La proposta di riforma, presentata in Parlamento un anno fa, riceve il via libera dalla Camera: con 343 si, 78 contrari e 25 astenuti viene abolito il vecchio regolamento appalti (Dpr 207/2010). “Una buonissima notizia per il sistema dei lavori pubblici italiani – ha commentato il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio – è una riforma che vuol dire trasparenza, efficacia, buon utilizzo dei soldi pubblici e non più zone opache”.
Nel provvedimento è stata inserita una previsione specifica sui cambi di appalto nelle attività di call center che interessa la filiera delle telecomunicazioni, e in particolare la gestione dei lavoratori nell’ipotesi in cui vi sia un avvicendamento tra aziende appaltatrici. La nuova norma stabilisce la continuità del rapporto di lavoro con l’appaltatore subentrante, affidandone la declinazione operativa alla contrattazione collettiva nazionale per quanto riguarda la definizione della cornice applicativa e a quella aziendale per gestire i singoli cambi appalto.
Tra le principali novità, in primis l’estensione e il rafforzamento dei poteri affidati all’Anac, guidata da Raffaele Cantone, il quale sarà dotato di poteri di intervento cautelari, coma la possibilità di bloccare in corsa gare irregolari, e al quale spetterà anche il compito di qualificare le stazioni appaltanti che saranno abilitate a gestire i bandi per fasce di importo in base al grado di organizzazione e competenza.. Prevista inoltra la creazione di un albo nazionale dei commissari di gara e il divieto di prevedere scorciatoie normative, bypassando o semplificando le gare, per la realizzazione di grandi eventi. Le deroghe potranno essere ammesse soltanto in risposta a emergenze di protezione civile.
Per quanto riguarda la tempistica dei cantieri, inoltre, è stata inserita una stretta sulle varianti da cui passa l’aumento dei costi in due casi su tre nelle grandi opere, con la possibilità di rescindere il contratto oltre certe soglie di importo. Anche le infrastrutture dovranno adeguarsi a costi standard, con progetti definiti prima di arrivare al cantiere.
Infine, le grandi opere dovranno essere capaci di guadagnarsi il consenso sul campo, mentre le imprese saranno valutate anche sulla base della reputazione guadagnata in cantiere, rispetto dei tempi e bassa vocazione al contenzioso, legata al rating di legalità.