Nella tarda serata di mercoledì u. s. è stata raggiunta l’intesa tra Regioni, Ministero della Salute e Sindacati della medicina convenzionata su un documento politico finalizzato a “sciogliere i nodi emersi nel corso della trattativa tra Sisac ( l’agenzia negoziale) e Sindacati” che hanno impedito finora il rinnovo dell’ accordo collettivo nazionale (ACN) interessante i medici di famiglia, i medici di guardia medica e gli specialisti ambulatoriali . L’intesa è stata firmata da tutti i sindacati medici tranne che da Snami mentre critiche sono state sollevate dallo SMI e dalla CGIL medici per la quale se è vero che “L’accordo sulle Convenzioni sblocca le trattative” tuttavia e “nonostante l’impegno dell’assessore Montaldo e del sottosegretario De Filippo, immutati rimangono gli ostacoli politici, programmatici ed economici che impediscono dal 2009 la riforma delle cure territoriali”
Nel merito dell’intesa raggiunta rimane la possibilità per i medici di famiglia di mantenere il proprio studio singolo anche se, in applicazione alla legge Balduzzi ( L 189/2012), rimangono come assets principali dell’assetto organizzativo della medicina generale le AFT ( Aggregazioni funzionali territoriali) e le UCCP ( Unità complesse di cure primarie), Mentre le prime sono forme organizzative esclusivamente di tipo funzionale, potendo i vari studi medici mantenere la propria individualità, le UCCP sono strutture aggregative fisiche ( studi associati) al cui interno operano i diversi medici di medicina generale di una stessa area geografica che, insieme ai pediatri di libera scelta , al personale infermieristico e di supporto, garantiranno una unitarietà del processo di assistenza per la popolazione ivi residente.
E’ chiaro che la vera innovazione ( peraltro già prevista dai presidenti ACN ) sono le UCCCP ma su questo punto l’intesa evidenzia il suo principale limite in quanto la loro regolamentazione non viene definita a livello centrale ( come invece si è fatto per gli ospedali i cui standard sono stati recentemente ridefiniti) ma viene demandata alle singole Regioni e ASL di competenza. E questo in un paese come il nostro in cui esistono venti diversi servizi sanitari regionali si corre il rischio che dal Lazio in giù tutto venga lasciato come prima e che la riforma delle cure primarie rimanga un’altra occasione mancata.
Per quanto attiene l’implementazione delle forme organizzative le regioni potranno fornire, sulla base della loro programmazione, i fattori produttivi alle attività da espletare in forma aggregata. Tale possibilità sarà realizzata anche destinando parte delle risorse liberate dal procedimento di riorganizzazione del territorio incluse quelle derivanti dall’attuazione del regolamento sugli standard ospedalieri, nel limite del rispetto dei vincoli di bilancio di finanza pubblica.
Cambia l’inquadramento del personale medico in quanto le diverse figure oggi esistenti ( medico di medicina generale, Medico di guardia medica) confluiranno nel ruolo unico medicina generale anche se sarà l’ACN a regolamentarne l’istituzione in modo da garantirne a regime l’uniformità sul territorio nazionale definendo al contempo una gradualità di applicazione dello stesso negli anni.
Altro punto l’introduzione di un patto generazionale attraverso la definizione di norme specifiche che, senza costi aggiuntivi, a carico del Ssn, favoriscano il progressivo turnover dei medici in modo da facilitare il più rapido inserimento di giovani medici. Analogamente si procederà per gli altri professionisti nell’ambito dell’ACN della specialistica ambulatoriale
Roberto Polillo