Sarà una coincidenza, ma dopo la positiva giornata di mobilitazione nazionale del 25 maggio di Feneal Uil, Filca Cisl e Fillea Cgil (migliaia di edili sono scesi nelle piazze di Italia per chiedere uscite pensionistiche flessibili, sicurezza, lavoro, rinnovo dei contratti), sono stati firmati diversi accordi sindacali provinciali nel settore dell’edilizia. Rinnovi in gran parte difensivi, ma che hanno comunque redistribuito risorse (mensa, trasporti, indennità varie) e che si segnalano anche per positive innovazioni.
In particolare è stato appena sottoscritto il contratto collettivo provinciale per il territorio metropolitano di Napoli con l’ANCE- Confindustria, per numeri di lavoratori coinvolti e materie trattate, molto importante anche a livello nazionale.
Un buon accordo, fondamentalmente per tre ragioni.
La prima: si dimostra che per quanto riguarda qualificazione di impresa, governo degli appalti, contrasto all’elusione contrattuale, formazione e sicurezza la dimensione territoriale non solo non è un tabu per il 2° livello contrattuale (tenendo insieme aziende con numerosi dipendenti e piccole e piccolissime imprese), ma che – visto un ciclo produttivo sempre più frammentato, sempre più “a rete” – quella si dimostra la dimensione ottimale anche quando si parla di aumento della produttività, formazione, scambio di competenze. Chi vuole veramente estendere la contrattazione di secondo livello, per affrontare i nodi di sistema, dovrebbe accettare la dimensione territoriale (oltre che di filiera e distretto) come un possibile livello contrattuale, senza pregiudizi ideologici.
La seconda: proprio un sistema bilaterale che ha scommesso sull’emersione del lavoro grigio, sui controlli e su un sistema premiante chi rispetta la parte alta delle regole e delle prassi migliori, non solo ha fatto bene alle aziende più serie (riducendo la concorrenza sleale), ma ha fatto bene agli stessi lavoratori. In edilizia infatti l’Elemento Variabile della Retribuzione (quello che nelle singole aziende chiamiamo Premio di Risultato e che a livello territoriale, in edilizia, si chiama appunto EVR) premia non solo il raggiungimento di specifici obiettivi micro, ma anche e soprattutto la qualificazione del sistema (ore denunciate, emersione, partecipazione alla formazione, ecc.). A Napoli questo lavoro negli ultimi anni è stato fatto con serietà da tutte le parti, anche sostenuti da una legislazione regionale positiva e l’EVR nel 2017 ha premiato economicamente quest’anno. In un periodo di crisi del settore insomma una risposta può essere, parzialmente ovviamente (da affiancare ad interventi sulla domanda, alla ripresa degli investimenti, ecc.), proprio la lotta al lavoro nero: praticata da tutti e non solo predicata nei convegni.
La terza: tra i riconoscimenti a favore dei lavoratori inseriti in questo rinnovo provinciale vi è stato un significativo importo aggiuntivo riconosciuto in borse di studio per l’Università pubblica. Diverse centinaia di migliaia di euro per permettere ai figlio degli operai edili napoletani di poter studiare all’università, con un’attenzione anche ai programmi di studio all’estero. Lo sforzo insomma è sempre quello: contribuire a sbloccare un ascensore sociale bloccato da anni e permettere che l’operaio possa avere il figlio dottore.