“Serve un nuovo patto, questa è la sfida. Questa è la visione se vogliamo aiutare questo Paese a risollevarsi dall’emergenza pandemica, dell’inflazione e dell’impatto forte di due guerre. Dobbiamo costruire insieme, lavorare insieme. E la via è quella di un grande patto con chi ci sta”.
Così Luigi Sbarra, aprendo l’assemblea organizzativa della Cisl, in corso oggi e domani a Roma, presso l’Auditorium del Massimo. Per Sbarra è urgente ormai “un nuovo accordo”, “per unire il paese” e per sciogliere quei “nodi di sistema che frenano qualità e quantità dell’occupazione, rilancio di salari e pensioni, politica dei redditi, sicurezza sul lavoro, formazione e politiche attive, nuove strategie industriali, infrastrutturali ed energetiche, investimenti e produttività, coesione e politiche sociali, nuove relazioni sociali”.
Per quanto riguarda la divisione con Cgil e Uil, Sbarra sottolinea che con Landini e Bombardieri “ci sentiamo, ci scambiamo messaggi”, ma “abbiamo valutazioni diverse”. Del resto, aggiunge, “non è la prima volta che in questo Paese ci sono posizioni articolate. È successo nel 1984 con l’accordo di San Valentino, ci sono state discussione molto articolate ai primi anni `90 con i grandi accordi di concertazione. Il tema oggi è quale modello sindacale serve a questo Paese per sostenere la transizione e stare dentro il cambiamento”. La Cisl continua a ritenere che “la via del dialogo, del confronto che non esclude il conflitto, quando serve, è quella da praticare per il bene comune della comunità nazionale”. E, aggiunge, “pur rimanendo tanti obiettivi comuni nell’azione unitaria, con Cgil e Uil ci rende in questa fase differente, e non è la prima volta, il giudizio sui risultati. Secondo me il sindacalista non può vendere sogni, ma deve fare conti con realtà e nella difficile realtà di questa stagione costruire risultati e conquiste per le persone che rappresenta. E quando ci sono risultati dobbiamo dare valore alle conquiste. Il pluralismo sindacale è una grande ricchezza della democrazia politica e sociale di questo Paese”.
E tuttavia, Sbarra osserva: “sembrano essere tornati i tempi e le dinamiche che hanno portato alla fondazione della Cisl”, a partire dal “rifiuto categorico di sottostare a una supposta egemonia di aree sindacali movimentiste o di partiti che cercano sostegni e cinghie di trasmissione”. Secondo Sbarra è “come se le enormi transizioni in cui siamo immersi abbiano da un lato fatto emergere gli spiriti più reconditi di un fare sindacato e di un fare politica che non ci appartengono; dall’altro, non sembri contraddittorio, ne abbiano evidenziato l’insufficienza, la scarsa capacità di mordere la realtà, di incidere e cambiarla, di orientarla su obiettivi di coesione”. La Cisl è un sindacato che “non si parla addosso” e che “non si rifugia in nessuna comfort zone ideologica, politica e neanche organizzativa”. Ma è un’organizzazione che invece “sfida sé stessa con il coraggio e l’ambizione di chi vuole esserci per cambiare”.
Ma la sfida di Sbarra si rivolge anche al Governo, in particolare al ministro Salvini, al quale manda a dire: nella legge sul diritto di sciopero “non c’è nulla da cambiare, ma si può sicuramente migliorare. Siamo aperti al confronto, al dialogo. Ma nessuno pensi di mettere minimamente in discussione il diritto costituzionale allo sciopero generale. Alzeremmo veramente le barricate”.
Infine, ma in verità in apertura della relazione, un passaggio non di maniera sul tema dei diritti delle donne: la Cisl, dice Sbarra, vuole battersi “sul piano contrattuale, e non solo, contro ogni discriminazione di genere, per una giusta educazione sentimentale, per rafforzare gli anticorpi contro ogni forma di patriarcato e maschilismo, per rompere finalmente quel tetto di cristallo che ostacola l’inclusione, la conciliazione e la competizione alla pari delle donne nel mercato del lavoro”. I lavori di questa mattina, tra l’altro, si sono aperti nel ricordo di Giulia Cecchettin, a cui la platea ha tributato un lungo applauso.
Nunzia Penelope