del sistema di significati, idee e giudizi e con essi di stereotipi e pregiudizi di chi li ha ideati e costruiti. Ne deriva che nel mercato del lavoro digitale si riproducono esattamente gli atteggiamenti discriminatori che si riscontrano nei lavori tradizionali.

Le menti che programmano gli algoritmi non sono diverse da quelle che, normalmente, scelgono chi assumere, promuovere, remunerare di più, licenziare e così via. La discriminazione algoritmica può dunque ugualmente agire e, in maniera implicita, produrre condotte discriminatorie di genere nel lavoro. Risulta inderogabile la necessità di approfondire il legame tra società digitale e discriminazioni, nelle sue evidenti connotazioni di genere. Si pensi, ad esempio, a come stereotipi e pregiudizi, che storicamente definiscono la percezione e la narrazione del femminile, possano essere tradotti in discriminazioni attraverso algoritmi deputati alla selezione del personale o alla definizione delle retribuzioni o a sistemi di valutazione delle performance.

Alessandra Servidori

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Tecnologia e servizi sociali, verso la Conferenza internazionale dei servizi sociali ESN Europe Services Network https://www.ildiariodellavoro.it/tecnologia-e-servizi-sociali-verso-la-conferenza-internazionale-dei-servizi-sociali-esn-europe-services-network/ Tue, 03 Jan 2023 11:27:04 +0000 https://www.ildiariodellavoro.it/?p=161762 Accelerare la trasformazione digitale e tecnologica dei servizi sociali da parte dei governi, delle autorità pubbliche e delle agenzie coinvolte nel loro sviluppo e nella loro erogazione è fondamentale per raggiungere le persone nelle loro case e comunità. Alle 31esima Conferenza europea dei servizi sociali (ESSC 2023) discuteremo di come i progressi tecnologici possano contribuire a migliorare l’erogazione dei servizi sociali semplificando l’accesso e la condivisione delle informazioni, migliorando il coordinamento tra i servizi, incoraggiando l’intervento precoce, sostenendo il processo decisionale e promuovendo l’autonomia e la scelta delle persone. La conferenza metterà in evidenza la ricerca e la pratica sull’innovazione nei servizi sociali attraverso la tecnologia; sviluppi informatici per l’inclusione sociale, l’accessibilità o l’autonomia; miglioramenti organizzativi e della forza lavoro, o gestione dei dati per il processo decisionale. La Conferenza europea dei servizi sociali 2023 si sforza di essere un evento pienamente equo, inclusivo, sostenibile e accessibile. La pianificazione di ogni aspetto della conferenza è fatta in sintonia con le linee guida per un evento equo, come stabilito dalla città di Malmö che aderisce anche alla legge svedese sulla discriminazione che, tra le altre cose, impone determinati requisiti per l’accessibilità e specifica la protezione basata su una serie di caratteristiche e forme di discriminazione riconosciute. Il principio fondamentale di queste linee guida è che ogni persona è uguale in dignità e diritti, e quindi ogni persona dovrebbe avere pari opportunità di raggiungere il proprio potenziale umano. Sono state fatte considerazioni chiave per garantire la sostenibilità di ESSC 2023. Questi includono la scelta di un luogo che sia un edificio certificato LEED, riducendo al minimo gli sprechi, in particolare gli sprechi alimentari, e promuovendo l’uso dei trasporti pubblici ove possibile.

Noi come TutteperItalia, come componenti ESN porteremo le nostre iniziative sui Caregivers familiari che a tutt’oggi sono privi di adeguata legislazione nazionale tenuto conto che è stato Accolto il ricorso presentato nel 2017 da Confad, in cui si denunciavano il vuoto legislativo, la mancanza di tutele e la violazione di diritti. Il 3 ottobre il pronunciamento del Comitato per i diritti delle persone con disabilità L’Onu condanna l’Italia, per il mancato riconoscimento della figura del caregiver familiare e le conseguenti assenza di tutele e violazione di diritti: così il Comitato per i diritti delle persone con disabilità, il 3 ottobre scorso, ha accolto il ricorso presentato nel 2017 dallo Studio Saccucci & partners, su iniziativa e con il supporto di Confad, tramite l’allora presidente Maria Simona Bellini. Nel ricorso si denunciava il vuoto legislativo che di fatto impedisce al caregiver familiare, nel nostro Paese, di essere riconosciuto e sostenuto. La decisione di accoglimento del ricorso accerta la violazione da parte dell’Italia degli obblighi internazionali, assunti con la ratifica della Convenzione sui Diritti delle Persone con Disabilità del 2006. Ratifica che avrebbe dovuto segnare ‘un importante traguardo per il Paese intero. La capacità di risposta ai bisogni delle persone con disabilità è uno degli indicatori principali di un welfare moderno, maggiormente inclusivo, equo ed efficiente, come si legge proprio nella Presentazione della Convenzione recepita dal nostro Paese. Nel nostro sistema welfare, invece, il legislatore ha sempre ignorato l’importanza e il valore intrinseco per l’intera società dei caregiver familiari, che si dedicano 24 ore su 24 alla cura e all’assistenza dei propri congiunti non autosufficienti, costantemente esposti a un elevato rischio di esaurimento fisico e psicologico Ora l’Italia è tenuta a dare un riscontro scritto entro 6 mesi. Speriamo che questo pronunciamento suoni come un campanello d’allarme. Il nuovo governo dovrà affrontare tante emergenze, ma speriamo che questo tema entri tra le priorità dell’attuale esecutivo, perché trovi una cornice legislativa adeguata. Ci impegneremo per fare in modo che ci siano ampie risposte sul piano politico: non è possibile che l’Italia sia agli ultimi posti in Europa e nel mondo nell’inclusione delle persone disabili e nella tutela dei caregiver familiari. C’è molto da fare, serve una rivoluzione culturale.

Come TutteperItalia saremo il 13 gennaio 2023 a Bologna essendo componenti del  tavolo interistituzionale per la prevenzione delle malattie professionali composto da Comune di Bologna, Istituto Ramazzini, Tutteperitalia, Fondazione Ant, Ordine dei medici e chirurghi, Noiperbologna, Inail, Inps, Cgil, Cisl, Uil, Regione Emilia Romagna e Coldiretti Bologna. In quell’occasione, preso la Sala SS.Trinità Via S.Stefano 87 dalle 9, 30 alle 12,30, si terrà il Seminario di studio riflessione e proposte: caregivers familiari.

Valutiamo insieme la situazione e condividiamo una proposta utile. In data 3 ottobre 2022, il Comitato ONU sui diritti delle persone con disabilità ha riscontrato la mancanza, nell’ordinamento giuridico nazionale, di misure efficaci per il sostegno dei caregiver familiari. la figura del caregiver familiare viene definita per la prima volta a livello statale dall’articolo 1, comma 255, della legge di bilancio del 2018. La medesima legge di bilancio per l’anno 2018  ha istituito un fondo con una dotazione di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018, 2019 e 2020, successivamente incrementata di 5 milioni di euro per gli anni 2019, 2020 e 2021. Il fondo era originariamente destinato alla copertura finanziaria di interventi legislativi finalizzati al riconoscimento del valore sociale ed economico dell’attività prestata dal caregiver familiare è stato  distribuito,  ripartito annualmente tra le regioni . Alessandra Servidori e Raffaella Pannuti insieme a Nicoletta Morganti, Barbara Maiani, Andrea Mazzetti, Carla Facchini con la partecipazione di Presidenza Lega Coop Bo, Francesco Comellini Osservatorio disabilità, un rappresentante di Confad, affronteremo il tema individuando proposte condivise. E’ gradita la partecipazione delle associazioni familiari e loro contributi.

Alessandra Servidori

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Le nuove sfide dell’assistenza sociale https://www.ildiariodellavoro.it/le-nuove-sfide-dellassistenza-sociale/ Wed, 07 Dec 2022 11:31:14 +0000 https://www.ildiariodellavoro.it/?p=161119 Come componenti di ESN Europe Social Network in quanto Associazione Nazionale TutteperItalia, abbiamo partecipato ad un incontro a Praga per fare il punto sui  servizi sociali  responsabili della fornitura di assistenza, dell’aiuto nelle attività della vita quotidiana e dei programmi basati sulla comunità e sulle relazioni. Guardando al futuro, una delle sfide sociali e politiche più urgenti per i servizi di assistenza sociale nei prossimi 10 anni sarà quella di metterli su un piano di parità con l’assistenza sanitaria quando si tratta di garantire un accesso universale e gratuito. Anche in Italia ci si sta orientando ad una riforma sulla Non autosufficienza correlata anche alla costituzione sul territorio alle Case di Comunità. In risposta ai danni alle case di cura causati dalla pandemia di Covid-19, diversi governi hanno commissionato revisioni indipendenti sull’assistenza sociale degli adulti o hanno iniziato a ripensare e proporre nuovi modelli di assistenza per le persone con esigenze di supporto a lungo termine.

La proposta della Commissione europea di una strategia di assistenza in cooperazione con i governi nazionali potrebbe costituire un incentivo per le autorità nazionali, anche se la mancanza di dettagli sul monitoraggio dell’attuazione potrebbe ostacolare il raggiungimento dei suoi obiettivi. Si prefigura da parte della Commissione un Servizio di assistenza sociale  finanziato e gestito con fondi pubblici, un modello fattibile e conveniente in grado di garantire un servizio nazionale di assistenza sociale finanziato con fondi pubblici coinvolge le seguenti componenti chiave. La strategia di assistenza si concentra sul miglioramento dei salari sostenuto da un forte dialogo sociale. Sebbene questo sia un elemento importante, ce ne sono altri che sono fondamentali per garantire che la forza lavoro sia ben supportata, come il miglioramento del rapporto tra personale e popolazione, modi nuovi e alternativi di reclutamento, registrazione e accreditamento degli operatori di assistenza sociale. Tale processo di registrazione,  essere ora in fase di implementazione in diversi paesi dell’UE, può essere collegato a opportunità di formazione e sviluppo della carriera e riconosce anche le abilità pratiche e l’esperienza acquisite in un contesto informale. Ciò a sua volta migliorerebbe la qualità dell’assistenza e quindi andrebbe a vantaggio degli operatori sanitari, dei loro datori di lavoro e degli utenti dei servizi.

La Commissione può svolgere un ruolo molto più incisivo in questo settore sostenendo i paesi a lavorare per l’armonizzazione delle qualifiche nel settore dell’assistenza sociale e dell’assistenza sociale in modo analogo al lavoro svolto nel settore dell’assistenza sanitaria. Il crescente numero e la diversità di esigenze e aspettative delle persone con bisogni di assistenza a lungo termine implicano un’attenzione alla fornitura di assistenza centrata sulla persona. Ciò implica dare alla persona una scelta e un controllo efficaci sulla propria vita e alternative reali quando si tratta di cura e sostegno, tenendo conto non solo dei suoi bisogni, ma anche dei valori, dei beni e dei desideri. Ciò implica la costruzione di un servizio in cui ogni persona riceve le cure di cui ha bisogno quando ne ha bisogno sulla base di un contributo equo per tutta la vita in base alle proprie possibilità finanziarie. Ma comporta anche un sistema che incoraggia la cura di sé, la prevenzione, la riabilitazione e il sostegno reciproco. La sfida è riuscire a presentare il sistema di assistenza sociale come equo e affidabile, perché se i governi nazionali riusciranno a farlo, i cittadini si sentiranno sicuri che i servizi pubblici rispondono alle loro esigenze e avranno la certezza che saranno in grado di ricevere un ritorno sociale sui loro investimenti. Le persone che hanno bisogno di assistenza a lungo termine dovrebbero continuare a vivere e contribuire attivamente alle loro comunità.

Per più di 40 anni, le persone che hanno bisogno di una qualche forma di assistenza hanno parlato ad alta voce di dove e come vogliono vivere ed essere supportati. Il cambiamento dovrebbe essere parte integrante della più ampia trasformazione dei servizi sociali, per la quale le politiche europee e i fondi nazionali per la ripresa e la resilienza possono essere un motore e una risorsa cruciali. Questa trasformazione include il rafforzamento e il supporto dei servizi per generare ecosistemi di assistenza, in cui il supporto è progettato insieme a un continuum che include assistenza domiciliare, miglioramenti tecnologici a casa, assistenza diurna, assistenza di emergenza, strutture residenziali e assistenza di sollievo. Le persone con esigenze di assistenza a lungo termine possono interagire con i servizi sanitari e di assistenza sociale, quindi è fondamentale che entrambi i sistemi siano il più strettamente allineati possibile e possano parlare tra loro. Ciò comporta non solo lo scambio di informazioni, ma la capacità di utilizzare tali informazioni. Pertanto, le autorità pubbliche dovrebbero investire in sistemi interoperabili sicuri e affidabili che consentano lo scambio e la condivisione di dati lungo tutto il percorso di cura di una persona.

Le modalità di organizzazione dell’assistenza possono migliorare più rapidamente e sistematicamente attraverso l’integrazione di nuove tecnologie che aiutano le persone a ricevere cure più efficaci, versatili, sicure e di supporto. La tecnologia potrebbe contribuire a ridurre i costi nel lungo periodo, ma è anche una fonte di ricchezza e competitività del paese nel suo complesso. Il finanziamento dei servizi di assistenza è una preoccupazione fondamentale per tutti i servizi sociali pubblici in Europa. Tuttavia, l’attenzione è spesso troppo limitata sull’efficienza dei costi, senza riconoscere che la percentuale del PIL investita nell’assistenza e nei servizi sociali è diminuita nel corso degli anni.

Un servizio di assistenza sociale basato sui bisogni, erogato localmente e finanziato con fondi pubblici per le persone con esigenze a lungo termine è possibile, alla pari con il servizio sanitario nazionale che riceve finanziamenti centralizzati dal governo nazionale. Questo cambiamento dovrebbe comportare il diritto a cure di qualità per tutti coloro che potrebbero aver bisogno di cure e sostegno in un determinato momento della loro vita. Una garanzia di assistenza per tutti, riconosciuta nelle future raccomandazioni europee, riunirebbe iniziative europee su bambini, giovani, disabilità e assistenza a lungo termine.

Alessandra Servidori

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