Non solo l’auto. Il green deal europeo mette a rischio anche settori che non ti aspetti. Chi produce condizionatori, per esempio, come la Aermec di Alessandro Riello. Azienda leader nel settore, con sede in Veneto e esportazioni in tutto il mondo, Aermec chiuderà il 2024 con un fatturato che si aggira sui 370 milioni di euro, in leggera crescita sul 2023. Ma, spiega Riello, il rischio è che la direttiva Ue che impone nuove norme sull’uso dei gas finisca per erodere il 30% del fatturato futuro.
Addirittura, Riello?
“Si, questa direttiva ci crea enormi problemi. Non si tratta solo di cambiare il gas che utilizziamo nelle nostre macchine, ma di trasformare il nostro intero catalogo prodotti, costruito insieme in decenni di lavoro, riprogettando tutto daccapo. Poi, sia chiaro: abbiamo intenzione di rispettare la direttiva e infatti ci stiamo, sia pure faticosamente, adeguando. Ma il guaio non è solo questo.
Cos’altro?
La direttiva impone, a partire dal 2027-2030, di non produrre in Europa nessuna macchina per la climatizzazione basata sul gas che verrà vietato: non solo per le vendite in Ue, ma nemmeno per esportarla in paesi extra europei, dove non vige la stessa regola e dove si potrà continuare a produrre climatizzatori col vecchio sistema. Questo non potrà che penalizzare il nostro export, e dunque ci costringe a riflettere sulla possibilità di andare a produrre altrove.
Cioè pensa di trasferire la sua produzione extra Europa? Proprio voi, che vi siete sempre fatti un vanto di produrre in Italia, di non aver mai delocalizzato?
È vero, è sempre stato il nostro vanto, ma adesso ci troviamo di fronte a provvedimenti che rischiano di tagliare le gambe al 30 per cento del nostro fatturato. È chiaro che una soluzione dovremo trovarla.
Per esempio?
Abbiamo appena avviato una nostra rete di distribuzione in Nord America, costituendo due società di distribuzione diretta, Aeremec Usa e Aermec Canada. Attraverso queste società, puntiamo innanzi tutto a creare un mercato; poi penseremo alla parte produttiva. Se non cambia il quadro, potremmo valutare di trasferire anche le fabbriche, nel giro di due o tre anni. I nostri competitor sono multinazionali, hanno sedi ovunque, e possono regolarsi come credono, noi no: abbiamo sempre coltivato il sogno di una crescita tutta italiana, ma se qualcosa non cambia saremo costretti a portare il lavoro altrove. In America, come ho detto, ma anche in Slovenia; comunque fuori dai confini Ue. Anche perché l’Europa la vedo appesa a un filo.
Solo per colpa del green deal?
Per il green deal mal gestito, estremistico, che rischia di desertificare la manifattura europea, certo, ma non solo per il green deal. Nel 2025 con l’insediamento di Trump arriveranno i dazi, e per l’Europa sarà un grosso guaio, perché’ la Cina, trovandosi con la strada sbarrata verso gli Usa, si rivolgerà ai mercati meno protetti, cioè al mercato europeo. Con le conseguenze che possiamo immaginare.
E tuttavia nei giorni scorsi avete fatto la più grossa acquisizione della vostra storia aziendale in Spagna, cioè in Europa. Quindi non avete del tutto perso la fiducia.
Si, abbiamo fatto una importante acquisizione di due aziende spagnole, collegate, una di distribuzione e l’altra industriale: due aziende solide e sane, con 65 milioni di fatturato e 120 dipendenti, che adesso cercheremo di far crescere ulteriormente. È una operazione a cui abbiamo lavorato un anno e mezzo, e oggi ci rende sereni il fatto che l’abbiamo realizzata in autofinanziamento: non avere la preoccupazione dei debiti con le banche, in momenti di incertezza come quelli che stiamo vivendo, è fondamentale e rassicura sulla possibilità di far fronte a eventuali situazioni negative.
Nel complesso, lei da imprenditore come vede il 2025?
Per noi, per le nostre aziende, al netto dei rischi di cui le parlavo, penso che sarà un anno impegnativo, nel quale dovremo lottare per consolidare le nostre posizioni, ma teniamo botta, diciamo. Puntiamo a crescere, come dimostra l’operazione spagnola e quella in Usa. Nel complesso, invece, vedo una congiuntura economica tra le più difficili degli ultimi anni, con moltissimi comparti in sofferenza. Si parla solo dell’auto, ma per esempio l’edilizia, dopo essere stata drogata coi bonus, e non solo in Italia, ma anche in Germania e Francia, sta entrando in sofferenza e con lei, di conseguenza, la piccola impiantistica, che avrà una contrazione del 50%. E poi le due guerre, in Ucraina e Medio Oriente, creano ansia diffusa, nei cittadini come nelle imprese, causando calo dei consumi e degli investimenti. Dei dazi e del green deal le ho già detto. Insomma, direi che tutto rema contro, e al momento vedo un futuro certamente non sfolgorante.
Nunzia Penelope