Un accordo che lascia un segno profondo e rinnova le relazioni industriali. A giudizio di Piero Albini, direttore centrale di Confindustria per i problemi sindacali, l’anima di questa intesa è l’accettazione del principio della maggioranza. Da oggi quello che decideranno i sindacati che rappresentano la maggioranza dei lavoratori varrà anche per la minoranza. Le relazioni industriali saranno meno ideologiche, cresceranno le certezze per le aziende. Non sarà più possibile scegliersi l’interlocutore che si vuole, tutto sarà regolato da norme precise. Un importante passo avanti per la democrazia.
Albini, è un accordo epocale delle relazioni industriali quello che avete firmato venerdì?
Saranno i fatti, come sempre, a dire se si tratta di un accordo che apre una nuova epoca delle relazioni industriali. Certamente il protocollo contiene elementi utili perché ciò accada. Ci sono, però, ancora molti passi da fare, perché la disciplina della rappresentatività è strettamente collegata ai frutti che la contrattazione collettiva produce. In particolare, le regole che abbiamo condiviso attengono all’esigibilità del contratto nazionale, uno strumento che, per alcuni aspetti, dobbiamo ripensare, proprio in ragione di questa intesa e dei grandi cambiamenti che stanno intervenendo .
Un lavoro ancora in itinere?
Abbiamo almeno tre questioni da affrontare nel prossimo futuro. La prima è quella dell’allargamento della platea dei firmatari. L’accordo è fatto per essere condiviso dal maggior numero di organizzazioni sindacali.
Avete già impegni presi?
Abbiamo visto l’Ugl ma, come dicevo, l’obiettivo è quello di allargarne quanto possibile la portata. Non è un accordo che si chiude nel rapporto tra Confindustria e Cgil, Cisl e Uil. Al contrario, è un accordo aperto alla condivisione.
Un allargamento anche alle altre organizzazioni imprenditoriali?
Le altre associazioni datoriali valuteranno i contenuti dell’accordo in ragione delle proprie specificità. Comunque, è una decisione che non compete a Confindustria, ciascuno procede per la sua strada.
Ma vi augurate che ciò avvenga?
Certo, l’allargamento ad altri settori è un fatto positivo.
Le altre questioni aperte?
Dobbiamo scrivere le regole nei dettagli. Ne abbiamo discusso a lungo, il lavoro è a buon punto, ma restano dei punti di criticità che devono ancora essere superati.
Cose importanti?
No, ma sono aspetti che vanno chiariti per ragioni di opportunità. E poi c’è la terza questione, quella della verifica circa l’applicazione dell’accordo Interconfederale del 2009. Era prevista dopo quattro anni e adesso va fatta, anche perché nel frattempo la posizione di Confindustria si è evoluta. Già nell’accordo sulla produttività del novembre scorso abbiamo espresso la volontà di andare oltre quell’accordo, sempre restando fermi i due livelli di contrattazione.
Cosa cambierà nelle relazioni industriali?
Potrebbero cambiare molte cose. Penso, innanzitutto, all’effetto che la misurazione della rappresentanza potrà avere sulla stessa legittimazione sindacale. La necessità di misurarsi, avvicinerà i sindacati ai lavoratori e ciò renderà il confronto che nasce dalle relazioni industriali più costruttivo, meno ideologico. Ma soprattutto, penso che ne beneficerà il funzionamento stesso delle relazioni che, spero, trarranno giovamento dalla concreta applicazione del principio di maggioranza: ci si misura, si decide a maggioranza e ciò che decide la maggioranza deve essere rispettato anche dalla minoranza.
Ma non era così finora?
Sembra incredibile ma non è così. Nessun sindacato si è mai impegnato a rispettare le decisioni della maggioranza, cedendole, almeno in parte, la propria autonomia e la propria libertà . Oggi o raggiungi il consenso unanime o devi gestire il dissenso. Non hai certezza che l’accordo fatto con alcuni sia rispettato da tutti e, talvolta, devi contrastare scioperi o azioni di lotta anche di piccole minoranze.
Tutto questo dovrebbe finire?
Le regole sono precise. I contratti nazionali che saranno firmati da adesso in poi fisseranno delle procedure per la negoziazione, per evitare e prevenire i conflitti, ma anche sanzioni per comportamenti difformi.
Quali saranno i vantaggi per le imprese?
Con l’applicazione di queste regole, i contratti nazionali saranno esigibili nei confronti di tutti i sindacati che avranno condiviso questi principi. Completiamo il disegno dell’accordo interconfederale del 28 giugno 2011, dove abbiamo stabilito le regole per l’efficacia e l’esigibilità della contrattazione aziendale. Adesso abbiamo fissato le condizioni per avere gli stessi effetti nei contratti nazionali. Questo è il punto fondamentale: avremo contratti validi ed esigibili e ciò darà un quadro di maggiori certezze alle imprese.
Le sanzioni saranno sufficienti a evitare comportamenti difformi?
Speriamo che il rispetto delle regole nasca dal rispetto degli impegni assunti, piuttosto che dal timore delle sanzioni. Ad ogni modo, le fisseranno i contratti nazionali. E’ evidente, però, che dovendosi riferire a organizzazioni sindacali le possibilità di intervento ruoteranno attorno alla limitazione dell’agibilità e dei diritti sindacali. Ciò detto, penso che sia più utile prevenire che reprimere. In questo senso considero importante l’impegno assunto nell’accordo con i sindacati di definire regole per prevenire i conflitti sulla scorta di quanto già oggi avviene nella legge per i servizi pubblici essenziali e in alcuni contratti collettivi.
Un accordo che potrebbe essere un sostegno alla coesione sociale, così debole in questi anni difficili?
Sì. La coesione sociale migliora mettendo l’interesse generale davanti al particolare. Le regole che abbiamo fissato, affermando il principio del rispetto della volontà della maggioranza, vanno in questa direzione. Non c’è solo il mio interesse a vedere riconosciuti i miei diritti ma anche il dovere di rispettare quelli degli altri .Spero che ci abitueremo a considerare normale questo assunto.
Questo accordo ha spezzato le unghie della Fiom?
Non mi preoccupo della “manicure” della Fiom. Sono contento che la Fiom abbia apprezzato l’accordo e mi aspetto che ne condivida fino in fondo lo spirito. Vedremo i fatti. Mi sembra importante, comunque, che anche la Fiom abbia compreso la necessità di rinunciare a un po’ della propria “sovranità” ed autonomia per dare forza alla volontà della maggioranza.
Un’intesa che potrebbe far tornare la Fiat in Confindustria?
Le scelte della Fiat, mi pare, seguano strade diverse anche se l’obiettivo, verso il quale entrambi stiamo muovendo, è il medesimo: avere contratti validi, efficaci ed esigibili. Vedremo …
E’ importante che le confederazioni abbiamo rinunciato al terzo garantito nelle Rsu?
Superando la “quota riservata alle organizzazioni firmatarie di contratti nazionali” e introducendo la pura proporzionalità, le confederazioni rinunciano ad una posizione di vantaggio che esisteva dal 1993. Nel contempo, cambiando la regola, si allenta il legame che minava a garantire a Confindustria una piena coerenza fra contratti nazionali e aziendali, ma si determinano condizioni per una contrattazione più responsabile. Insomma è un altro passo avanti verso una democrazia sindacale matura.
Massimo Mascini