Campo largo, campo giusto, campo di calcio, campo non si sa bene quale… Il centrosinistra del futuro non è ancora nato e neanche si sa se mai nascerà, però già si parla del suo leader. Ovviamente se ne parla in privato, tra pochi intimi, attenti a non far sapere alla stampa quel che si dice, i nomi che si fanno, le ipotesi che circolano. I due principali protagonisti della coalizione che dovrebbe nascere, ossia la leader del Pd Elly Schlein e il capo dei Cinquestelle Giuseppe Conte, sanno entrambi che nessuno di loro due potrà guidare l’alleanza, altrimenti l’altro sbatte la porta e l’alleanza non si fa. E così sono alla ricerca di qualcuno più o meno esterno ai suoi partiti ma interno al mondo del centrosinistra, qualcuno che per la sua storia, i suoi rapporti, la sua popolarità possa mettere d’accordo i due futuri alleati e soprattutto sia in grado di raccogliere consensi tra quegli elettori che al momento non si sentono rappresentati dai due partiti e dai loro rispettivi leader, ma si sono sempre schierati da questa parte dell’agone politico. Insomma non sono di destra e neanche troppo di centro, ma sono invece alla ricerca di “un centro di gravità permanente che non gli faccia mai cambiare idea sulle cose, sulla gente…” come cantava Franco Battiato. Sono i disillusi, che magari non votano più, gli astensionisti di sinistra disgustati da anni di litigi e compromessi al ribasso, governi tecnici, cambiamenti di leadership deludenti, giochini di potere fini e a sé stessi. Insomma sono quelli che una volta chiamavamo il popolo della sinistra.
Ora, è evidente che per riportarli alla passione politica non basterà un nome, un personaggio, insomma un nuovo leader capace di infondere entusiasmo, ma servirà un programma, anzi un progetto politico e sociale. Intanto però si comincia dal nome, dal cosiddetto Papa straniero che poi tanto straniero non sarebbe. E quello che circola più insistentemente nelle stanze dell’opposizione è il nome di Paolo Gentiloni, attuale Commissario europeo per l’economia, ex ministro e anche ex premier dopo Matteo Renzi. Un uomo che ha fatto della mediazione politica il suo leit motiv, capace di rassicurare la gente, magari un po’ lento nelle decisioni, spesso titubante, non particolarmente carismatico ma comunque uno che tranquillizza, non estremista, non demagogico, che non strilla, non lancia proclami, che marcia piano piano ma non si ferma. E, caratteristica fondamentale, conosce l’Europa che conta ed è stimato a Bruxelles.
L’altro nome che circola è invece quello di un personaggio tutto affatto diverso da Gentiloni, diciamo agli antipodi. Parliamo di Maurizio Landini, attuale segretario generale della Cgil. Al contrario di Gentiloni, Landini strilla spesso, non è particolarmente propenso alle mediazioni, però si fa capire da quella che una volta era la base sociale della sinistra, cioè il mondo del lavoro dipendente. E forse, ma proprio forse, sarebbe in grado di riportare al voto molti di coloro che non votano più. Contemporaneamente però non sarebbe certo l’uomo giusto per ottenere consensi di quella parte di italiani che voterebbero a sinistra solo se si sentissero rassicurati per il loro presente e soprattutto il loro futuro. Quelli che non amano il massimalismo, che non sopportano gli scioperi nei servizi pubblici (che sono in corso d’opera proprio in questi giorni), quelli che a sinistra sì ma con giudizio.
Insomma, uno è troppo moderato, l’altro troppo radicale. Nessuno dei due sembra l’uomo giusto per stare al comando di una nave che ancora deve uscire dal cantiere. Si tratterà allora di cercare un terzo uomo, o magari una donna. Ma guardandosi attorno si fa molta fatica a notare qualcuno o qualcuna che abbia le caratteristiche adatte a guidare l’alleanza capace di battere la destra alle prossime elezioni politiche. Sapendo che nel frattempo voteremo per le europee, banco di prova importante per misurare i rapporti di forza visto che si tratta di elezioni proporzionali. Chissà se durante la campagna elettorale della prossima primavera non emerga un personaggio inaspettato, una sorpresa oggi imprevedibile. Chissà insomma che non spunti fuori un nuovo prodigo, ancor meglio, una prodessa. La speranza, come si sa, è l’ultima a morire.
Riccardo Barenghi