Un sindacato riformista, laico, autonomo dalla politica, attento al merito, alla produttività del sistema, pronto a difendere i diritti dei propri iscritti, ma più in generale quelli del paese. Così Luigi Angeletti ha descritto la Uil nella relazione con la quale ha aperto i lavori del congresso della sua confederazione. Un sindacato come se lo immaginavano i padri fondatori della Uil. Raffaele Vanni, Giorgio Benvenuto, Luigi Larizza, gli ultimi tre segretari, tutti e tre presenti in sala, non potevano non applaudire.
Uno stereotipo anche troppo nitido, però, valido come modello cui puntare, difficile da realizzare. Una descrizione nel complesso abbastanza utopica considerando i tempi che stiamo vivendo. Ce ne vorrebbero di energie e di tempo per raggiungere quell’obiettivo. Ma la relazione di Angeletti è importante per le indicazioni che ha dato sugli strumenti che è necessario adottare per cogliere un risultato in questa direzione. Per esempio, è certamente importante il riferimento che ha fatto al merito come paradigma cui riferirsi per governare le relazioni industriali. L’egualitarismo non è più molto di moda nel sindacato, ma dire con chiarezza che proprio l’egualitarismo ha generato impoverimento del paese è una cosa importante, ha un suo valore intrinseco che non si può non rilevare. Perché proprio questo è stato un errore forte del sindacato negli anni passati e non è certo possibile dire che l’egualitarismo non continui a esser preso ancora come punto di riferimento. La giustizia, ha detto Angeletti, è un’altra cosa, è riconoscere il giusto a ciascuno. E non a caso proprio in nome della giustizia ha invocato in tempi brevissimi una riforma fiscale che riduca il peso che devono sopportare salari e pensioni. Anche a costo di scioperi generali, se necessario.
Un’altra cosa importante della relazione del segretario generale della Uil è stata la promozione di un’Alleanza per il lavoro e lo sviluppo. Non perché si sentisse bisogno di un ennesimo appello all’unione tra forze sociali, magari con i supporto del governo, ma perché Angeletti ha sottolineato in questo modo come dalle attuali strettoie, quelle della crisi in atto, ma più in generale dalle difficoltà economiche strutturali del nostro paese, quelle che resteranno anche quando questa crisi sarà superata, si esce solo con un concorso generale. Non è più il tempo di eroi, chi vuole risultati deve allearsi, deve cercare il consenso degli altri. Non è solo un fatto di democrazia, è una pratica di comportamento cui nessuno dovrebbe prescindere.
Il che ci porta subito al tema dell’unità. Angeletti nel recente passato è stato molto critico con la Cgil. Stavolta non ha calcato la mano. Ha detto, è vero, che di solito la Cgil ci mette una decina d’anni a riconoscere la bontà di certe scelte, e questa è certamente una frase dura, ma è anche la verità, perché sono tanti anni che la Cgil stenta a prendere decisioni importanti, lasciando ad altri l’onere, ma anche l’onore del primo e a volte anche del secondo passo. Angeletti non ha chiuso la porta all’unità, ma ha detto che questa si può realizzare solo nel segno di un sindacato riformista. Il che, tradotto dal sindacalese, significa che la Uil è pronta a tornare sulla via dell’unità se la Cgil è pronta a imboccare la via del riformismo. Forse varrebbe la pena di tentare.
Massimo Mascini