A cent’anni dalla morte, vennero ordinate solenni onoranze alla memoria di Bonaventura Carlsar, padre della Repubblica. L’uomo che aveva dedicato tutta la vita all’idea, il martire che per essa aveva sofferto l’esilio, che era stato esempio per intere generazioni e che aveva annunciato i nuovi tempi. Al suo nome erano già dedicati monumenti, strade, piazze, scuole, teatri, cinematografi. Si decise allora di traslare i resti mortali del profeta in un grande mausoleo.
Con un’austera, reverente e commossa cerimonia, alla presenza delle autorità, delle associazioni patriottiche con i labari e dei giornalisti, il feretro venne aperto per una ricognizione della salma. Si vide allora che le mani scheletriche stringevano un breve cilindro metallico. Dentro, un rotolo di carta corrosa sulla quale spiccava ancora qualche segno. Forse le ultime volontà, forse un testamento morale, in articulo mortis, quasi d’oltretomba. Fu chiamato un insigne restauratore per decifrare il misterioso documento. Una bacinella con del liquido nel giro di un quarto d’ora rese visibili i contorni delle poche parole. Di pugno dell’apostolo repubblicano, si leggeva chiaramente: “Vi ho fregati tutti. Nell’intimo io ero monarchico”.
Questo breve racconto di Achille Campanile, qui indegnamente riassunto, serve come antidoto alla ventata di ansiosa incertezza sprigionata dall’inusitata, torrida, campagna per il voto del 25 settembre. Aiuta a prendere meno sul serio le tonitruanti dichiarazioni, a diffidare delle promesse, a rimarcare quanto tutto sia futile e a svelenire con l’ironia il lancio delle contumelie.
Campo laido. È l’insultante il titolo che “il Fatto Quotidiano” ha dedicato all’ area democratica e progressista proposta da Enrico Letta. Il Pd e i Cinquestelle, dopo il breve e contrastato flirt, se le suonano di santa ragione. Dall’altra parte, quella data per vincente, si litiga su chi deve comandare. Giorgia Meloni riuscirà ad andare a Palazzo Chigi? Matteo Salvini farà di nuovo il ministro degli Interni, vietando il soccorso ai migranti? Silvio Berlusconi presidente del Senato, seconda carica dello Stato, promette spettacolo. Biglietti in vendita.
La sinistra è ormai solo un’espressione geografica, la destra un braccio sempre teso e pronto a fare il saluto romano. Al centro, lustrano gli specchietti per le allodole.
La situazione è drammatica ma non seria, diceva Ennio Flaiano, che di Campanile è stato l’epigono. Per apprezzare il Maestro del non senso logico e ferreo, bisognerebbe rileggere, in questi giorni calamitosi, le “Tragedie in due battute”. Fulminei ed esilaranti siparietti.
Ci stiamo già fasciando la testa in attesa dell’autunno e dei risultati delle urne. “Furberia” sembra scritta per noi. Il Tale: Ma perché ti sei messo il cappotto? L’altro: Caro mio, chi ha tempo non aspetti tempo.
Ci si contende l’eredità del banchiere dal cuore pulsante. Ecco la sua agenda, meglio di Smemoranda e del Diario Vitt. Ma alla fine, chi lo ha sfrattato? Ferruccio de Bortoli, sul Corriere della Sera, bolla “il mercoledì della viltà repubblicana”: “Nessuno ha avuto il coraggio di prendersi la responsabilità diretta della caduta del governo. La colpa è sempre degli altri. Anzi dello stesso Draghi che non aveva più voglia e ha fatto di tutto per far saltare il tavolo”. “Vergogna”, ha strillato in prima pagina Repubblica.
Il Foglio, aedo dell’ex presidente Bce, ha selezionato e pubblicato i più significativi interventi in Parlamento. Tra le tante frasi spicca quella pronunciata il 17 febbraio 2021, all’insediamento dell’esecutivo: “Non c’è sovranità nella solitudine. C’è solo l’inganno di ciò che siamo, nell’oblio di ciò che siamo stati e nella negazione di quello che potremmo essere”.
Ma non tutti apprezzano. Piero Bevilacqua, su Left, parla del peggiore dei governi possibili e di “una tendenza allarmante di subordinazione della democrazia ai poteri della grande finanza”. Cita un saggio di Tomaso Montanari, “Eclissi di Costituzione”, per mostrare “errori e miserie”, dalla scuola alla sanità passando per il fisco, la giustizia, la concorrenza, “torvo cascame dell’ideologia liberista”.
Questioni impegnative. Con questo caldo, anche il cervello suda. Bisogna ripararsi all’ombra del Campanile.
La Prima Amica: Luisa si è fidanzata con un nullatenente. La seconda amica; Ahi, non mi fido dei militari.
Una Tale: Ti piacciono le labbra di carminio? Un Tale: Chi è Carminio?
Il signor Tale: Ciao, carissimo. Dove vai? Il signor Talaltro: all’Arcivescovado. E tu? Il signor Tale: Dall’Arcivescovengo.
E in ogni caso “da qualunque parte si esamini la questione, non c’è nulla in comune tra gli asparagi e l’immortalità dell’anima”.
Buona estate elettorale.
Marco Cianca